Libero 25/5/2014, 25 maggio 2014
EDMUNDO CHOC «SALVAI LA VITA A RONALDO, IL BRASILE LO OBBLIGÒ A GIOCARE
Pubblichiamo ampi stralci dell’intervista concessa dall’ex nazionale brasiliano Edmundo a Playboy Brasile.
Gol, follie, l’incidente stradale (tre morti nel 1995), tante donne (due matrimoni falliti), molti figli (quattro, di cui uno omosessuale), errori a non finire e quella misteriosa vigilia della finale mondiale 1998. C’è tutta “l’animalità” di Edmundo nell’intervista a Playboy con Sergio Xavier Filho, lo stesso giornalista che lo presentò al mondo nel 1995 con il reportage «L’animale che ha bisogno di affetto». Ne pubblichiamo un estratto: L’animale ha ancora bisogno di affetto?
«Sì. In quell’epoca c’era una rivolta dentro di me, non è ancora passata. Ma ora sono più equilibrato».
Quanto sei stato povero da bambino?
«Mio padre faceva il barbiere, mia madre la lavandaia e la donna di servizio. Il pavimento della nostra prima casa era di terra battuta. Ma per fortuna non ho sofferto la fame». Nel Botafogo nacque la leggenda secondo cui giravi nudo per il ritiro.
«Eravamo in una camerata per otto persone e ci dormivamo in trenta, senza ventilatori. Dormivamo tutti nudi. Un sabato passai nudo dalla camerata al bagno... Dicono che la moglie di un dirigente mi vide passare». Eri già un bad boy?
«No. Ero disciplinato e avevo rispetto delle gerarchie». I primi soldi veri?
«Nel primo anno al Vasco non ne vidi molti, ma dopo il debutto non andò male. Il premio partita venne pagato sul pullman e io andai a dormire con i soldi nello zaino a casa di Lucia Barros, la mamma di un mio compagno. Le comprai una lavatrice». Quando ti sei reso conto di essere famoso?
«Al Palmeiras, dopo che il mio trasferimento era stato il più caro del calcio brasiliano. Vincemmo subito il titolo. E San Paolo valorizza chi ha successo». Con l’allenatore Luxemburgo però i rapporti non erano buoni.
«Lo trattavo come un padre, ma lui voleva affermarsi a tutti i costi. Pensò che litigando con me avrebbe acquisito notorietà».
Ed erano scintille anche con gli altri giocatori?
«Litigai solo con Antonio Carlos Zago». Notti brave alla vigilia delle partite?
«Alla vigilia mai. Il venerdì, spesso. A volte arrivavo alla rifinitura del sabato sconvolto». Come nacque il soprannome “O animal”?
«Il telecronista Osmar Santos definivia il migliore in campo“l’animale della partita”. Io lo ero spesso e mi rimase quell’etichetta. Adriano, una persona a cui voglio bene, è diventato “l’Imperatore”. Fa le stesse cagate che faccio io, eppure è l’ “Imperatore”». Tu eri meglio di Ronaldo nel 1997?
«Non solo nel 1997, ma per tutta la vita. Ho fatto il doppio dei suoi gol (in realtà Ronaldo 481 e Edmundo 344, ndr). Sono stato campione più volte. L’unica differenza è quello che lui ha fatto con la Nazionale. Credo che Romario, lui sì, abbia giocato meglio di me». Se Romario non si fosse infortunato nel 1998 il Brasile avrebbe vinto il Mondiale?
«Il problema fu il malore di Ronaldo. Lo vidi per primo. Era sdraiato sul letto e Roberto Carlos era sul letto a fianco con la tv accesa. Aveva la cuffia e non si era accorto di niente. Ronaldo era viola, con la bava alla bocca e il corpo che si contraeva. Uscii di corsa a cercare il medico, poi tornai e insieme a Cesar Sampaio riuscii a toglierli la lingua dalla gola per farlo respirare».
Eppure i medici decisero di far giocare Ronaldo...
«Arrivarono in ritardo, non videro com’era. Ma il malore aveva fatto saltare la concentrazione di tutti.
Entrammo in campo disperati, la Francia se ne approfittò e dopo il primo tempo era già 2-0».
Quando vi dissero che Ronaldo avrebbe giocato?
«Durante la lezione tattica, ci dissero che Ronaldo era all’ospedale. Zagallo si rivolse a me: “Questa è la tua occasione”. Al momento di fare il riscaldamento, arrivò Ronaldo, sorridente, dicendo: “Gioco. Dov’è la mia roba?”». E andò male.
«Il medico doveva dimostrare di avere polso e non permettere di utilizzare un giocatore che aveva avuto le convulsioni». Hai giocato nella Fiorentina tra il 1998 e il 1999. Quanto pensi di aver sprecato in Italia?
«Il 100%. L’Italia è un bel posto con persone meravigliose. Ho buttato via quell’esperienza. Mi pento davvero molto di aver fatto pressioni per tornare in Brasile». Cosa andò storto?
«La Fiorentina non mi sembrava un club così ambizioso. Chiesi una clausola che mi consentiva di tornare in Brasile per il Carnevale, e la accettarono. Mi concedevano tutto. All’inizio stavo in panchina, protestai con l’allenatore ma finii l’anno segnando e giocando bene. Il nuovo allenatore, Trapattoni, venne a parlare con me in Francia. “Okay, però voglio un aumento”, gli dissi. Avevo scoperto che Rui Costa e Batistuta guadagnavano molto più di me. E mi diedero l’aumento». Poicifuunaltro problema per il Carnevale del 1999...
«In quel periodo la Fiorentina era in ritardo con gli stipendi. Presi un aereo e tornai in Brasi-
le. Senza di me la Fiorentina perse contro l’Udinese. Il Milan vinse e ci superò. Mi diedero la colpa di tutto. Ah, non mi pagarono comunque. Per avere i soldi dovetti andare in tribunale».
Quali sono i tuoi sogni?
«Diventare presidente del Vasco».
Quale sarebbe il punto principale della tua campagna elettorale?
«La lotta alla droga. Ho perso un fratello per l’eroina. Sono distrutto ancora oggi». Tu riconosci di essere un donnaiolo, ma sei stato 20 anni in unioni stabili.
«Ho sempre avuto una relazione principale, ma da lì facevo le mie scappatelle. Sembra incredibile, ma nessuna delle due separazioni è nata da un tradimento. Solo per la mia assenza da casa. Ho amato troppo le mie due mogli».