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 2014  maggio 25 Domenica calendario

CRESCITA, ECCO IL PIANO DRAGHI


FRANCOFORTE
La banca centrale europea guidata da Mario Draghi è pronta ad addentrarsi in un terreno sconosciuto per rilanciare l’economia. Il 5 giugno il giugno il board dell’Eurotower con ogni probabilità varerà una serie di misure.
Misure anche non convenzionali, per contrastare la bassa inflazione con l’effetto collaterale, voluto dai banchieri centrali, di svalutare la moneta unica, far ripartire il credito e dare una scossa alla crescita. I dettagli del piano preparato a Francoforte ormai sono pronti, ma restano ancora diverse incognite che potrebbero consigliare più cautela, come i nuovi dati sull’inflazione attesi per i primi di giugno e il successivo dibattito che si svilupperà in seno al Consiglio dei governatori presieduto da Draghi. Sul tavolo, studiate nel dettaglio dagli alti funzionari della Bce, ci saranno tre misure: l’abbassamento dei tassi che andranno anche in territorio negativo, una nuova iniezione di liquidità per le banche - ma questa volta condizionata al fatto che gli istituti usino i soldi per riaprire i rubinetti del credito a imprese e famiglie - e l’acquisto di una serie di prodotti bancari (Abs) per ridare fiato al settore sempre con l’intenzione di far ripartire i prestiti ai privati. Un set di misure che potrebbe essere impiegato integralmente o, a seconda della discussione, solo in parte. Ad ogni modo la Bce agirà sull’inflazione, rispettando il proprio mandato secondo il quale la deve tenere poco sotto al 2% e spingendo l’attività economica, in particolare nel Sud Europa.
A preoccupare la Banca centrale è la bassa inflazione che fa calare la domanda, danneggiando l’economia e facendo scendere ulteriormente i prezzi, con un rischio avvitamento. C’è anche il problema legato ai paesi con un debito eccessivo come Italia (pubblico) e Spagna (privato), che con l’inflazione bassa e i redditi fermi fanno fatica a rientrare con i creditori. Anche la Germania mostra qualche debolezza e l’inflazione potrebbe scendere anche a Berlino, che oltretutto con il perdurare della crisi vede assottigliare le esportazioni verso la periferia della zona euro. C’è infine il timore, per gli analisti della Bce al momento poco concreto, di vedere precipitare l’eurozona nella deflazione, uno scenario molto pericoloso. Ecco perché il problema per Francoforte ora va affrontato: l’inflazione di Eurolandia anche ad aprile era inchiodata allo 0,7% e resta sotto i livelli di guardia da ottobre 2013, contro le aspettative.
Ecco allora la prima mossa, la più probabile, che sarà decisa tra 10 giorni, il taglio dei tassi: il tasso di riferimento della Bce - salvo sorprese - dovrebbe scendere dall’attuale minimo storico dello 0,25% allo 0,15 o, più probabilmente, allo 0,10%. Portando con sé gli altri due indici, il tasso per i depositi bancari giornalieri presso la Bce dallo 0 attuale in territorio negativo (-0,10/-0,15%) e il tasso marginale dallo 0,75 allo 0,65%. Da questa sterzata i governatori si aspettano una discesa dei tassi anche sul mercato privato, ma soprattutto puntano a costringere le banche a non parcheggiare più la propria liquidità (con i tassi in negativo ci perderebbero) riprendendo a prestare ai privati a beneficio dell’inflazione e della crescita. Tra l’altro a Francoforte si punta a sbloccare il centinaio di miliardi del programma Ltro messo in campo dalla Bce nel 2011 (una iniezione di liquidità da quasi 1000 miliardi) ancora congelato all’interno del sistema bancario.
Ma ai piani alti della Bce sono pronte anche misure non convenzionali, inedite per Eurolandia, che saranno discusse il 5 giugno. Il maxiprogramma Ltro del 2011 ha dato meno frutti del previsto perché le banche hanno usato buona parte dei 1000 miliardi per ripianare i propri bilanci e per comprare titoli di Stato redditizi, senza rimettere in circolo la liquidità. Un comportamento che ha portato al congelamento del credito specialmente in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, dove non si contano i fallimenti di aziende che non riescono a finanziarsi. Per questo la Bce pensa a una nuova iniezione di liquidità - che potrebbe partire già il 5 giugno - sul modello del Funding for lending lanciato con successo nel 2012 dalla Banca d’Inghilterra. Se la Bce decidesse di procedere su questa strada e usasse integralmente il sistema inglese - ma l’Eurotower potrebbe agire con più cautela visto che la situazione attuale è migliore rispetto a 2 anni fa - gli istituti potrebbero prendere in prestito per 4 anni da Francoforte un ammontare di soldi fino al 5% del proprio portafoglio crediti (per l’eurozona sarebbero circa 500 miliardi) da rimborsare a tassi molto bassi se dimostrano di usare il denaro per finanziare famiglie e imprese. Altrimenti devono ripagare il prestito a tassi più alti. Inoltre chi fa ripartire il credito, in corso d’opera può aprire nuovi prestiti presso la Banca centrale, aumentando la propria liquidità. Insomma, un Ltro rivisto che anche in questo caso punta a far alzare l’inflazione, deprezzare l’euro con vantaggio per export, credito ed economia. A corredo l’ultima misura preparata dai tecnici di Francoforte che sarà sul tavolo del Consiglio dei governatori: la rivitalizzazione del mercato degli Assetbacked security, le cartolarizzazioni delle banche distrutte dalla crisi: la Bce potrebbe comprare tutti i prodotti affidabili sul mercato in modo da spingere gli istituti a fare nuovi prestiti ai privati da impacchettare in nuovi Abs da mettere su un mercato a quel punto ripartito.
C’è infine l’ultima arma, il vero e proprio e bazooka che per ora la Bce lascerà nell’armadio: il Quantitative easing . Se la Fed lo ha già lanciato, per ora per la Bce è stato un tabù. Non è più così: in caso le eventuali misure non convenzionali di giugno non andassero a bersaglio e l’economia europea scivolasse verso la deflazione e un triple deep, un terzo picco della crisi, questa volta la Bce non esiterebbe a comprare a man bassa titoli di Stato e di aziende private per far uscire una volta per tutte l’eurozona dalle sabbie mobili. Anche se al momento questo è uno scenario del tutto futuribile.

Alberto D’Argenio, la Repubblica 25/5/2014