Andrea Di Biase, MilanoFinanza 24/5/2014, 24 maggio 2014
UNIPOL, PERCHÉ SOLO ORA?
Ottobre 2012, l’aumento di capitale di Unipol gruppo finanziario (Ugf) e di Fondiaria-Sai, si è da poco concluso e il gruppo bolognese, ormai socio di riferimento dell’ex compagnia dei Ligresti, si accinge a rinnovarne integralmente il cda.
Toccherà dunque al nuovo board, in cui gli uomini di Unipol saranno in maggioranza, dare il via libera ai concambi per la fusione, che erano stati inizialmente definiti, seppur in via preliminare in giugno, dopo una lunga ed estenuante trattativa tra l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, e la coppia Emanuele Erbetta-Giorgio Peluso, ai tempi rispettivamente ad e dg di Fondiaria-Sai. È proprio nell’ottobre del 2012 che Fulvio Gismondi, ex attuario di FonSai (attualmente a giudizio davanti al Tribunale di Torino per concorso in falso in bilancio aggravato) viene intercettato dalla Guardia di Finanza del capoluogo piemontese mentre parla con l’ex condirettore generale Vita e Danni di Unipol Assicurazioni, Alberto Maturi (uscito dal gruppo bolognese nel gennaio 2011, dunque ben prima dell’operazione FonSai). «Guarda», dice Maturi a Gismondi, «per me gli unici che possono fare qualcosa, se c’hanno qualcosa in mano, sono i signori di Milano (il riferimento è alla Procura di Milano, ndr)», trovando d’accordo l’ex attuario di FonSai, che risponde: «Ma certo, esatto».
Gismondi è tuttavia scettico sul fatto che la magistratura, che fino a quel momento si era limitata a indagare senza influenzare l’esito della fusione tra Unipol e FonSai, possa raggiungere risultati tangibili. «In Italia», commenta Gismondi all’amico, «nella finanza vale esattamente come nelle borgate romane, tu devi fare la casa abusiva, la tiri su (...) Allora fai una schifezza sui mercati finanziari, fai veramente la devastazione delle norme e delle regole, però la porti a compimento e poi chi ti fa tornare indietro... Si beccheranno qualche avviso di garanzia, ma è robetta, è robetta».
La previsione di Gismondi, al di là del fatto che nel processo di integrazione tra Unipol e FonSai siano stati commessi o meno dei reati (questo lo stabilirà eventualmente il giudice), si è puntualmente avverata giovedì 22 maggio 2013, due anni e mezzo dopo l’avvio della trattativa tra il gruppo bolognese e la famiglia Ligresti, che dopo mille difficoltà ha portato alla nascita di UnipolSai, il secondo operatore assicurativo del Paese dietro le Generali. A distanza di così tanto tempo e con la fusione ormai realizzata il sostituto procuratore di Milano, Luigi Orsi, che da circa due anni indaga sulla vicenda, ha deciso di iscrivere nel registro degli indagati l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, e altri tre manager del gruppo bolognese (Fabio Cerchiai, Roberto Giay e Vanes Galanti), per il reato di aggiotaggio. L’accusa? Avere attribuito a Unipol Assicurazioni (che prima del merger con FonSai, Premafin e Milano Assicurazioni era controllata al 100% da Ugf), una valutazione eccessiva, alterando così il processo di definizione dei concambi e rendendo pertanto possibile il controllo della nuova UnipolSai da parte di Bologna. Una tesi non certo nuova, visto che in questi anni è stata più volte rilanciata dalla stampa, e che si fonda sul sospetto (finora mai provato) che il portafoglio di titoli strutturati in pancia a Unipol Assicurazioni celasse una perdita così ingente da abbattere completamente il patrimonio netto della compagnia.
