David Carretta, Il Messaggero 26/5/2014, 26 maggio 2014
IL PPE SUPERA IL PSE E LANCIA L’IPOTECA PER IL DOPO-BARROSO
IL TERREMOTO
BRUXELLES L’estrema destra del Front National primo partito di Francia, gli eurofobi dell’UK Independence Party in testa nel Regno Unito, l’estrema sinistra di Syriza vincitore in Grecia e il Movimento 5 Stelle che battaglia con il Partito Democratico in Italia: anche se inferiore alle aspettative, l’avanzata degli anti-europei nelle elezioni per l’Europarlamento è destinata a produrre un terremoto politico per l’Unione Europea. I risultati ieri sera erano ancora troppo incerti per decretare un chiaro vincitore tra i due principali candidati alla presidenza della Commissione. Il Partito Popolare Europeo, con il lussemburghese Jean Claude Juncker come capofila, avrebbe una ventina di seggi di vantaggio sui Socialisti & Democratici, guidati dal tedesco Martin Schulz.
L’unica cosa certa, al momento della chiusura delle urne, è che l’Europa continuerà ad essere governata da una grande coalizione tra popolari, socialisti e liberali, che avranno una confortevole maggioranza nella prossima legislatura. Oltre alla progressione degli euroscettici, il dato comune ai 28 è un aumento della frammentazione politica. Ma il successo del Front National e delle altre formazioni anti-UE cambia radicalmente il panorama politico comunitario.
In Francia, Marine Le Pen ha vinto la sua scommessa con circa il 25% per il suo Front National, staccando il centrodestra dell’Ump e i socialisti del presidente François Hollande. Il leader dell’UKip, Nigel Farage, è riuscito a superare Laburisti e Conservatori. In Danimarca, gli euroscettici del Partito del Popolo Danese hanno ottenuto il 23%, battendo socialisti al governo e conservatori all’opposizione. In Grecia è l’estrema sinistra di Syriza, guidata da Alexis Tsipras, a conquistare il primo posto, davanti ai conservatori del premier Antonis Samaras e all’estrema destra di Alba Dorata. Per la prima volta nella storia, la Germania invierà a Strasburgo deputati apertamente contrari alla costruzione europea: gli eletti di Alternativa per la Germania – il partito no-euro nato sull’onda del salvataggio della Grecia – e un neonazista. Le forze anti-Ue hanno ottenuto buoni risultati in Austria e Finlandia, anche se al di sotto delle aspettative iniziali. In Ungheria, gli antisemiti del Jobbik hanno conquistato il secondo posto dietro al Fidesz del premier nazionalista Viktor Orban. Ma in Belgio l’estrema destra fiamminga del Vlaams Belang è praticamente scomparsa. In Olanda gli eurofobi del Partito della Libertà di Geert Wilders hanno perso terreno. In Svezia gli estremisti dei Democratici svedesi non dovrebbero avere eletti.
ISTITUZIONI SOTTO STRESS
Gli euroscettici non riusciranno a travolgere l’UE. Secondo le proiezioni dell’Europarlamento, il PPE si confermerebbe primo partito con 212 seggi, contro i 185 dei Socialisti e i 71 dei Liberali. Le forze populiste o anti-europee di estrema-destra dovrebbero ottenere al massimo 120 seggi. L’estrema sinistra ne conquisterebbe una cinquantina. Le Pen faticherà a trovare gli eletti da 7 Stati membri necessari a creare un gruppo politico nell’aula di Strasburgo. La leader del Front National ha escluso un’alleanza con i più estremisti come il Jobbik ungherese e Alba Dorata in Grecia. Se l’accordo tra il Front National, la Lega Nord, il Partito della Libertà olandese e la FPO austriaca è confermata, la mancanza di eletti in Bulgaria, Svezia e Slovacchia impedirebbe a Le Pen di avere una formazione autonoma. Anche il gruppo all’Europarlamento guidato dall’UKip è a rischio: Alternativa per la Germania, il Partito del Popolo Danese e i Veri Finlandesi sarebbero pronti ad allearsi con i Conservatori britannici di David Cameron. Con oltre 450 seggi, la grande coalizione tra popolari,socialisti e liberali ha una maggioranza solida, che permetterà all’Europarlamento di continuare a lavorare serenamente.
CORSA INCERTA
In questo quadro, però, la corsa per il prossimo presidente della Commissione rimane incerta. Parlando ad urne ancora aperte, Juncker ha sottolineato il vantaggio sul socialista Schulz permette al PPE di «rivendicare la presidenza della Commissione». Domani inizieranno le trattative tra Europarlamento e Consiglio Europeo per designare il successore di José Manuel Barroso. I capi di Stato e di governo ne discuteranno durante una cena informale, ma il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, ha avvertito che «è troppo presto per fare nomi». L’ungherese Orban ha già annunciato che, malgrado appartenga alla famiglia popolare, non sosterrà Juncker. Nemmeno la cancelliera tedesca, Angela Merkel, è entusiasta. Dentro l’Europarlamento la partita non è chiusa: Schulz è «pronto al negoziato» con il PPE, ma ha annunciato che anche lui intende «prendere l’iniziativa per formare una maggioranza». La necessità di dare una risposta politica ai francesi che hanno votato Le Pen potrebbe spingere i leader a scegliere un outsider dalla Francia, come la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde o l’ex direttore dell’Organizzazione Mondiale del Commercio Pascal Lamy. Ma c’è il pericolo di uno scontro inter-istituzionale, che provocherebbe una lunga paralisi nelle istituzioni comunitarie.
Eppure Europarlamento e Commissione devono affrontare rapidamente una serie di emergenze, a partire dalla situazione economica. Gli ultimi dati di Eurostat non sono confortanti. Nel primo trimestre dell’anno la zona euro è cresciuta meno del previsto. Solo la Germania tira. La crescita in Francia è ferma a «zero». L’Italia ha subito una contrazione dello 0,2%. La disoccupazione rimane a livelli record ovunque. L’instabilità prodotta dalla Primavera Araba nel Nord Africa e la crisi con la Russia sull’Ucraina rappresentano una tripla sfida per le nuove istituzioni: immigrazione, energia e rapporti con il vicinato sono in cima all’agenda.
Il successo degli euroscettici potrebbe invece spingere alcuni leader a chiedere di rimpatriare alcuni poteri da Bruxelles verso le capitali nazionali. Cameron lo ha già fatto, quando ha promesso un referendum “dentro o fuori” l’UE per il Regno Unito. I governi di Germania, Finlandia e Olanda sono favorevoli. In giugno, la tedesca Merkel, lo svedese Fredrik Reinfeldt, il finlandese Jyrki Katainen, l’olandese Mark Rutte si incontreranno per un Vertice in Svezia dedicato alle iniziative comuni per togliere competenze all’Europa.