Teodoro Chiarelli, La Stampa 24/5/2014, 24 maggio 2014
SPALLONI E TALPE IN PROCURA. LE MANOVRE DELL’EX PADRE-PADRONE
Padre-padrone e dominus incontrastato per quasi vent’anni di Banca Carige. Giovanni “Alberto” Berneschi, però, secondo i magistrati che lo hanno spedito agli arresti domiciliari, era qualcosa di più e di peggio: un criminale nel settore del credito. Un vicepresidente dell’Abi, l’associazione delle banche, un vicepresidente dell’Acri (le casse di risparmio), un Cavaliere del Lavoro per meriti (?) professionali, che non si faceva scrupolo di affidarsi agli spalloni per portare illecitamente soldi in Svizzera.
Per oltre vent’anni Berneschi, classe 1937, avrà il controllo dei cordoni della borsa di una banca che in Liguria domina il mercato. Il ragionier Alberto è stato forse l’uomo più potente della Liguria, quello a cui bisognava bussare per finanziare le operazioni più importanti. Carattere ruvido, pochi peli sulla lingua, linguaggio e mimica alla Gilberto Govi, rozzo ma a suo modo geniale, era corteggiato dall’imprenditoria locale, ossequiato e riverito dalla politica, blandito dagli amministratori pubblici. Berneschi e la sua Carige, in stretta sintonia con il reuccio di Imperia Claudio Scajola (il fratello Alessandro piazzato strategicamente in banca come vicepresidente), al Pd (ex Ds, ex Pci) di Claudio Burlando in tandem con le potenti Coop rosse, alla Curia di Tarcisio Bertone. E poi i rapporti con i “furbetti del quartierino”, le operazioni con Gianpiero Fiorani, i legami con l’ex governatore Antonio Fazio. Le manovre con Luigi Grillo.
Tutto sembrerebbe finire la scorsa estate, con l’intervento della Banca d’Italia che ne chiede la testa al termine di una durissima ispezione da cui emergono addebiti di ogni tipo, dal credito facile alla violazione delle norme antiriciclaggio, e che si conclude con l’invio delle carte in Procura. Arriva sì il duro scontro con l’allora presidente della Fondazione Carige, Flavio Repetto. Ma il suo potere non si sarebbe interrotto più di tanto. Addirittura Berneschi conservava le vicepresidenze dell’Abi e dell’Acri. A leggere le carte dei magistrati, il banchiere aveva talpe in Procura e nei carabinieri, militari capaci di fare accertamenti e controlli e di riferirne.
Nelle 122 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Adriana Petri si fa riferimento alla rete sulla quale Berneschi poteva contare. A tradire Berneschi una certa agitazione che lo prende dopo le mosse di Bankitalia e la trasmissione delle carte degli ispettori della vigilanza alla Procura. Il primo novembre Berneschi chiama l’avvocato toscano Andrea B.: «Devi farmi un piacere, devi vedere se riesci, ovviamente, se a Genova c’è qualche contenitore a nome mio, mi segui? Mi hai capito?”». Risponde il legale: «Dunque, ti avevo detto che... qui... qui non c’è ancora aperto niente! No, per ora non c’è, è tutto contro ignoti, qui alla.... Da quello che mi risulta dalla persona che si è mossa, è tutto contro ignoti».
E che dire della surreale intercettazione del commercialista Andrea Vallebuona che si sfoga con il collega di studio Alfredo Averna, sostenendo che Berneschi, nonostante l’addio a Carige, continuava a godere di grande influenza all’interno della banca? E siccome la consulenza del commercialista con la banca ormai era a rischio, Vallebuona minaccia di andare a raccontare alcune cose su di lui. «Quanto pensi che valgano le cose che so io, se vado da un giornale? Quanto pensi che valgano? (...) Cosa direbbe il sistema se sapesse che Berneschi c’ha un albergo, c’ha qui, c’ha là... Visto che il potere ce l’ha ancora, a quanto pare. Perché Pittaluga (Giovanni Battista, consigliere di Banca Carige, ex assessore regionale) ce l’ha messo lui. E perché Momigliano (Paolo, presidente della Fondazione) pare che l’abbia messo lui pure Momigliano. Allora, se Berneschi va da Momigliano e dice: guarda, c’è una questione, i consulenti del gruppo sono persone di estrema fiducia e professionalità, gradirei che avessero un rapporto continuativo. Quello deve dire Berneschi». Da notare che ieri Momigliano ha dichiarato di non aver mai parlato in vita sua col banchiere.
I magistrati, che a Berneschi sequestrano 21 milioni di euro in conti bancari a Genova e Milano, sono convinti che stesse preparando la fuga e per questo lo arrestano. Secondo gli inquirenti, «dispone di ingenti capitali all’estero, ancora da rimpatriare» e lui stesso non esclude la possibilità di andare a vivere «in Svizzera dove avrebbe la possibilità di lavorare per l’Unione banche svizzere».
Teodoro Chiarelli, La Stampa 24/5/2014