È proprio Gismondi, nella primavera del 2012, quando infuria la battaglia per il controllo di FonSai tra Unipol, appoggiata da Mediobanca e Unicredit, e la cordata Palladio-Sator, che i Ligresti vorrebbero fare tornare in gioco pur avendo firmato un accordo in esclusiva con Bologna, a rivelare a Orsi tutti i suoi dubbi: «Secondo il mio giudizio, ma è una mia visione seppure supportata da numeri, Unipol Assicurazioni ha urgente bisogno di essere capitalizzata. La sua controllante la iscrive a bilancio a un multiplo importante del suo valore. Si può ipotizzare che con questa operazione il management di Unipol provi a nascondere la sottocapitalizzazione». In quell’occasione Gismondi mostra poi al pm una tabella con il valore attribuito dagli advisor delle due compagnie rispettivamente a FonSai e a Unipol Assicurazioni. È la famosa tabella pubblicata sui giornali e dalla quale emerge, anche alla luce delle differenti metodologie utilizzate, una larghissima discrepanza tra i valori attribuiti dai rispettivi consulenti alle due compagnie. Gli advisor dei bolognesi attribuivano infatti a Unipol Assicurazioni un valore di 1,678 miliardi, mentre quelli di FonSai, che si basavano sulla due diligence condotta dai revisori di Ernst & Young (riassunta nell’ormai famoso Progetto Plinio) erano arrivati a sostenere che, in caso di integrale svalutazione degli strutturati, quest’ultima avrebbe avuto un patrimonio netto negativo per 26 milioni. Una discrepanza che riguardava anche il valore di FonSai che i consulenti di quest’ultima ravvisavano pari a 1,618 miliardi, mentre gli advisor di Unipol fissavano, anche alla luce di una teorica svalutazione di gran parte del patrimonio immobiliare, in 448 milioni.
Il tema rimane dunque lo stesso di allora e riguarda la presunta debolezza patrimoniale di Unipol e l’atteggiamento assunto dalle autorità di vigilanza nella verifica di tale consistenza. Stando alle deposizioni di Gismondi e degli altri testimoni dell’accusa, tra cui l’ex responsabile del servizio Vigilanza II dell’Isvap, Giovanni Cucinotta, e dell’ex commissario Consob, Michele Pezzinga, sembrerebbe che sia la Consob sia l’Isvap siano state di manica larga con il gruppo bolognese. Ma si tratta di sospetti che i soggetti più ostili all’operazione Unipol-FonSai agitano da anni. Perché Orsi, che pure aveva da tempo in mano questi elementi, ha deciso di muoversi solo ora e non nel luglio 2012, quando il merger poteva ancora essere bloccato? Lo si saprà quando il magistrato chiuderà l’inchiesta e si conosceranno più nel dettaglio le carte in mano all’accusa. Per il momento si registra la presa di posizione della Consob che in una nota ha ribadito di avere svolto nella massima correttezza, seppur nella fisiologica dialettica interna propria di un organo collegiale (il riferimento è alla posizione contraria di Michele Pezzinga, ndr) la propria attività di vigilanza, in particolare sulla contabilizzazione degli strutturati di Unipol: «Un tema eminentemente tecnico e caratterizzato da una significativa discrezionalità». L’Authority presieduta da Giuseppe Vegas ha inoltre precisato che l’impatto degli strutturati nel portafoglio Unipol è stato preso in esame «da tutti i punti di vista, sia per i profili di rappresentazione contabile sia per la più ampia informazione finanziaria al mercato» e che «l’analisi ha richiesto un processo valutativo articolato e complesso, compiuto in piena autonomia da tutti gli uffici a vario titolo competenti in materia».
Scettico sulle accuse rivolte a Cimbri anche l’ad di Equita Sim, Francesco Perilli, secondo cui «alla base dell’indagine ci sarebbero ancora una volta le risultanze degli advisor chiamati nell’operazione da parte di FonSai». «Non si tratta», sostiene Perilli, «di valutazioni ufficiali ma semplicemente di pezze giustificative presentate dai vari advisor per cercare di spuntare il miglior concambio per il proprio cliente. Le stesse considerazioni sulle valutazioni avrebbero potuto interessare le riserve e il patrimonio real estate di FonSai». «A fine 2013 il portafoglio strutturati presentava una minusvalenza latente pari a 188 milioni. Nel corso dello scorso esercizio la società ha ridotto di 1,15 miliardi il portafoglio strutturati, realizzando plusvalenza per circa 35 milioni». Anche per questo Equita ribadisce il suo giudizio positivo sul titolo UnipolSai.
Andrea Di Biase, MilanoFinanza 24/5/2014