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 2014  maggio 25 Domenica calendario

QUANTI NON LUOGHI PER NON SCRITTORI


Anche la qualifica di «scrittore», come quella di «intellettuale», incomincia ad essere screditata. Tutti usano l’intelletto, tutti scrivono e dunque queste due parole esprimono concetti così ovvii da essere superati. Un noto autore di bestseller, oltre che personaggio televisivo, ha dichiarato recentemente di non sentirsi scrittore ma soltanto «raccontatore di storie». È un’affermazione che viene da lontano. C’era un tale, più o meno tremila anni fa, che raccontava le sue storie senza essere uno scrittore: era un certo Omero, cieco, che andava a tentoni di città in città e di mercato in mercato e parlava di Achille e di Ulisse e di altri eroi, in cambio di un po’ di cibo e di vino. La scrittura, croce e delizia del genere umano, è arrivata dopo di lui ed è stata per tremila anni la «selva selvaggia e aspra e forte» di cui ci ha parlato Dante all’inizio della Commedia. Raccontare una storia significava attraversarla, non c’erano altre possibilità. Bisognava pungersi e graffiarsi e cercare di uscirne vivi. Ora quella selva è stata finalmente spianata. La letteratura dei nostri tempi è un non-luogo affollatissimo, come tutti i non-luoghi: come gli aeroporti o gli outlet o le spiagge d’agosto, ed è attraversata da un nastro trasportatore (la non-scrittura di cui già ci aveva parlato Roland Barthes) su cui si può mettere una storia qualsiasi perché vada a incontrare, nel nulla, milioni di non-lettori. Il nostro non-scrittore e autore di bestseller ha capito tutto.