Luciano Capone, Libero 23/5/2014, 23 maggio 2014
SULL’APP USA ED EUROPA PIÙ RIGIDI DEGLI ARABI
Il braccio di ferro tra tassisti e Uber continua. Dopo le polemiche, i disordini e gli scioperi selvaggi dei giorni passati, è intervenuta anche la politica che a lungo aveva cercato di ignorare la questione. Al termine del vertice con i tassisti nella prefettura di Milano il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha dichiarato: «Qualunque tecnologia o app che eroghi un servizio non autorizzato rappresenta un esercizio abusivo della professione», smentito dopo poche ore dal premier Matteo Renzi che ha definito Uber «un servizio straordinario».
Tutti, da ogni lato, chiedono il rispetto delle regole, ma il problema è che le regole non sono chiare, a volte contraddittorie, approvate e mai applicate e soprattutto perché scritte decine di anni fa quando non esistevano internet, gli smartphone e la geolocalizzazione. Una prima bozza di regolamentazione è stata avanzata
dall’assessore alla mobilità di Milano Pierfrancesco Maran, la proposta prevede un registro nazionale di applicazioni come Uber che fanno da intermediari con gli Ncc (noleggio con conducente), limiti territoriali al servizio e l’obbligo di prenotazione di 90 minuti prima. La proposta ha ricevuto le critiche da entrambe le parti perché secondo i tassisti regolarizza l’applicazione, secondo Uber invece l’obbligo di attesa neutralizza l’utilità dell’applicazione. I problemi sono aumentati quando Uber ha lanciato UberPop, l’applicazione che fa diventare autisti non solo gli ncc, ma qualsiasi utente provvisto di auto e patente. Il governatore lombardo Roberto Maroni ha definito il servizio «illegale» e come lui il ministro Lupi: «Non si tratta di frenare innovazione o difendere lobby ma affermare legalità e tutelare il passeggero».
La questione sulla regolamentazione di Uber non riguarda solo la città di Milano e neppure l’Italia. L’ingresso della app ha rivoluzionato il mercato della mobilità urbana e ha creato problemi e contenziosi in tutto il mondo. Quali regole hanno applicato gli altri Paesi? Uber è presente in oltre 100 città di 36 Paesi dei cinque continenti. In realtà le norme non sono neppure nazionali, ma cambiano da città a città. Per Travis Kalanick, il 37enne fondatore californiano di Uber, è stato più facile avviare l’attività a Riad e Gedda in Arabia Saudita che a Miami e Portland negli Usa dove il servizio è proibito. In California, dove tutto è iniziato, è permesso il ride sharing come UberPop a aspiranti autisti facciano dei corsi di formazione e abbiano la fedina penale pulita. In altre città come Seattle l’app è stata prima autorizzata e poi sospesa. A New York dopo molti scontri Uber ha iniziato a operare, seppur con diverse limitazioni sulle rotte per gli aeroporti e sul pagamento via app. Ma nella Grande Mela i tassisti, dopo le resistenze iniziali, non sono rimasti a guardare e hanno sviluppato una propria app, Taxi Magic, per adeguarsi alla nuova sfida tecnologica.
In Europa la situazione è più complessa. A Londra ci sono stati pesanti scioperi dei tassisti, a Berlino e Bruxelles le categorie sono riuscite ad ottenere un blocco del servizio, suscitando la reazione indignata del commissario Kroes per la chiusura del mercato. A Parigi le proteste sono state simili a quelle italiane, con scioperi, blocchi stradali e in alcuni casi anche in atti violenti. Il governo aveva approvato una legge che impone un’attesa di 15 minuti dalla prenotazione (molto meno dei 90 proposti da Maran) che è però poi stata annullata dal Consiglio di Stato. Ora la app americana opera liberamente e i francesi hanno reagito fondando una propria compagnia, Allocab, che oltre alle berline di lusso fornisce anche motociclette.