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 2014  maggio 24 Sabato calendario

UNA VITA DA VEGANO: CONVERTITO DA UNA POLPETTA


Sulle virtù benefiche dell’alga konbu, voracemente consumata nella città giapponese di Okinawa nota per la longevità dei suoi abitanti, ci mette la mano sul fuoco persino il decano degli oncologi italiani, Umberto Veronesi. Veronesi è vegetariano e sostiene la sua scelta dietetica sulla base di inoppugnabili studi che provano che evitare di consumare carne, in specie la temibile carne rossa, riduce i rischi di tumori e in generale favorisce la salute e allunga la vita. Però non avendo noi quattro stomaci come i ruminanti, ed essendo provvisti di canini per sbranare e di molari per macinare, tutto porta a supporre che, per natura, atavicamente per così dire, le polpette al sugo ci piacciano molto.
In Svezia se ne è avuta conferma con un involontario esperimento: il caso di Oscar (il nome è fittizio), svedese di 75 anni affetto da Alzheimer. Oscar per gran parte della sua vita è stato un vegetariano del tipo più estremo, cioè un vegano, dunque aveva escluso dalla dieta non solo la carne rossa, ma tutti i prodotti di origine animale, alimentandosi solo di cereali, legumi, verdura e frutta. Non solo: era anche un fervente attivista del movimento vegano. Quando la malattia si aggrava, Oscar viene ricoverato in un centro d’accoglienza dove, in accordo con la sua scelta dietetica che per lui era anche una filosofia di vita, gli viene servito solo cibo vegano. Ma un giorno accade l’irreparabile: per una distrazione della sua infermiera, che nei centri d’accoglienza svedesi è quasi un angelo custode, a Oscar viene servito un tipico piatto della cucina svedese: polpettine al sugo con contorno di patate. E Oscar lo mangia.
Chissà da quanto tempo non assaggiava un piatto a base di carne. Chissà cosa avrà percepito in quel momento il suo cervello aggredito dalla malattia. Non lo sapremo mai, ovviamente. Ma sappiamo che deve aver gradito molto, perché poi, alla cena successiva, Oscar si accorge per la prima volta che il suo cibo è diverso da quello degli altri ricoverati. Protesta, non vuole mangiare, ma la sua infermiera riesce a spuntarla e a fargli mangiare il suo solito pasto vegano. Ma il giorno dopo Oscar si rifiuta categoricamente di mangiare «quella schifezza che date solo a me»: vuole le squisite polpette al sugo che, per errore, gli erano state servite al pranzo del giorno prima.
La moglie di Oscar, informata dell’accaduto, pianta una grana: che nessuno si azzardi a dare al marito cibo di origine animale, lui era un vegano, deve essere rispettata la sua scelta anche ora che l’Alzheimer gli ha tolto la lucidità. Ma come si fa? Oscar, infatti, si rifiuta ostinatamente di mangiare la razione vegana e va a rubare le deliziose polpette dai piatti altrui. La questione è finita al comitato etico del ministero svedese della salute e del welfare, che non ha potuto far altro, se non voleva che morisse di fame, che lasciare a Oscar l’Oscar di oggi, non quello della sua precedente incarnazione vegana la decisione di mangiare quello che gli pare, dunque polpette a volontà.
La questione in Svezia è diventata un tema di dibattito per i filosofi morali, ma a noi basta trarre una conclusione molto semplice: che ciò che crediamo di essere è ben diverso da ciò che siamo. La scelta vegetariana o vegana può avvenire per molte ragioni: ha antiche origini religiose, a loro volta intrecciate con motivazioni igieniche e dietetiche, oppure semplicemente dipendenti dal tipo di nutrimento disponibile su un territorio. Ma quello che il caso di
Oscar dimostra è che, quando la nostra identità, che in larga parte ci costruiamo con informazioni e scelte culturali avventizie, cioè assunte da fonti esterne, perde la sua integrità, allora riemergono le scelte istintuali, quelle che più assomigliano al comportamento degli animali, dove la bussola non è il bene e il male o il giusto e l’ingiusto, ma il piacere e il dolore e nient’altro.
Naturalmente sarebbe sbagliato concludere dal caso di Oscar, disgraziatamente colpito da una malattia grave, che il suo veganesimo fosse tutta un’impostura, una messinscena per seguire una moda o cose del genere. Nessuno può alimentarsi veganamente nel corso di tanti anni solo per moda: evidentemente la sua fede dietetica era sincera. Però l’esperimento, per quanto involontario, dimostra che la natura di Oscar è rimasta intatta nella sua posizione originaria, carnivora, e che la lunga militanza vegana non l’ha minimamente scalfita. La scelta culturale del veganesimo si è sovrapposta all’inclinazione naturale vegana, ma non ha potuto cancellarla. La lezione che si può trarre è: chi voglia seguire una dieta vegana lo faccia liberamente, ma non assilli i carnivori che la sua è l’unica scelta sana, naturale. Perché la natura ci porta a rubare le polpette dai piatti degli altri.