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 2014  maggio 25 Domenica calendario

“I MIEI GIARDINI GIOCANO CON LA LUCE”

[Intervista a Luciano Giubbilei] –

Se si vuole sapere chi sono veramente gli inglesi bisogna andare in questi giorni al Chelsea Flowers Show. Ero sorpreso di vedere una coda così lunga e così tanta gente, quasi si trattasse della finale di una coppa del mondo di calcio, un mercoledì pomeriggio alle quattro. Gli inglesi, evidentemente, amano ancora i giardini, gli alberi, le piante e quest’anno l’ambitissimo premio - la medaglia d’oro «The Best In Show 2014» - è stato vinto dal giardino Laurent Perrier, realizzato da un architetto di giardini di Siena, Luciano Giubbilei.
Incontro Giubbilei nel suo giardino recintato da un leggero filo di cotone verde. Tutto intorno vi sono curiosi spettatori che guardano e prendono fotografie. Ci sediamo su una delle tre grosse pietre di colore grigio chiaro, fatte venire dall’Italia, in faccia a una scultura che fa parte dell’installazione del giardino realizzata dall’artista Ursula Vom Rydingvare.
Che impressione le fa aver vinto per la terza volta (la prima fu nel 2009 e la seconda nel 2011) questo altissimo riconoscimento?
«In effetti la medaglia d’oro è il più importante riconoscimento che si può avere nel mio settore».
Lei è un disegnatore, un architetto di giardini, e viene da Siena, ma vive a Londra da più di 20: perché?
«Sono venuto qui per studiare i giardini. Se uno ci pensa, ci sono solo due luoghi per i giardini, nel mondo, con una vera cultura del giardino: l’Inghilterra e il Giappone».
E gli altri Paesi?
«Parlando la lingua dell’orticoltura, questo linguaggio, in Inghilterra, è estremamente intenso: c’è una grande ricerca e ci sono diverse possibili combinazioni di piante, oltre a moltissimi esperimenti con le piante. Penso sia una situazione unica al mondo. Forse solo negli Usa c’è qualche cosa di comparabile, ma solo in certi luoghi».
Lei è stato anche in Giappone?
«Sì. Sono stato in Giappone per una collaborazione con l’architetto Kengo Kuma. Amo soprattutto il fatto che i giapponesi hanno una tradizione e una sensibilità per i giardini straordinaria. Inoltre cercano sempre delle innovazioni».
Lei è stato influenzato dalla cultura giapponese?
«Sì. I giapponesi sanno fare delle cose che sembrano molto semplici, ma che sono in realtà estremamente complesse».
E i giardini italiani?
«Direi che noi italiani abbiamo una grande conoscenza dello spazio e una grandissima attenzione per i dettagli. Nel giardino Laurent Perrier, qui al Chelsea Flowers Show, abbiamo, secondo me, coniugato il meglio della sensibilità italiana al dettaglio con la cultura inglese per il “Perennial Planting”, vale a dire per le piante che rinascono ogni anno a maggio e sfioriscono in autunno. Questo giardino è un miscuglio, una combinazione di italiano e inglese che mi rappresenta anche come persona».
In che senso?
«Ho abitato in Inghilterra per di più di 20 anni, anche se sono completamente italiano: penso che con i miei giardini mostro la semplicità e il dettaglio tipico del giardino italiano e lo combino con ciò che ho imparato e assorbito lavorando e guardandomi intorno in Inghilterra».
Ora dove lavora?
«I miei progetti principali in questo momento sono nell’Idaho, nell’East Hampton’s e a Houston e sto preparando anche un progetto per Mexico City. Sono tutti giardini privati».
E prima dove lavorato?
«Non ho mai lavorato in Italia. Mi hanno chiamato, ma poi desideravano avere solo un’idea, un indirizzo. E molti pensano di poter fare il giardino loro stessi e, quindi, è più difficile lavorare, a differenza degli Stati Uniti, dove sono sostenitori del talento di una persona. In America sono interessati alla tua storia, in Inghilterra non sono altrettanto entusiasti o fiduciosi».
Qual è la sua specialità?
«Sono interessato moltissimo alla luce, alle forme e alla tessitura. Quando creo un giardino, voglio creare una seduzione e, secondo me, la seduzione è data dalla luce».
E per quanto riguarda le piante?
«Mi interesso di più alla forma che viene data al giardino e naturalmente cambio le piante, a seconda dei miei committenti, del luogo e del clima».
Che rapporto ha con l’acqua, per esempio, qui nel giardino Laurent Perrier?
«L’acqua, e lo si vede dal giardino, procura movimento e comunicazione: c’è nell’acqua qualcosa di speciale e, se si osserva la luce in superficie, è una luce profondamente meditativa».
Lei tornerebbe a Siena?
«Non posso dire mai, ci vado per le mie vacanze. Il paesaggio toscano, con i vigneti e gli ulivi, sono i miei ricordi più forti. A Siena c’è un labirinto di strade dove io sono cresciuto che hanno una meravigliosa luce. Se hai giocato da bambino in quelle strade, rimangono con te per sempre, dovunque tu sia o lavori nel mondo».

Alain Elkann, La Stampa 25/5/2014