Fabio Severo, IL 22/5/2014, 22 maggio 2014
COLPISCI ANCORA, CAMILA
[Camila Giorgi]
Quando alla fine di settembre dell’anno scorso Camila Giorgi è stata ospite di Quelli che il calcio l’hanno messa seduta su uno sgabello al centro dello studio, e mentre lei rispondeva a monosillabi le hanno ripetuto tre o quattro volte che la vedevano emozionata, e l’intervista è stata interrotta da due gol negli incontri di Serie A in corso, con il presentatore Nicola Savino che la lasciava sola appollaiata e andava a chiedere agli altri ospiti ragguagli sulle marcature. Mentre continuavano a dirle di stare tranquilla, «per metterla a suo agio» le hanno chiesto se era vero che ci fossero molti flirt tra tenniste e tennisti del circuito, Savino le ha detto «ora mi svieni in diretta al prossimo applauso» e poi ha chiesto se nel tennis fossero più forti «le bionde o le more». Infine hanno mostrato un suo incontro con la voce di Arisa che faceva la parodia birichina dei gemiti delle tenniste, seguito dall’ennesimo applauso e dall’ennesimo sorriso imbarazzato di Camila.
La partita mostrata, che poi in fondo era il pretesto dell’invito in trasmissione, era il terzo turno dell’US Open appena passato, dove Camila Giorgi aveva battuto Caroline Wozniacki, ex numero uno e finalista a New York nel 2009. La prima vittoria contro una top ten, tre set finiti dopo due ore e trentasei minuti. Ma guardando on line una clip di highlights di quasi venti minuti sembra che Giorgi abbia dominato l’incontro, un’accelerazione dopo l’altra, i colpi sempre molto profondi, Wozniacki che come di consueto rimanda quasi tutto fino a che Giorgi forza ancora una volta, salendo sopra i semi-pallonetti con cui la danese cerca di rallentare lo scambio e trasformando quelle palle interlocutorie in vincenti inaspettati. L’assertività con cui Giorgi imposta il proprio gioco è la sua caratteristica principale, la costante ricerca dell’attacco e degli angoli, una tattica che si riassume nel provare a spingere indietro l’avversaria per vincere il punto alla prima occasione. Il tennis femminile da diversi anni è guidato da giocatrici con un analogo stile offensivo: Serena Williams, Maria Sharapova e Victoria Azarenka giocano sempre aggredendo e cercando il controllo dello scambio, in un confronto che spesso si riassume in una superiorità che sembra anche solo fisica, come se colpo dopo colpo piegassero il braccio delle avversarie. Più piccola e meno forte fisicamente, Camila Giorgi non potrebbe mai vincere per consunzione delle rivali come le top player riescono a fare, il suo stile è molto più orientato alla ricerca della traiettoria e alla presa di possesso del campo, come se avesse una sola marcia, accelerando sempre di più per provare a chiudere o scendere a rete. Camila Giorgi è sotto osservazione da tempo, prima ancora che arrivasse nel 2011 agli ottavi di Wimbledon battendo Flavia Pennetta al primo turno, due anni prima della vittoria contro Wozniacki e dell’altra contro Sharapova ottenuta lo scorso marzo a Indian Wells; ha poi raggiunto il numero 54 della classifica, il suo best ranking da quando è professionista. Se la fatuità delle domande rivoltele durante Quelli che il calcio corrisponde alla scarsissima abitudine a parlare di tennis e alla consueta scappatoia italica del “brava e bella” per aggirare l’ostacolo, anche nel discorso tennistico nazionale Giorgi sfugge a qualsiasi inquadramento preciso, sia per il gioco espresso che per la biografia. Padre (e allenatore, supporter accesissimo sugli spalti, manager) argentino, madre italiana, Giorgi è nata a Macerata nel 1991 ma sin da piccola ha viaggiato tra Francia, Spagna e Stati Uniti in cerca di accademie e finanziamenti che permettessero al progetto sportivo di proseguire. Le migrazioni sono state gestite sempre dal padre, coach non giocatore che racconta di averla voluta sempre proteggere dalle fameliche agenzie che si impossessano di bambini prodigio rendendoli, a detta sua, pseudo-schiavi. Un’inchiesta di Sports Illustrated dello scorso gennaio ha meticolosamente ricostruito le peregrinazioni dei Giorgi attraverso gli Stati Uniti, la questua presso vari finanziatori e scopritori di talenti. Una storia che comincia come il racconto del travaglio economico del tennis professionistico ma che finisce con una serie di prestiti non restituiti, donors delusi, telefonate ed e-mail a vuoto ai Giorgi in fuga da un luogo all’altro. Padre e figlia si sono chiusi nel no comment, e nel frattempo hanno trovato un accordo con il centro federale di Tirrenia, che almeno per un po’ metterà fine ai crucci finanziari di Camila, e permetterà al tennis nazionale di coccolarsi un’altra figlia. Anche se non l’ha davvero cresciuta, anche se non somiglia a nessuna delle altre tenniste nate in Italia.