Luigi Accattoli, Corriere della Sera 24/5/2014, 24 maggio 2014
LA MANO TESA ORTODOSSA E L’ABBRACCIO DI FRANCESCO
Per la seconda volta, come già nel 1964, l’iniziativa è venuta da Costantinopoli, cioè da Istanbul dove ha sede il Patriarca Bartolomeo: è stato lui a proporre a Francesco di ritrovarsi insieme a Gerusalemme nel cinquantesimo del primo, creativo incontro dei loro predecessori.
Questo fatto della prima mossa dell’ortodosso è ben nota, ma pochi hanno presente che così avvenne anche mezzo secolo addietro.
Quando Paolo VI aveva immaginato il viaggio e aveva mandato un appunto alla Segreteria di Stato perché avviasse in gran segreto i preparativi — l’appunto, poi pubblicato, ha la data del 21 settembre 1963 — non aveva minimamente pensato ad Atenagora. Nell’appunto la «finalità ecumenica» era tra i «fini subordinati», era elencata al quarto posto in ordine di importanza ed evocava soltanto «le varie denominazioni cristiane separate ivi presenti».
Atenagora non è nominato neanche nell’annuncio dato da papa Montini in Concilio il 4 dicembre di quell’anno, a chiusura della seconda sessione. La finalità ecumenica vi è detta per seconda, ma con maggiore cautela, o diplomazia ad intra di quanto non fosse nell’appunto: «per chiamare alla Chiesa unica e santa i Fratelli separati». Non c’era ancora il decreto conciliare sull’ecumenismo e gli appartenenti alle Chiese non cattoliche erano detti «fratelli separati».
Fu Atenagora a proporre a papa Paolo l’incontro, dopo aver udito l’annuncio del pellegrinaggio. Paolo VI accettò la proposta, non senza qualche resistenza da parte dello staff curiale, che si vide costretto a rifare in parte la scaletta del pellegrinaggio. Ma quell’elemento aggiuntivo diventò — nei fatti — il cuore del primo viaggio papale fuori d’Italia in epoca contemporanea.
L’idea di un incontro con il «Patriarca dell’Occidente» — come da Costantinopoli amano chiamare il Papa di Roma — Atenagora l’aveva a lungo accarezzata. Il «padre bianco» Pierre Duprey, protagonista del dialogo a Oriente, testimonierà nel processo di canonizzazione di Paolo VI che già dieci anni prima, nel 1954, dunque sotto Pio XII, in occasione di un colloquio a Istanbul, Atenagora gli aveva detto: «Riferisca al Papa che voglio incontrarlo. E’ chiaro che non posso andare a Roma e lei comprende la ragione. Ma dica al Papa che se egli va in un altro luogo e mi fa sapere che vorrebbe incontrarmi, andrò a incontrarlo» (citato ora da Angelo Maffeis nel volume a più mani Paolo VI pellegrino in Terra Santa, Edizioni Terra Santa, p. 70).
Fu lo stesso Atenagora a confidare al Papa, nel dialogo improvvisato che ebbero la sera del 5 gennaio a Gerusalemme, d’aver preso l’iniziativa una volta avuta notizia del viaggio: «Quando appresi dai giornali che lei aveva deciso di visitare questo Paese, mi venne immediatamente l’idea di esprimere il desiderio d’incontrarla qui ed ero sicuro che avrei avuto la risposta positiva di Vostra Santità».
Un fatto, questo della prima mossa venuta da Costantinopoli, che ci dice la grandezza dell’opera ecumenica svolta da Atenagora, più tempestiva se non più grande di quella di Paolo VI; e che ci fa avvertiti sull’oggi, essendo che anche l’incontro Bartolomeo–Francesco, a celebrazione del mezzo secolo dal primo, è stato proposto da Costantinopoli. Forse possiamo dire che Costantinopoli ha minore corpo rispetto alla Chiesa di Roma ma ha uno spirito più pronto all’incontro.
A muovere Bartolomeo verso Francesco è stato il titolo di «vescovo di Roma» con cui il Papa argentino si è presentato dopo l’elezione. Un titolo che ha una chiara intenzione ecumenica e che è molto gradito dagli ortodossi, che invece temono l’universalismo implicito nel titolo di «Papa». Quell’intenzione ecumenica fu colta immediatamente dal patriarca di Costantinopoli che in risposta a essa è venuto a Roma per la celebrazione di inizio del pontificato: «E’ stata una decisione presa dopo aver ascoltato il suo definirsi vescovo di Roma», disse in quell’occasione.
Anche stavolta il Papa ha detto di sì al Patriarca. Il buon rapporto tra le due «sedi» patriarcali più importanti dell’ecumene cristiana è utile sia all’uno che all’altro. A Roma per avere un interlocutore autorevole a Oriente. A Costantinopoli per confermare il suo primato d’onore nei confronti delle altre Chiese ortodosse.