Andrea Greco, la Repubblica 25/5/2014, 25 maggio 2014
TAGLI ALL’ORGANIGRAMMA E STRETTA CON GAZPROM ALL’ENI PARTE L’ERA DESCALZI
Eni muove i primi due passi del suo nuovo corso, dal 9 maggio affidato all’ad Claudio Descalzi. Uno è geopolitico e commerciale, l’altro organizzativo e manageriale. Venerdì a San Pietroburgo ha raggiunto l’intesa con Gazprom per rivedere i contratti trentennali del gas russo, su cui l’azienda ha perso miliardi durante la recessione, e su cui ora otterrà uno sconto superiore al 15% e una indicizzazione meno legata ai prezzi del petrolio, con beneficio di margini lordi stimato in 560 milioni e il ritorno al pareggio nel gas. E mercoledì 28 davanti al cda saranno gettate le linee guida di una semplificazione di organigramma che contribuirà a risparmi fino a 1 miliardo in due anni (anche Eni ha ormai problemi di conto economico: nel 2013 ha guadagnato “solo” 5,2 miliardi, con tutte le sue attività in rosso, fuorché il petrolio). Ma la semplificazione che l’ad ha sul tavolo, con accorpamento delle quattro divisioni (petrolio, raffinazione, gas, midstream) nella holding, ha anche l’intento di rafforzare la cultura interna degli ingegneri e dell’Agip - da cui Descalzi proviene - a scapito delle funzioni di staff, egemoni nei nove anni di Scaroni.
IL RETROSCENA –
MILANO. Il nuovo corso all’Eni ha fretta. Se passa il vaglio del cda di mercoledì, senza resistenze o ripensamenti, avrà i crismi paradossali di una restaurazione. Quella delle insegne Agip, la gloriosa costola petrolifera del gruppo da cui l’ad Claudio Descalzi proviene, e che operando tra ricerca ed estrazione da anni salva i conti e le prospettive aziendali. Con le ovvie semplificazioni, è la cultura degli ingegneri, che alligna a San Donato, ha le mani unte e la pelle bruciata dal sole o dal freddo di tutti i luoghi dove gli idrocarburi si nascondono. Una cultura opposta e avversa a quella, da holding sensibile al potere e al Palazzo, che alberga all’Eur, l’altra sede dell’Eni.
Secondo chi gli ha parlato in questi venti giorni da ad, Descalzi - un milanese che abita a Londra e non pare intenzionato a spendere troppo tempo nella Capitale - ha in mente di snellire la macchina, ridurne gli aspetti burocratici, anche accorpando le quattro divisioni E&p (ricerca e produzione), Raffinazione e vendita, Gas&Power, Midstream (si occupa dei contratti e di armonizzare i flussi con il trading). Sono come quattro mondi sotto la holding, ognuno con proprie funzioni risorse umane, legale, pianificazione e controllo, marketing: le cosiddette funzioni di staff, curate da chi si occupa di attività accessorie al business. Proprio le funzioni di staff furono lo strumento con cui Paolo Scaroni impresse il suo stile manageriale nei nove anni all’Eni. In arrivo dall’Enel nel 2005, il dirigente vicentino di formazione Mc Kinsey e senza esperienza nel comparto da subito aveva scelto un pugno di collaboratori molto stretti, quasi tutti esterni, e ne li aveva incaricati delle funzioni di staff, a formare un’intercapedine sopra l’azienda reale. Da Enel arrivò il capo del personale e oggi direttore operativo Salvatore Sardo, da Intesa Sanpaolo il capo delle relazioni esterne Stefano Lucchini, da Enel il capo dei contratti in Russia e ora del Midstream Marco Alverà, da Enel l’assistente esecutivo ventennale di Scaroni, Raffaella Leone, dai servizi segreti il capo della sicurezza Umberto Saccone.
Il cambio di stagione dovrebbe valere per molti di loro: Lucchini è stato il primo a fare un passo indietro, e lascerà l’azienda in una decina di giorni (sembra per altro che Descalzi falcerà il budget da centinaia di milioni delle relazioni esterne). Anche Bellodi è in uscita, dopo che le sue funzioni sono state divise nel cda del 9 tra l’ad e il presidente Emma Marcegaglia. Mentre a Sardo, non lontano dall’età pensionabile, potrebbe essere offerta la guida di una controllata di gruppo. A Leone è stata affidata la Eni Foundation, che promuove azioni di solidarietà.
Descalzi, in Eni dal 1981 e per sei anni l’operativo più importante di Scaroni, conosce bene questi dirigenti: con molti di loro ha condiviso il Comitato direttivo Eni. Ma ora l’ad vuol porre l’accento sui business, la produzione che ristagna, il recupero di redditività nei settori in crisi, come quello del gas. Proprio nell’oro blu venerdì l’azienda ha segnato un punto che rincorreva da mesi. Il maggior contratto dell’Eni, quello russo da 20 miliardi di metri cubi l’anno, è stato riallineato a quello già ottenuto dalla tedesca E.on. Tre le migliorie: sconto di oltre il 15%, indicizzazione ai prezzi di mercato alla Borsa Hub (9 dollari per unità Mmbtu, contro stime di prezzo russo di 12 dollari), possibilità di ritirare prima e con penali inferiori i quantitativi di gas non ritirati perché a prezzi esosi, come previsto dai contratti take or pay. I nuovi contratti, a valere dal gennaio 2014, porteranno Eni a pagare sui 10 dollari per Mmbtu ai russi, più vicino all’obiettivo 2016 di allineare tutti i contratti del gas ai prezzi di mercato (prossimi tavoli in Algeria e in Libia). Il mercato del gas è in fase tumultuosa, per la crisi russo-ucraina e a pochi giorni dal preliminare Mosca e Pechino per nuove forniture da 456 miliardi di dollari, a prezzi che per l’ad di Gazprom Alexei Miller condizioneranno i futuri contratti occidentali; e fatti due conti il prezzo Eni rivisto somiglia a quello chiesto dai russi ai cinesi (che però hanno richieste più basse del 25%).
Risolta una grana geopolitica verrà la prossima. L’ha presentata Vladimir Putin al Forum pietroburghese: «Se Bruxelles continua a ostacolarci sul corridoio Sud potremmo cercare alternative con paesi non Ue, ma ciò per l’Europa significherà avere un altro paese di transito: difficile lavorare in questo clima». Parlava del gasdotto South Stream, di cui Eni ha il 20% del consorzio e Gazprom il 50%.
Andrea Greco, la Repubblica 25/5/2014