Valerio Cappelli, Corriere della Sera 26/5/2014, 26 maggio 2014
«IO E QUEL FILM DI ALICE CHE HO GIRATO IN UNA FASE DIFFICILE DELLA MIA VITA»
DAL NOSTRO INVIATO CANNES — «Ero lì sul palco a premiare il migliore attore, poi è arrivato il nome di Alice, ed è stato un momento magico», racconta Monica Bellucci il giorno dopo il verdetto del Festival. Lei è la fatina bianca che promette soldi nello scalcinato concorso televisivo in Le meraviglie . E ha portato bene alla regista Alice Rohrwacher, che ha vinto in maniera inattesa il Grand Prix. «A mano a mano vedevo che i premi salivano di importanza, sempre più su, sempre più su. È stata una Palma così bella e fresca, Alice e Alba hanno portato un raggio di sole sulla Croisette».
Com’è stato, per lei, girare il secondo film diretta da una giovane regista di talento lontana anni luce dai blockbuster?
«I film non arrivano mai per caso, io ero in un momento particolare della mia vita. È stata un’esperienza umana, prima ancora che cinematografica. Se non vivessi pienamente non potrei fare questo mestiere, è la donna che fa l’attrice e non viceversa. Il mio è un ruolo piccolo ma non conto mai i minuti di un’apparizione, si possono regalare emozioni con poche scene».
La fata che interpreta a un certo punto si toglie la maschera...
«Perché è stanca di essere un sogno: vuole tornare a essere una donna vera. Questo personaggio è stato un magnifico regalo per me».
A che punto è con il film di Emir Kusturica?
Tra poco riprendiamo a girare. Si intitola Lungo la via Lattea, è una storia d’amore al tempo della guerra in Bosnia, è diviso in tre capitoli ed Emir è anche protagonista: interpreta un uomo che ha perso tutto nella vita e non ha più voglia di nulla, un lupo solitario. Io sono una donna serba che arriva nel villaggio dove vive lui... Non è vero, come hanno detto, che indosso sempre l’abito da sposa: sono vestita, seminuda... Abbiamo già girato tre mesi, ora altri tre. Deve essere duro convivere con Kusturica, ma è così creativo, è un poeta, ha i suoi tempi, il copione è solo una traccia a cui si ispira».
Lei a Cannes aveva un’espressione attonita quando ha premiato, come attore nei panni del pittore Turner, Timothy Spall, che ha letto un fluviale ringraziamento scritto sul cellulare.
«Ha detto che è 35 anni che fa questo mestiere ed è la prima volta che viene ricompensato. Dopo gli ho detto che è meglio così, se da giovane hai troppi riconoscimenti, non te li godi. Mi ero preparata un breve discorso sulla difficoltà del nostro mestiere, volevo fare qualcosa di caldo. Ho citato Richard Burton: “Un attore è un po’ meno di un uomo e un’attrice è un po’ più di una donna”. Noi continuiamo ad amare gli attori per le loro fragilità e il loro coraggio. È un mestiere difficile, il nostro. Ma non esageriamo, ti portano il caffè, hai l’auto che ti aspetta».
Juliette Binoche dice che più si invecchia e più bisogna osare. Cosa ne pensa?
«Mi sento molto meglio oggi che a 30 anni. La mia sfida è quella di mantenere l’innocenza malgrado l’esperienza».
In un altro film di Cannes, «Maps to the Star» di Cronenberg, Julianne Moore fa un’attrice che teme le colleghe più giovani.
«Penso che ognuno porti qualcosa di diverso, la vera forza sta nella differenza. Io non voglio essere una donna di 30 o 20 anni, ho rispetto per me e per la femminilità. Giorni fa a Parigi sono andata a vedere a teatro Anouk Aimée: a 82 anni ha una forza incredibile».
Jane Campion, che era presidente della giuria, ha detto che dovrebbe esserci un risarcimento per le donne al cinema.
«Io la penso come Alice Rorhwacher, un film non ha sesso. E non credo che l’abbiano premiata in quanto donna. Ci sono ancora tante conquiste da fare, basti pensare alle duecento ragazze rapite in Nigeria, o all’attrice iraniana Leila Hatami che ha baciato sulla guancia il presidente del festival Gilles Jacob e ha dovuto scusarsi col suo Paese. Se togliamo lo spicchio dell’Occidente, e non tutto, ci sono enormi differenze tra uomini e donne, il potere va riequilibrato. Un produttore un giorno mi disse: “Ci sono donne che non devono fare figli e tu sei una di quelle”. In nome di che cosa? Me lo disse come un consiglio, mica l’ha detto per cattiveria. Ma è una mentalità che va combattuta. Non si perde niente quando si aspetta un figlio: c’è solo da guadagnare».
A settembre lei compie 50 anni.
«Ho due figlie meravigliose, la possibilità di gioire del mio lavoro. Quando avevo 20 anni, una di 40 mi sembrava decrepita. Sono una donna fortunata. Sarà l’unico compleanno che celebrerò».