Luisa Leone e Anna Messia, MilanoFinanza 24/5/2014, 24 maggio 2014
SI APRE IL FORZIERE
Per lo Stato si tratta di far quadrare il bilancio di fine anno. Ma per gli investitori le prossime privatizzazioni rappresentano una opportunità d’investimento, visto che in molti casi l’apertura al mercato passerà per la borsa. L’ipo è la strada scelta per la cessione di una quota fino al 40% di Poste Italiane e la preferita per la società dei controllori di volo Enav, come hanno stabilito i decreti che la scorsa settimana hanno dato il via libera definitivo alle due operazioni.
Non solo. Nel bouquet (elenco completo delle privatizzande nella tabella in pagina) figurano anche il gruppo della cantieristica navale Fincantieri (vedere altro articolo a pag 17) e la società delle torri di trasmissione Rai Way, entrambe da privatizzare tramite quotazione in borsa. Insomma se lo Stato conta di racimolare da queste e altre operazioni, anche immobiliari, almeno 12 miliardi entro la fine del 2014, vuol dire che sul mercato si apriranno importanti finestre per gli investitori che decideranno di scommettere sulla nuova tornata di privatizzazioni, dopo quella degli anni Novanta. Anche perché le prossime ipo non saranno solo terreno per investitori istituzionali, anzi. Per Poste ed Enav il governo ha già manifestato l’intenzione, messa nero su bianco nel decreto approvato venerdì 16 maggio dal Consiglio dei ministri, di avere un occhio di riguardo per i piccoli risparmiatori.
Nelle due ipo, certa per il gruppo postale e molto probabile per Enav, sarà data precedenza ai piccoli risparmiatori e lo si farà tramite quote d’offerta riservate, priorità di assegnazione in caso di domanda eccedente l’offerta e forse anche l’attribuzione di bonus share.
Una corsia ancora più privilegiata sarà poi dedicata ai dipendenti delle due società pubbliche. Lo stesso potrebbe accadere per Fincantieri, che per ora però vede principalmente i suoi lavoratori come possibili fruitori di questi vantaggi.
Per Rai Way la questione di possibili vantaggi per il mercato retail non si è ancora posta, visto che l’incarico di studiare l’operazione, come anticipato da MF-Milano Finanza, è stato affidato all’advisor Leonardo solo da pochi giorni.
Comunque sia, è certo che nei prossimi mesi, a meno che le elezioni di domenica 25 maggio non si dimostrino un tornado, in borsa si presenteranno diverse occasioni per i piccoli risparmiatori.
L’appuntamento più atteso è certamente quello per il debutto a Piazza Affari di Poste Italiane, che potrebbe valere un range compreso tra 4 e 5 miliardi della torta complessiva da 12 miliardi che il governo conta di incassare. La base da cui si parte sono i 10 miliardi di valorizzazione nel 2010, in occasione del passaggio delle quote residue in mano a Cassa Depositi e Prestiti al ministero dell’Economia, che oggi ha il 100%. In base a quei calcoli la vendita sul mercato del 40% delle azioni varrebbe almeno 4 miliardi. Ma il mercato scommette già su un valore più alto, come dimostrano i primi giorni di quotazione del Cfd (contratto per differenza) su Poste lanciato mercoledì 21 maggio dal broker online IG. Uno strumento che consente di scommettere su quale sarà la capitalizzazione di mercato della società alla fine del primo giorno di contrattazione e che era già stato proposto dal gruppo inglese ai suoi clienti per le ipo dei social network Facebook e Twitter, come anche per la piattaforma cinese di e-commerce Alibaba e per il debutto al listino londinese della Royal Mail. Ebbene, nei primi giorni di contrattazione gli investitori del Cfd su Poste Italiane sono stati pronti a scommettere su un valore medio di capitalizzazione del gruppo compreso tra 12 e 13,2 miliardi. Più alto quindi dei 10 miliardi previsti dal governo.
Prima di portare Poste sul mercato bisogna però sistemare più di un tassello nel gruppo che dallo scorso 7 maggio è guidato da Francesco Caio. Prima di tutto c’è bisogno di dare avvio alla nuova convenzione tra le Poste e Cassa Depositi e Prestiti per la distribuzione negli uffici postali dei libretti e dei buoni emessi da Cdp, che nel 2013 ha fruttato a Poste commissioni per 1,6 miliardi. E l’intenzione del governo è di rendere più stabili questi flussi in vista dell’ipo, allungando l’attuale convenzione da tre a cinque anni. Il nuovo accordo è stato a lungo discusso tra Cdp, Poste e l’azionista ministero dell’Economia, tanto che era di fatto pronto per la firma sul tavolo dell’ex amministratore delegato, Massimo Sarmi. Ma il dossier è passato ora a Caio, che dovrà anche definire l’assetto di vertice di un altro pezzo fondamentale delle Poste Italiane: il futuro amministratore delegato di Poste Vita, guidata per due mandati da Maria Bianca Farina. Un ruolo chiave, visto che le attività assicurative hanno rappresentato 13 dei 26 miliardi di ricavi complessivi raggiunti dal gruppo nel 2013. E gli scenari sembrano ancora tutti aperti, compresa la riconferma per un altro mandato di Farina, cui affiancare magari un direttore generale. Ma non è escluso neppure un cambio della guardia per l’attuale ad, che potrebbe magari salire alla presidenza della compagnia. Le carte restano per ora ben coperte ma forse qualche indicazione potrebbe arrivare dal prossimo consiglio di amministrazione di Poste Vita, che si riunirà giovedì 29 maggio.
