Sergio Romano, Corriere della Sera 25/5/2014, 25 maggio 2014
SCOZIA E UCRAINA ORIENTALE I REFERENDUM SEPARATISTI
Il referendum nella Ucraina orientale ha confermato ciò che si sapeva, con l’89% degli abitanti locali favorevoli alla indipendenza da Kiev. Il risultato viene definito democratico perché votato dagli abitanti del territorio in cui si è svolto. Consentirne lo svolgimento è un disegno — pilotato dalla Russia — per distruggere il concetto di democrazia. La votazione avrebbe dovuto coinvolgere la intera l’Ucraina. Se per ipotesi che l’Alto Adige o le province di Parma e Piacenza decidono di comportarsi allo stesso modo e ottengono lo stesso risultato, dovremmo assistere senza reazione, in quanto deciso dal «popolo sovrano», alla nascita di due nuovi semi-stati indipendenti o annessi da Stati limitrofi? I confini, secondo il diritto internazionale, sono intangibili e tuttalpiù si può discutere di federalismo. Ogni altro modo di pensare è anarchia. O no?
Angelo Tirelli
Caro Tirelli,
Non credo che i problemi provocati dall’esistenza di movimenti indipendentisti e secessionisti possano essere risolti con astratte norme giuridiche. Le costituzioni hanno spesso la clausola che definisce «una e indivisibile» la nazione per cui sono state scritte. Ma le grida retoriche, per quanto solenni e apparentemente convincenti, non hanno mai impedito l’insorgere di condizioni impreviste che rendono la convivenza difficile. La Gran Bretagna, forse per sua fortuna, non ha una costituzione scritta e ha risolto il problema del separatismo scozzese con pragmatico buon senso. Nel Regno Unito gli inglesi sono l’81,5%, e gli scozzesi il 9,6% (quasi sei milioni). Se il referendum che si terra il 18 settembre 2014, fosse esteso all’intero Paese, il risultato sarebbe scontato, ma non terrebbe alcun conto della volontà di coloro che lo hanno chiesto. Aggiungo che la Scozia fu uno Stato indipendente sino al 1603 quando, dopo la morte di Elisabetta, il trono andò a Giacomo Stuart, VI° di Scozia e I° d’Inghilterra. Per il partito nazionalista scozzese, quindi, l’indipendenza sarebbe una restaurazione. Il governo di Londra lo ha compreso e al referendum, quindi, parteciperanno soltanto gli elettori scozzesi.
Il caso dell’Ucraina è ancora più complicato. I suoi confini storici hanno subito frequenti mutamenti. Sino all’ultima spartizione della Polonia, nel 1795, i territori occidentali erano polacchi. Divennero austriaci e, più tardi, austro-ungarici, sino alla fine della Grande guerra. Tornarono alla Polonia dopo il Trattato di Versailles e fecero parte del bottino dell’Urss dopo il patto fra Molotov e Ribbentrop dell’agosto 1939. Alla fine della Seconda guerra mondiale quei territori erano ucraini, ma in un fase storica in cui l’Ucraina era ormai una repubblica federata dell’Urss.
I territori orientali, invece, appartennero alla Russia zarista dal XVIII secolo e divennero definitivamente ucraini negli anni Venti quando l’Ucraina era ormai parte integrante della Unione delle repubbliche sovietiche e socialiste: una patria ideologica in cui i confini tenevano conto dell’influenza degli apparati regionali del partito piuttosto che del carattere etnico delle popolazioni. Fu questa la ragione per cui Mosca, negli anni Venti, decise di assegnare il Bacino del Donec e la Novorossija all’Ucraina e Krusciov aggiunse al pacchetto, nel 1954, la Crimea. Il rispetto dei confini dipende quindi dal contesto politico. Se Mosca e Kiev vanno d’accordo e la loro collaborazione giova alle popolazioni di confine, nessuno ha interesse a rimettere in discussione l’appartenenza della regione in cui abita a uno Stato piuttosto che all’altro. Ma se i rapporti peggiorano e la fazione politica che governa a Kiev preferisce voltare le spalle alla Russia per instaurare rapporti organici con l’Unione Europa e la Nato, è inevitabile che i russofoni dei territori orientale si chiedano con preoccupazione che cosa accadrà delle loro fabbriche, spesso integrate nell’economia russa, e dei loro diritti.
Cambiare i confini è spesso pericoloso e sarebbe stato meglio, caro Tirelli, se il referendum non avesse avuto luogo. Ma poteva essere evitato soltanto convincendo il governo di Kiev a non prendere iniziative militari e coinvolgendo la Russia in un negoziato che tenesse conto dei suoi legittimi interessi. Finché daranno l’impressione di volere l’Ucraina nell’Ue e nella Nato, l’Europa e gli Stati Uniti correranno il rischio accogliere fra le loro braccia un Paese dimezzato.