Filippo Ceccarelli, la Repubblica 26/5/2014, 26 maggio 2014
ISTRIONISMO, SELFIE E “SPUTI DIGITALI” DAL CUPIO DISSOLVI ALLA SORPRESA ITALIANA
Ma poi? Ma poi, tra buffonate e malinconia, fanatismi e idiozie, nasi turati e cupio dissolvi, chiunque abbia vinto - e stavolta in Italia non sarà un problema capirlo - dovrà in ogni caso tener conto di aver vinto in un paese che sembrava davvero «corso, guasto, arso e depredato», per dirla con Machiavelli, principe dei gufi di tutti i tempi, ma anche fondatore della moderna politica.
Una paese visto in Europa come un laboratorio avanzato di esperimenti sociali per lo più perniciosi, l’altroieri il fascismo e ieri il berlusconismo, magari domani un grillismo d’esportazione; e comunque un paese paralizzato nelle sue più che durevoli magagne, dal che, secondo Ceronetti, «l’irriformabilità italiana ormai calco statuario».
Ecco, da oggi tutto è destinato a cambiare. Eppure, anche al netto dei risultati, gli ultimi due mesi rischiano di riviversi lo stesso come un sogno conturbante, troppe visioni per non riconoscerne la natura incubatica, sputi digitali, banane anti-razziste addentate davanti alle telecamere, e scherzi radiofonici, il finto Vendola, il finto Papa, i professoroni, la Pascale che si tocca la pancia nel negozio per bambini, il cappelletto e l’impermeabile nero di Casaleggio, i selfie di Vespa, i comizi con i cani di Berlusconi, la cantina extralusso di Daccò, la tribuna d’onore sgomenta dinanzi alle gesta di «Genny ‘a carogna», la tintura per capelli acquistata a spese del contribuente dal consigliere regionale calvo...
«La peggiore campagna elettorale della storia della Repubblica» l’ha definita Occhetto, redivivo. Impossibile fare graduatorie. Ma certo ai mali consueti il turbo-tripolarismo pareva essersi aggiunto il sentimento di malanni supplementari, per esempio quella comune, brutale e adesso anche ripartita semplificazione del discorso pubblico, «noi» e «loro», «buoni» e «cattivi», pillole, caramelle, tormentoni e paure da fissare nell’inconscio collettivo; tutti e tre i leader che parlavano alla «pancia» dell’elettorato; tutti e tre che garantivano la rivoluzione; tutti e tre che denunciano misteriose forze nell’ombra, i poteri forti, i banchieri malvagi, i mandarini sabotatori, quattro colpi di Stato...
La vittoria, certo, rende innocenti; e la sconfitta equivale a una colpa. La «svolta buona» di Renzi è passata; la «rabbia buona» di Grillo è invece apparsa cattiva. Berlusconi resta immobile, in camice bianco, come nell’istantanea presa con il teleobiettivo dietro le mura della «Sacra Famiglia» di Cesano Boscone. Si raffreddano le profezie di Lele Mora: «I vecchietti li farà divertire cantando, portando musicisti. E per renderli felici farà i trenini alla carnevalesca» - là dove la tentazione era di trovar riparo dietro l’astruso pensiero di Baudrillard: «Il carnevale dell’immagine è anche l’auto-cannibalizzazione tramite l’immagine».
Un terzetto di tribuni ad alto impatto comunicativo, quale è emerso dall’interminabile clip
preelettorale. Chi si è fatto prendere in braccio sui palchi forzando l’ecclesiologia berlingueriana; chi pateticamente ha recitato la parodia del «5 maggio»; chi si è messo pantaloncini corti e una maglietta giallo canarino per meglio esibirsi in palestra mentre si esercitava con gli estensori: «Move on to make the world better». Come se l’istrionismo nazionale si fosse ormai definitivamente intrecciato con le virtù del comando.
Due mesi di illusioni ottiche, miraggi, fantasmi. Franco Cordero: «La storia d’Italia è in larga misura teatro, dove l’immaginario eclissa i fatti. L’atto politico par exellence consiste nell’iniettare immagini nei cervelli». E allora per forza tornava il ricordo dell’Economist dopo le ultime politiche, Grillo e Berlusconi e la strillo di copertina: «Send in the clowns», dentro i pagliacci. Presagio fra i presagi, a Modena, durante uno spettacolo elettorale con i circensi l’ex ministro Giovanardi, in fase di sempre più accentuata folklorizzazione, si è lasciato abbracciare da un clown ed è rovinato in terra.
Si capirà meglio ciò che è accaduto. Cadrà nell’irrilevanza ciò che tanto ha impressionato. Il leghista Buonanno che sventola una spigola in aula e si soffia il naso con la bandiera europea; Alfano che stringe i pugni sui poster e Luxuria che lo trova molto simile al pupazzo di «Profondo rosso»; Fassino che fa il dito medio agli ultrà; Casaleggio che mette in vendita un e-book che raccoglie gli insulti rivoltigli, non a caso s’intitola «Insultatemi» e un grazioso cartone animato lo pubblicizza con tanto di musichette e rumori, tòctòc, bòingbòing.
Si perdoni l’altezza del richiamo leopardiano: «Gli italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa niun’altra nazione». Fatto sta che Renzi ha trovato 20 euro per strada; Berlusconi si è fatto murare ad Arcore una riproduzione della Bocca della Verità; il manager dell’Expo, Rognoni, che confidava: «Questi fanno la patrimoniale entro Natale».
Si vince, si perde, ma la commedia è sempre in agguato. così Scajola inseguiva Chiara; la Boschi su Vanity fair «come una dama del Pollaiolo»; la Daddario si prende a capelli con Barbara Montereale; il candidato governatore del Pd in Abruzzo evoca gli Ufo; il deputato grillino Fraccaro, sfiorato da Civati durante un talk-show, si spolvera la manica; e Primo Greganti si giustifica: «Volevo solo creare posti di lavoro per i giovani».
A venti giorni dal voto un signore ha depositato il marchio Dudù, valido per alimenti dietetici, pappe per neonati, erbicidi, occhi e denti artificiali. L’Europa ci guarda. Il vincitore dovrà comunque vedersela con un paese molto più enigmatico e sfuggente di quanto i risultati lo rappresentano. Ma intanto qualcosa è successo, e per una volta si può perfino accogliere con ottimismo il nero giudizio di Cioran: «Come ogni altra cosa umana la politica non si compie che sulle proprie rovine».
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 26/5/2014