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 2014  maggio 23 Venerdì calendario

I BAMBINI-SCHIAVI ‘FUMATI’ NELLE PIANTAGIONI DI TABACCO USA


New York
Cento, 150 dollari al giorno: quando sei un immigrato “stagionale” e hai solo pochi mesi a disposizione per mettere da parte un po’ di denaro prima di ritornare alla tua ancor piu’ disperante povertà, sono una cifra allettante . Anche se per quella cifra devi stare piegato a raccogliere tabacco, a pulirne le foglie con le dita che diventano appiccicose e quel sapore in bocca, come se avessi perennemente una sigaretta a penzolarti fra le labbra. Allettanti anche se il contratto di lavoro non prevede un limite di ore giornaliere o settimanali e, dunque, solitamente, in quei campi ci passi tutto il giorno e tutta la settimana, con sole 24 ore di riposo. E, disgraziatamente, resta una cifra “allettante”, anche se hai 7 anni e, inutile dirlo, non dovresti lavorare né in un campo di tabacco del Nord Carolina, né in un qualsiasi altro posto al mondo: a 7 anni il tuo lavoro dovrebbe essere semplicemente vivere. Descrive uno scenario probabilmente ignoto a molti americani, il rapporto pubblicato da Human Rights Watch che ha per titolo “I bambini nascosti del tabacco”. Nascosti e, dunque, ignorati. Le loro storie sono colpi allo stomaco. Centoquaranta interviste, quelle condotte dall’associazione, che svelano un mondo molto vicino alla schiavitù, sebbene questa volta “allargato” ai latinos, i piu vicini e i più poveri. Arrivano in Nord Carolina, in Kentucky in Tennessee e in Virginia con le loro famiglie, hanno dai 7 ai 17 anni e lavorano alle stesse condizioni dei loro genitori che, poi, ricevono la loro paga giornaliera. “È duro, assolutamente duro – racconta Jessica Rodriguez che scoprì, per la prima volta, un campo di tabacco a soli 11 anni – Il nostro capo era una donna molto gentile che ci portava da mangiare ogni giorno ma anche mentre mangiavamo stavamo seduti in mezzo al tabacco”. Tabacco, calore, umidità e sudore. Dalle 6 del mattino alle 7 di sera “Spesso – continua Jessica – mi sentivo male per il troppo caldo e mi veniva da vomitare, mi sembrava che il mio stomaco volesse uscire fuori dal mio corpo. Allora qualcuno arrivava con dell’acqua e dei crackers e mi davano qualche minuto per riprendermi prima di tornare al lavoro”.
Il 75% dei bambini intervistati ha riportato sintomi di vario tipo, legati al contatto prolungato con il tabacco e, dunque, a forme di avvelenamento da nicotina: vomito, nausea, emicrania, capogiri, irritazioni della pelle e bruciore agli occhi. Oltre 1800, fra bambini e adolescenti, di età inferiore ai 18 anni, sono stati vittime, solo nel 2012, di incidenti, per fortuna non mortali, durante l’orario di lavoro; e due terzi delle vittime minorenni di incidenti sul lavoro, sempre nello stesso anno, appartenevano al mondo del lavoro agricolo. Le aziende produttrici di sigarette, peraltro, non hanno finora messo in pratica nessun tipo di politica restrittiva per impedire alle fattorie l’utilizzo di manodopera minorenne. In più, una regolamentazione in tal senso, proposta dall’amministrazione Obama è stata bocciata per l’opposizione compatta dei repubblicani.

Angela Vitaliano, Il Fatto Quotidiano 23/5/2014