Sergio Romano, Corriere della Sera 26/5/2014, 26 maggio 2014
IL GENERALE JARUZELSKI DITTATORE COMUNISTA O PATRIOTA POLACCO?
Il tempo ha lenito molte ferite e il «caso Jaruzelski» suscita meno controversie oggi di quante ne suscitasse sino alla fine del secolo scorso. Ma negli articoli che la stampa polacca dedicherà alla sua vita nei prossimi giorni, ritroveremo l’eco degli eventi e delle passioni che agitarono la Polonia all’inizio degli anni Ottanta quando il generale Wojciech Jaruzelski, allora segretario generale del partito operaio polacco (comunista), proclamò la legge marziale. Fu la longa manus dell’Unione Sovietica, il servitore di una politica decisa dal Politbjuro dell’Unione Sovietica? O fu il patriota che salvò il suo Paese da una sorte simile a quella dell’Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968?
Nacque nel 1923 vicino Lublino in una famiglia molto cattolica della piccola nobiltà polacca. Mentre la Germania invadeva la Polonia da occidente e l’Armata Rossa, qualche giorno dopo, faceva altrettanto da oriente, la famiglia Jaruzelski fuggì e trovò rifugio per qualche tempo in Bielorussia e in Lituana. Ma il padre venne incarcerato, inviato in un campo di concentramento e liberato soltanto quando la sua salute era ormai minata dal trattamento subito durante la prigionia. La situazione, tuttavia, cambiò quando l’Urss offrì agli esuli polacchi la possibilità di combattere contro la Germania in formazioni militari comandate dai loro ufficiali. Mentre molti seguivano il generale Anders per raggiungere gli Alleati sul fronte italiano, al giovane Wojciech toccò in sorte un reggimento destinato a seguire l’Armata Rossa nella grande campagna che si sarebbe conclusa con la conquista di Berlino. Di quel periodo della sua vita sappiamo soltanto ciò che Jaruzelski ha voluto raccontarci nelle sue memorie, pubblicate in Italia da Rizzoli. Ma sembra di capire che il mestiere delle armi gli piacesse e che il comunismo gli sembrasse la migliore delle ricette possibili per la Polonia del futuro. Opportunista o sincero, fece una brillante carriera nell’esercito e nel partito. Divenne membro del Politbjuro nel 1964, capo di stato maggiore dal 1965 al 1968, ministro della Difesa dal 1968 al 1983.
La Polonia, nel frattempo, mordeva il freno. I grandi piani lanciati sul modello sovietico avevano generato aziende improduttive, salari insufficienti, negozi vuoti e un diffuso malessere sociale. L’elezione di un papa polacco aveva creato speranze, attese e il sentimento che la protesta sarebbe stata sostenuta dalla presenza a Roma di un grande compatriota. Le prime agitazioni cominciarono nei cantieri navali di Danzica quando un elettricista, Lech Walesa, convinse i suoi compagni a scioperare e fondò un sindacato dissidente, Solidarnosc. Sorpreso da avvenimenti che non riusciva a controllare, il segretario del partito (Stanislaw Kania) credette che il governo avesse bisogno di un militare e chiamò Jaruzelski alla presidenza del Consiglio. Pochi mesi dopo il pupillo si rivoltò contro il tutore e lo sostituì alla segreteria del partito.
Fu quello il momento in cui i polacchi si accorsero di quale pasta fosse fatto quel piccolo uomo, impettito, taciturno, gli occhi nascosti da occhiali scuri, incapace di sorridere e di esprimere qualsiasi emozione. Tre mesi dopo l’avvento alla testa del partito, nel dicembre 1981, Jaruzelski proclamò la legge marziale e soffocò le proteste con mezzi bruschi e, occorre ammetterlo, efficaci. La legge marziale durò poco meno di due anni durante i quali la Polonia fu governata con piglio militaresco da un Consiglio di salvezza nazionale. Jaruzelski sostenne più tardi che il suo gesto aveva evitato l’invasione sovietica della Polonia e cercò di provare la sua buona volontà lanciando segnali verso la Chiesa cattolica. Ma altri sostengono, sulla base di ricerche negli archi sovietici, che Leonid Brezhnev, dopo avere preso in considerazione l’ipotesi dell’intervento militare, lo aveva considerato troppo rischioso.
Jaruzelski ebbe comunque il merito di comprendere che l’elezione di Michail Gorbaciov alla segreteria generale del Partito comunista sovietico avrebbe rafforzato gli oppositori del regime polacco e reso il Paese sempre meno governabile. Si deve almeno in parte a lui se la Polonia riuscì a preparare l’uscita dal comunismo prima della caduta del Muro. Forse il migliore omaggio reso a Jaruzelski fu una frase di un noto dissidente polacco, Adam Michnik durante una conversazione che ebbe con il generale quando questi si ritirò dalla vita pubblica. Gli disse che se lo avesse avuto di fronte a sé il 13 dicembre 1981 (il giorno della legge marziale), lo avrebbe ucciso. Ma aggiunse: «Reputo però molto importante – ed è in qualche modo una vittoria sua e mia – che oggi possiamo parlare fra di noi di queste cose senza odio, senza ostilità, con rispetto reciproco, restando fedeli ciascuno alla propria biografia».