Enrico Franceschini, la Repubblica 25/5/2014, 25 maggio 2014
“NOI PROPONIAMO UN PRIMO ELENCO MA SCELGONO I LETTORI”
[Intervista a Jonathan Derbyshire] –
LONDRA
Sotto la testata c’è scritto: «La rivista delle idee». Era scontato che, se un giornale andasse in cerca degli intellettuali, fosse questo. Ma Prospect, il più raffinato mensile britannico, non si limita a cercarlo: ogni anno organizza una specie di campionato per trovare il pensatore più importante del mondo. Si chiama proprio così, «the world’s top thinkers», la classifica che ha appena pubblicato, da cui risulta che nel 2014 la palma di intellettuale più influente del pianeta va all’economista indiano Amartya Sen. Papa Francesco è al quinto posto, il filosofo Jurgen Habermas al dodicesimo, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde al ventiquattresimo, il neo-marxista autore del saggio di cui tutti parlano (Capital in the X-XI century) Thomas Piketty al ventisettesimo. E nel ranking dei primi cinquanta c’è anche un italiano, anzi italiana, la fisica Fabiola Gianotti (trentatreesima). Ma come fa Prospect a stabilire chi è il “pensatore dell’anno”? Ed è utile chiederselo? Lo domando a Jonathan Derbyshire, suo direttore e responsabile del sondaggio.
Come è nata questa iniziativa?
«Ci autoproclamiamo la rivista delle idee e dunque riteniamo che sia interessante individuare chi ha le migliori, le più innovative, le più stimolanti. Dieci anni fa abbiamo cominciato a dedicare un numero ai più importanti intellettuali britannici e poi abbiamo allargato il campo al mondo».
In che modo scegliete la lista dei “top 50” e poi il vincitore?
«La lista è il risultato di una discussione che facciamo prima in redazione e poi con i nostri più illustri collaboratori, una sorta di giuria composta da accademici, scrittori, scienziati, giornalisti. Una volta indicati i 50 nomi, li facciamo circolare e invitiamo i lettori a votare per i loro tre preferiti. Abbiamo lettori non solo britannici ma di tutto il mondo, perciò il risultato riflette i pensatori che contano di più a livello internazionale».
Non c’è il rischio che qualcuno organizzi una “campagna”, invitando amici e parenti, o magari i suoi studenti, a votare per lui?
«Usiamo qualche sistema, che preferisco non rendere pubblico, per scremare i voti e valutare se sono il frutto di una campagna organizzata. Certo è impossibile non notare che quest’anno ai primi tre posti ci sono tre indiani, l’economista Sen, il governatore della banca centrale dell’India Rajan e la scrittrice Arundhaty Roy. Ma è anche vero che il peso dell’India nel mondo, in campo economico come culturale e scientifico, è oggi preponderante».
Ci sono pensatori che compaiono nella vostra classifica di un anno ma scompaiono l’anno dopo. Come è possibile? Se uno è un grande intellettuale, non può diventare ininfluente nel giro di dodici mesi.
«Certamente no. Ma noi indichiamo soltanto che ha influito di più sul pensiero mondiale in un determinato anno. Perciò il filosofo Richard Dawkins, che vinse lo scorso anno, quest’anno non è inserito nemmeno tra i primi cinquanta, e lo stesso vale per il linguista Noam Chomsky che vinse tempo fa».
Non è contraddittorio che il pontefice, leader di due miliardi di cattolici, sia soltanto quinto, sopravanzato anche dall’economista cinese Mao Yushi?
«Il papa ha certamente meritato di entrare nella graduatoria per l’impatto che la sua elezione e le sue decisioni hanno avuto sul mondo cattolico, e non solo su quello. Non siamo noi di Prospect, tuttavia, a decidere quanta gente voterà. I riconoscimenti al Santo Padre non sono certo mancati. La sua presenza ai vertici del nostro sondaggio è solo una conferma del suo peso negli affari mondiali».
La figura dell’intellettuale come grillo parlante può sembrare arcaica, perfino ridicola, nell’era della rivoluzione digitale e della robotica. Non è un personaggio in declino, rispetto ai Socrate e Platone?
«Tutti vorremmo che i pensatori odierni fossero della qualità che circolava ai tempi dell’antica Atene. Ma i profondi quesiti posti alla società contemporanea da quella che alcuni definiscono appunto l’Età delle Macchine, necessitano più che mai che qualcuno ci aiuti a riflettere. Direi che dei pensatori abbiamo ancora più bisogno oggi che ieri».
Enrico Franceschini, la Repubblica 25/5/2014