Fabio Monti, Corriere della Sera 24/5/2014, 24 maggio 2014
RESTO DEL MONDO-ITALIA 351-259: È LA SERIE A A Z
MILANO — La Lega di serie A ha dato i numeri. Del campionato. Ce n’è per tutti i gusti. Ad esempio: il numero dei gol. Sono stati 1.035, miglior risultato dalla stagione 1951-1952 (torneo con 20 squadre come questo). Un primato sul quale hanno molto inciso le nuove regole dell’International Board, che privilegiano il gioco d’attacco e riducono al minimo il concetto di fuorigioco. Ma il dato che più impressiona è legato al numero degli stranieri: 610 i giocatori impiegati nelle 380 partite del campionato, con 259 italiani e 351 giocatori provenienti da federazioni estere, dunque non selezionabili per la nazionale. I più numerosi sono stati gli argentini (51), due in più dei brasiliani (49), 16 gli uruguaiani, 15 i francesi, 14 gli spagnoli, 12 i colombiani.
È possibile che l’Italia vinca il titolo mondiale il 13 luglio, a Rio de Janeiro, ma di certo questa situazione di minoranza italiana non aiuta le scelte e il lavoro di Cesare Prandelli e segnala una lievitazione del numero dei giocatori stranieri che non conosce rallentamenti, nonostante l’impegno della Federcalcio tutta, del vice presidente, Demetrio Albertini e di Arrigo Sacchi di spingere un’apertura ai giovani italiani. Le cifre danno indicazioni chiare: nel 1994-1995, gli stranieri in A erano 55 (su 424); l’anno dopo erano saliti a 61 (su 393); nel 1996-197, prima stagione post-sentenza Bosman, con frontiere spalancate per i giocatori dell’Unione Europea e a tre extracomunitari, la quota era salita a 93 (su 427). Il campionato 1997-1998 ha segnato il primo anno sopra «quota 100» (12 su 446), con uno scatto in alto nel 1998-1999: 176 su 463. Quindici anni dopo, si è arrivati a schierare 351 non italiani.
Il problema non è quello di difendere l’italianità a tutti i costi, ma di tornare a mettere al centro la qualità. La Juve ha vinto lo scudetto con punteggio record, perché ha trovato il giusto equilibrio fra italiani e stranieri, ma soprattutto perché ha scelto giocatori non selezionabili per la nazionale azzurra di alto livello, a cominciare dalla coppia d’attacco Llorente-Tevez, senza dimenticare Vidal e Pogba, ma anche Lichtsteiner e Asamoah. L’Inter ha dominato in Italia e in Europa puntando sugli stranieri, che Moratti non ha mai considerato tali, perché erano grandi campioni. Adesso non domina più, pur continuando a puntare gli stranieri, perché è calato il livello dei giocatori scelti.
Quando in serie A c’era un solo straniero per squadra (campionato a 16), l’Italia vinceva il Mondiale in Spagna nel 1982 (15 su 340). Quando le frontiere erano aperte a tre stranieri (dalla stagione 1988-1989), l’Italia dominava nelle coppe europee e la nazionale arrivava ad un passo dal titolo mondiale nel 1990, con un gruppo di giocatori che era la diretta emanazione dell’Under 21 vice campione d’Europa nel 1986. Allora nel campionato gli italiani erano tanti, ma soprattutto gli stranieri erano forti o fortissimi e rappresentavano i campioni capaci di trascinare tutta la squadra. Nel 2006, l’invasione degli stranieri era già realtà: ce n’erano 161 (su 532), ma la qualità era alta e l’Italia di Lippi era riuscita a vincere il titolo mondiale, anche sfruttando l’onda lunga di una generazione straordinaria (Buffon e Pirlo, Totti e Del Piero, Gattuso e Cannavaro). Nel 2009-2010, la stagione che aveva fatto da prologo al disastroso Mondiale in Sudafrica, gli stranieri erano saliti a quota 237 (su 553).
Il problema vero è che adesso in serie A, a parte il sorpasso, ci sono troppi stranieri anonimi, dei quali si fa fatica a ricordare il nome, come ha detto con tono polemico dieci giorni fa il presidente della Lega Pro, Macalli. Quest’anno il Catania, appena ha venduto i migliori, pur continuando a non puntare sugli italiani, è scivolato in serie B. È evidente che l’Italia ormai sta seguendo il modello della Premier League e non è un caso che la nazionale inglese faccia sempre più fatica ad essere protagonista nelle grandi manifestazioni. Ma non sempre l’Italia riesce a scegliere gli esempi giusti.