M. Bel., Il Sole 24 Ore 24/5/2014, 24 maggio 2014
IL CALCIO EUROPEO PARLA TUTTO SPAGNOLO
La sfida-bis di Davide contro Golia, calcisticamente parlando, andrà in scena stasera all’Estádio da Luz di Lisbona. Dopo aver soffiato sabato scorso, lo scudetto al Barcellona, l’Atletico Madrid contenderà all’altra grande di Spagna, il Real, il titolo di Campione d’Europa. I Colchoneros, che letteralmente significa "materassai" poiché il colore delle prime divise del team ricordava gli antichi rivestimenti dei materassi, sfideranno i nobili rivali in un derby – apparentemente – impari.
LO SQUILIBRIO DEI RICAVI
Al di là dei valori sportivi espressi in questa stagione dalle due squadre, il confronto economico infatti non lascerebbe scampo all’Atletico, confinato all’ultimo posto nella classifica Deloitte delle 20 società europee con i maggiori fatturati con appena 120 milioni di ricavi. Graduatoria nella quale proprio il Real Madrid di Florentino Perez e Carlo Ancelotti è primo con 518 milioni di entrate annue (il Barcellona è secondo a 482). Lo "spread" fra i Blancos e il team dei "materassai" è, dunque, di quasi 400 milioni. Uno squilibrio prodotto dalle regole della Liga, l’unico grande torneo europeo in cui ad esempio i diritti tv sono ancora venduti individualmente dai club, con la conseguenza che le squadre minori devono accontentarsi delle briciole (anche se il Governo ha annunciato l’intenzione di voler introdurre delle perequazioni). Il calcio spagnolo che pure quest’anno ha dettato legge in campo, visto che il Siviglia si è aggiudicato l’Europa league, è schiacciato dai debiti e sta uscendo faticosamente da una crisi finanziaria che, parallelamente a quella che ha colpito il Paese, ha spinto una ventina di società sotto l’ombrello della Ley Concursal, una sorta di Chapter 11 che blocca l’aggressione dei creditori e consente la gestione ordinaria per rimettere in sesto i conti.
"SPENDING REVIEW" IBERICA
La scorsa estate Miguel Cardenal, presidente del Consejo Superior de Deportes, ha denunciato l’inaccettabile livello di indebitamento e ha predisposto un piano di controllo finanziario con l’obiettivo di portare il debito totale da quattro a tre miliardi di euro in tre anni, con risparmi per 300 milioni a stagione da raggiungere con un taglio di 100 milioni ai budget dei club, e con ricavi aggiuntivi per altri 200 milioni derivanti dalla cessione di giocatori e dall’ingresso di capitali stranieri, a partire dai fondi d’investimento, come auspicato dallo stesso Javier Tabas, presidente della Lega calcio. Questa spending review comincia a produrre risultati, visto che i debiti sono calati di oltre 200 milioni durante l’ultima stagione (quelli nei confronti del fisco, per l’esercizio 2012-2013, ammontano a 720 milioni), i costi generali sono scesi del 7% e gli ingaggi del 2,3. L’ingresso di nuovi capitali è stato rilevante e continuo (pochi giorni fa, Peter Lim, uomo d’affari di Singapore, ha rilevato dalla Fondazione VCF il 70,4% del Valencia), soprattutto, grazie all’"alleanza" di molti club con i fondi d’investimento.
CALCIO E FINANZA
Una delle ragioni dei successi dei club spagnoli e portoghesi e della loro competitività risiede a quanto pare proprio nelle nuove dinamiche finanziarie che ne hanno garantito la sopravvivenza prima e la rinascita poi. L’Atletico Madrid, oggi finalista di Champions, ma già l’anno scorso trionfatore in Europa league, dopo aver sfiorato il default qualche stagione fa, è l’emblema di questa nuova era che fa ricorso alle cosiddette "Tpo" (Third-Party Ownership) e a fondi di private equity per sopperire alle carenze di risorse "endogene". In particolare, gli ex materassai hanno sviluppato legami finanziari con il Doyen Sports, società di investimenti privata, che da pochi giorni ha rilevato la gestione dell’immagine del condottiero del team, Diego Pablo Simeone. IL VALORE DELLE "TPO"
Per capire l’importanza che sta assumendo il nuovo calcio-finanziario, basti pensare che le Tpo, vale a dire le operazioni in cui una quota del cartellino di un calciatore viene acquisito da un soggetto privato, procuratore o fondo, che partecipa poi alle plusvalenze sulle future cessioni, secondo un recente studio di Kpmg Spagna, nella sola Europa valgono già 1,1 miliardi di euro (1,5 miliardi dollari), il 5,7% del valore del mercato dei trasferimenti nell’area. La pratica è diffusa in 10 paesi dell’Europa orientale, dove gli investitori detengono circa il 40% del valore di mercato dei giocatori, e sta aumentando mese dopo mese in Spagna, Portogallo e Paesi Bassi. In Brasile, dove le Tpo sono nate, gli investitori privati hanno partecipazioni in circa il 90% dei giocatori di prima divisione. I rischi connessi all’espansione delle "Tpo" (riciclaggio, pericolo di combine, subordinazione dei club), ne hanno determinato il divieto nel Regno Unito, Germania e Italia, e l’ostracismo della Uefa. I vantaggi economici che ne derivano però hanno reso la Fifa più indulgente. Una decisione sul loro diritto di cittadinanza nel calcio e più in generale sulle compatibilità delle strutture finanziarie con il mondo del calcio è attesa, in tra pochi giorni al Congresso di Sao Paolo della Fifa che ha commissionato due studi in materia al Cies (Centre for Sports Studies) e al Cdes (Centre de Droit et d’Economie du Sport).
M. Bel., Il Sole 24 Ore 24/5/2014