Sergio Romano, Corriere della Sera 24/5/2014, 24 maggio 2014
ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO CHE PECCATO STARE A CASA
A pochi giorni anzi a poche ore dalle elezioni pressoché nessuno dei candidati, né la stampa, né la radio, né la televisione hanno compiutamente illustrato i compiti, le funzioni e i poteri del Parlamento europeo sensibilmente aumentati per il Trattato di Lisbona. E poi ci stupiamo del disinteresse per la politica e la propensione alla astensione.
Victor Uckmar
Genova
Caro Uckmar,
Negli anni scorsi le elezioni europee sono sempre state considerate, non soltanto in Italia, una specie di maxi-sondaggio, utile tutt’al più per verificare il cambiamento degli equilibri fra le forze politiche nazionali rispetto alle elezioni precedenti. Era purtroppo inevitabile che questo accadesse ancora una volta nel momento in cui il governo Renzi, formato in circostanze eccezionali e fortemente contrastato da alcune forze dell’opposizione, deve affrontare il primo giudizio del Paese. Eppure spero che la novità di queste elezioni non sia andata interamente perduta.
Per la prima volta, dal 1979, gli elettori europei sono chiamati a scegliere, insieme al partito, la persona che vorrebbero alla presidenza della Commissione di Bruxelles. Ho usato il condizionale perché i trattati non prevedono l’elezione diretta del successore di Barroso. Spetterà al Consiglio europeo (l’organo composto dai capi di Stato e di governo) proporlo e al Parlamento votarlo. Ma spero che il Consiglio non ignori le preferenze degli elettori. I candidati, dal canto loro, hanno fatto campagna spostandosi da un Paese all’altro, hanno discusso insieme le loro rispettive posizioni di fronte a platee televisive europee, hanno esposto le grandi linee del loro programma. L’accusa di «deficit democratico», tradizionalmente mossa dagli euro-scettici contro l’Unione Europea, ha perduto una buona parte della sua rilevanza.
Altrettanto importante, per la democrazia dell’Ue, è la presenza nella campagna elettorale dei partiti che si oppongono all’integrazione europea e attaccano duramente le politiche degli europeisti. Nell’aula di Strasburgo assisteremo a scontri d’idee e battaglie polemiche. Non è questa, forse, la materia prima di una democrazia? Sappiamo che Geert Wilders, leader olandese del partito della Libertà, vuole unire le sue forze in parlamento, a quelle del Fronte nazionale francese di Marine Le Pen e del Partito per l’indipendenza del Regno Unito di Nigel Farage. Molto bene. Sono partiti nazionalisti e si accorgeranno di avere interessi nazionali divergenti. Se Farage scenderà in campo contro la politica agricola comune, Marine Le Pen dovrà ricordargli che una larga parte dell’elettorato francese non intende rinunciare ai benefici di Bruxelles. E i deputati del M5S (un movimento che non è nazionalista) constateranno rapidamente che i loro compagni euroscettici pensano anzitutto alla loro patria.
Per queste e altre ragioni, caro Uckmar, le elezioni europee sono, oltre che utili, appassionanti. Provo una certa pena per coloro che staranno a casa.