Ormai segnato, invece, è il destino di Fincantieri. Lo scorso 5 maggio l’assemblea dei soci ha dato il via libera all’ipo, che dovrebbe arrivare entro la fine del prossimo giugno. Sul mercato finirà una quota di minoranza, almeno del 40% e al massimo del 49%, e le azioni dell’offerta globale deriveranno in parte dall’aumento di capitale da 500 milioni, già approvato, in parte dalla vendita di azioni da parte del socio Fintecna (100% Cassa Depositi e Prestiti). Si tratterà sicuramente di un buon banco di prova per sondare il reale interesse degli investitori per le annunciate privatizzazioni italiane e per capire quale appeal potrà avere sui piccoli risparmiatori italiani un gruppo non conosciutissimo al grande pubblico, come è invece Poste.
Per quanto riguarda l’Enav, invece, il governo non ha ancora stabilito con certezza le modalità di apertura del capitale. Il decreto che avvia la cessione di una quota fino al 49%, infatti, prevede che per la privatizzazione della società, guidata dall’amministratore unico Massimo Garbini, si possano seguire due strade, quella dell’ipo appunto, considerata come «prioritaria», e quella di una trattativa diretta. Secondo i calcoli del Tesoro dalla cessione del 49% del gruppo dovrebbe arrivare circa 1 miliardo di euro e l’operazione, sia che si tratti dello sbarco in borsa sia che si tratti della vendita a operatori istituzionali, dovrebbe arrivare in tempo per la fine dell’anno. Intanto, però, complici le elezioni di domenica prossima, venerdì 23 maggio, l’assemblea che avrebbe dovuto approvare il bilancio 2013 e sancire il ritorno al consiglio di amministrazione, dopo la stagione dell’amministratore unico, è stata rinviata. Dovrebbe ora riunirsi in seconda convocazione, il prossimo 12 giugno. E per allora il ministero dell’Economia dovrebbe anche avere scelto gli advisor che lo affiancheranno nella scelta della migliore modalità di cessione.
Per quanto riguarda, infine, Rai Way, solo pochi giorni fa la società guidata da Luigi Gubitosi ha scelto banca Leonardo come advisor per l’apertura del capitale. L’obiettivo è portare in borsa il 20-25% del capitale di Rai Way, che controlla e gestisce le 2.300 torri di trasmissione del gruppo tv, entro l’autunno. Anche se nei piani della capogruppo ci sarebbe anche la possibilità di arrivare fino al 49% del capitale in vendita. Per quanto riguarda gli introiti che potrebbero derivare dalla cessione di un pacchetto del 20-25%, la cifra potrebbe aggirarsi tra 120 e i 150 milioni, considerando che l’enterprise value dell’azienda sarebbe di circa 650 milioni. Il conteggio parte dai conti 2013, chiusi con un fatturato di 219,2 milioni (l’83% dei quali garantiti dal contratto con la Rai), un ebitda di 86,4 milioni (il margine è del 39,4%), un ebit di 23,9 milioni e un utile di 11,8 milioni a fronte di debiti totali di 155 milioni e un patrimonio netto di 137 milioni.
Anche in questo caso si dovrebbe riuscire a chiudere la partita entro la fine dell’anno. Entro dicembre 2014, infatti, Viale Mazzini dovrà dare una sforbiciata di ben 150 milioni alle sue spese, in base a quanto previsto dalle indicazioni sulla spending review contenute nel decreto Irpef, in conversione al Senato. L’altra via per raggiungere il risultato sarebbe una razionalizzazione delle sedi regionali della televisione pubblica, finite nel mirino del commissari alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli.
Nelle intenzioni del governo, poi, dovrebbe arrivare entro la fine del 2014 anche la privatizzazione di Sace. Il gruppo assicurativo, venduto dal Tesoro alla Cassa Depositi e Prestiti alla fine del 2012, dovrebbe finire sul mercato tramite un’opv, mettendo in vendita una quota che questa volta potrebbe arrivare fino al 60% del capitale. Se davvero così fosse si tratterebbe dell’operazione più grossa tra quelle in preparazione, visto che, la quota, sempre secondo i calcoli del ministero, potrebbe valere circa 5 miliardi di euro. Sebbene il nuovo piano industriale del gruppo guidato da Alessandro Castellano sia ormai pronto, tanto che potrebbe essere presentato prima della pausa estiva, non sono però stati sciolti alcuni nodi fondamentali per procedere alla quotazione, primo fra tutti quello della garanzia statale sulle attività più rischiose. Per questa ragione, e per il fatto che al momento l’azionista Cassa è alle prese con molti altri dossier (da Cdp Reti ad Ansaldo Energia), secondo indiscrezioni l’ipo potrebbe slittare ai primi mesi del 2015.
Entro la fine dell’anno, invece, si dovrebbe concludere appunto l’operazione Cdp Reti, che potrebbe fruttare circa 4 miliardi dalla cessione del 49% a un partner di minoranza, parte dei quali girati al Mef come dividendo straordinario; la vendita del 60% della controllata di Fs grandi Stazioni e anche la vendita del 14% di StMicroelectronics. Quest’ultima quota, che dovrebbe valere circa 700 milioni, dovrebbe essere ceduta, proprio a Cassa.
Luisa Leone e Anna Messia, MilanoFinanza 24/5/2014