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 2014  maggio 25 Domenica calendario

UNISEX


C’era una volta il maschio e c’era una volta la femmina, distinti, anzi opposti, titolari di un elenco di caratteri contrari ed esclusivi che ne permetteva l’immediato riconoscimento. Come i buoni e i cattivi delle favole. Da qualche decennio non è più così. I caratteri dei due sessi sono sempre meno opposti e si avvicinano lentamente. O si scambiano. E se l’omosessualità è stata cancellata dall’elenco delle “malattie” dell’Organizzazione mondiale della sanità, un nuovo genere sessuale, intermedio tra il maschile e il femminile, ottiene una identità giuridica: prima la Germania, poi l’Australia e di recente l’India hanno riconosciuto, anche se in modi diversi, “l’intersessualità”, l’indicazione di un “terzo sesso” valido sia per l’anagrafe che sui documenti di identità.
Dal punto di vista biologico c’è poco da stupirsi. Le numerose forme di transizione tra i due sessi ricordano che la normalità in medicina è solo una questione di numeri. L’uomo e la donna ai due estremi del disegno pubblicato in queste pagine sono la stragrande maggioranza degli esseri umani, con quelle combinazioni di cromosomi (XY per lui e XX per lei) e di “squilibrio endocrino” (prevalenza di androgeni per lui e di estrogeni per lei). Ma qualsiasi altra combinazione, pur se poco probabile, è possibile in ossequio all’antica legge universale natura non facit saltus.
E le figure stilizzate che qui pubblichiamo sono solo alcune di quelle combinazioni. «Dal punto di vista biologico sono quelle figure intermedie gli unici veri transessuali — spiega Andrea Lenzi, ordinario di endocrinologia all’università la Sapienza —: persone in cui i meccanismi genetici ed endocrini hanno preso strade diverse sin dalla fase fetale. Ma sono casi rarissimi. Mentre omosessuali, bisex, trans e transessuali hanno quasi sempre cromosomi e ormoni in sintonia tra loro, come maschi e femmine ordinari».
Ovviamente la biologia da sola non spiega tutto. «I cambiamenti ci sono nei comportamenti — osserva Roberta Giommi, fondatrice dell’Istituto internazionale di sessuologia di Firenze — almeno a partire dal cosiddetto ‘68 che, se da una parte sostenne una parità tra i sessi rimasta irrealizzata, ruppe con la contraccezione l’identificazione tra donna e madre, spianando la strada all’affermazione sul lavoro della donna, sostenuta da un nuovo “maschio gentile” e collaborativo. Da allora, siamo arrivati a una Babele dei significati di maschile e femminile, anche nella sfera sessuale».
E proprio dal punto di vista della sessualità biologica è vero che il maschio si sta femminilizzando, nel senso che il suo squilibrio ormonale a favore degli androgeni si sta perdendo. «Da alcuni decenni registriamo nei maschi neonati e adolescenti un lento ma progressivo aumento di alcune malformazioni dei genitali, infertilità, diminuzione della peluria e un rapporto tra lunghezza del tronco e quella degli arti di tipo femminile, con una crescita dell’altezza complessiva. Sotravestiti, no tutti eventi indicativi di un’esposizione anormale degli uomini agli estrogeni» spiega Lenzi. «Il maschio subisce l’azione anti-androgena degli ormoni femminili solo nella vita intrauterina, quando gli arrivano dal sangue della madre e a cui reagisce aumentando molto la produzione di ormoni maschili. Il che gli permette di svolgere correttamente il programma genetico contenuto nei suoi XY e di nascere con genitali maschili normali. Il programma genetico poi si rimette in moto alla pubertà. Invece, come confermano le numerose ricerche pubblicate, l’essere umano è ormai immerso per tutta la vita in un “bagno” continuo di sostanze chimiche che agiscono come gli estrogeni, i cosiddetti xeno-estrogeni ». Si tratta di additivi, fitofarmaci, insetticidi, coloranti, conservanti che da alimenti, saponi o plastiche finiscono nel sangue attraverso l’intestino e la pelle, circa diecimila sostanze diverse sparse in prodotti di uso comune. «Per esempio — continua Lenzi — il 4exilresorcinolo, che permette di ottenere e conservare gamberetti color rosso vivo, è stato correlato a un’azione simil-estrogenica e alla comparsa di problemi di fertilità negli animali e si pensa che possa avere effetti simili anche nell’uomo. Anche l’insalata in busta comporta rischi: per i bisphenoli o ftalati rilasciati gradualmente dalla plastica sull’alimento e per l’insalata stessa, che, al pari di molte verdure confezionate, potrebbe essere contaminata da pesticidi organolettici. Infine, shampoo, bagnoschiuma creme idratanti e solari, deodoranti, articoli per l’igiene dei bambini e ammorbidenti, spesso anche i dentifrici, contengono parabeni, ovvero conservanti anch’essi xeno-estrogeni. Insomma, l’adozione di misure mirate per contenere il danno ambientale non sembra più rimandabile».
Soprattutto se vogliamo che il futuro unisex nasca sano, non malato.

Arnaldo D’amico, la Repubblica 25/5/2014