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 2014  maggio 24 Sabato calendario

CINA, PUGNO DI FERRO CONTRO I SEPARATISTI


PECHINO.
La Cina passa al contrattacco e, smaltito lo shock dell’attacco terroristico che ha ridotto a una polveriera Urumqi, la capitale dello Xinjiang, seminando decine di morti e feriti, reagisce con il pugno di ferro.
Si profila almeno un anno di lotta senza requie, che parte già dalla capitale, da una piazza Tienanmen pattugliata da soldati armati, dalle fermate della metropolitana passate al setaccio, voli in direzione Urumqi dirottati per prudenza in tappe intermedie.
Ma anche la scia dei soldi viene monitorata, la Cina ha interrotto ogni contatto con una banca afghana sospettata di aver finanziato in dollari gli autori della strategia della tensione separatista che ormai ha pervaso il Paese. L’Etim, East Turkestan Islamic Movement, torna sul banco degli accusati dopo gli attentati di Tienanmen e Kunming e lo scoppio alla stazione di Urumqi proprio quando il presidente Xi Jinping era in visita ufficiale.
La strategia terroristica ha alzato il tiro, ha incassato un grande punto a favore: la paura dell’attentato è diventata parte della vita quotidiana e c’è chi prevede ulteriori eclatanti mosse nella capitale. Nonostante le misure adottate - che si profilano sempre più rigide - Pechino non sembra in grado di gestire in maniera capillare l’intelligence su un territorio così sterminato. Questo implica possibili falle nella rete della sicurezza, anche se l’aumento della violenza al di fuori dalla provincia uigura potrebbe rivelarsi un boomerang per i movimenti separatisti. Urumqi è una città che rischia di ritornare all’isolamento totale dei fatti del 2009, a ridosso delle Olimpiadi, nessun contatto in rete, né con il mondo esterno, finché le acque non si calmarono.
Ma in questi giorni la situazione sta degenerando in tutta la regione asiatica e la Cina deve prendere atto di ulteriori smagliature nella strategia di abbracciare ecumenicamente i vicini Paesi asiatici. Il golpe militare in Thailandia con l’ex presidente Yingluck ostaggio dell’esercito e le retate di arresti, la reazione xenofoba vietnamita _ ricordiamo il Vietnam è l’unico paese con il quale tecnicamente la Cina è entrata anche se brevemente in guerra quando gli americani lasciarono Hanoi - con il rimpatrio in massa di decine di migliaia di cittadini cinesi e il lancio proprio ieri da parte del Vietnam di un arbitrato sul casus belli, il diritto alle perforazioni in acque che Pechino considera sotto la sua sovranità, il rapimento di due cinesi da parte di una fazione terroristica nelle Filippine, perfino il ricorrente movimento di proteste in Parlamento degli studenti taiwanesi contrari alla sigla di contratti economici con la Cina. L’elenco rischia di allungarsi, non è un momento facile per i vertici di Pechino che preferiscono dirottare l’attenzione sul tema della crescita economica evitando di prendere in esame quello, ben più spinoso, delle tensioni asiatiche.

Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 24/5/2014