Dimitri Buffa, Il Tempo 23/5/2014, 23 maggio 2014
CARCERI, I DATI SEGRETI SBUGIARDANO ORLANDO
Chiedere più tempo al Consiglio d’Europa per evitare una condanna pesantissima da parte della Corte dei diritti dell’uomo. La «mission» più o meno «impossible» del ministro Andrea Orlando di ieri a Strasburgo è stata questa. Ma nonostante le rassicuranti dichiarazioni del membro italiano di detto Consiglio, il segretario generale Gabriella Battaini Dragone, che si dichiara possibilista su un ulteriore rinvio, il Guardasigilli del governo Renzi non troverà un tappeto rosso ad accoglierlo. Perché nel frattempo sempre ieri i radicali, a firma di Rita Bernardini Laura Arconti e l’avvocato Debora Cianfanelli, hanno depositato un dossier di 54 pagine per contestare tutti i dati sin qui forniti da via Arenula su un presunto alleggerimento del sovraffollamento dei nostri 205 penitenziari italiani. E intanto sempre da Strasburgo fanno sapere che sino a oggi sono 6829 le cause che sono state già incardinate su istanza di altrettanti detenuti delle nostre patrie galere. E tutte potrebbero finire come quella di Torregiani che nel gennaio 2013 è stato risarcito con circa 11 mila euro insieme ad altre sei persone.
Il ministro ieri in un’intervista al quotidiano dei vescovi «Avvenire» sostiene che adesso i «numeri» sono in regola, sia nei tre metri quadrati a detenuto, sia nella capienza totale. Questo per i radicali invece non sarebbe affatto vero: non sarebbero 48.309 i posti disponibili ma a malapena 40 mila. Quando il 2 aprile il ministro comunicò la «sua» cifra a Strasburgo lo stesso Dap lo smentiva in un comunicato parlando di poco più di 43 mila posti disponibili per circa 60 mila detenuti. In realtà secondo la Bernardini anche alla cifra di 43mila 389 posti disponibili andrebbero sottratti quelli delle carceri sarde, 1800, che sono semivuote e inutilizzate (oltre 800 posti liberi) e quelli dei manicomi giudiziari: altri circa mille posti. Inoltre ci sono centinaia di celle non riscaldate, manca l’assistenza sanitaria in quasi tutte le carceri italiane, i detenuti si suicidano a cifre di 100 l’anno e nessuno li aiuta psicologicamente.
I magistrati di sorveglianza non visitano mai le celle e anche le guardie penitenziarie si tolgono la vita, circa duecento negli ultimi dieci anni. Nella maggior parte dei penitenziari il bagno e la cucina stanno nello stesso locale, non esiste un minimo di privacy, le ore d’aria sono due o tre al giorno e la rieducazione prevista dall’articolo 27 della Costituzione è solo dottrina. Sembra quasi che Orlando voglia risolvere il tutto trovando la sponda dell’euroburocrazia. Credendo di potersela cavare citando i provvedimenti quali lo «svuota carceri», la messa alla prova e le altre misure tampone approvate dal 2010 a oggi. Che secondo i radicali non avrebbero fatto defluire più di sei o settemila detenuti in quattro anni. Non certo i 20 mila e passa che servirebbe. E che solo un provvedimento di amnistia e indulto (così come auspicato anche dal Capo dello stato nel messaggio alle camere dell’8 ottobre scorso) può fare uscire. Insomma una guerra di dati e di numeri, con evidenti gaffe ministeriali, quasi che le persone in carcere, il 40 per cento delle quali è ancora in attesa di un giudizio definitivo (e di esse circa il 40 per cento alla fine dei tre gradi di giudizio risulterà innocente), siano cose.
A ventisei anni dalla morte di Enzo Tortora la situazione carceraria in Italia è ancora all’anno zero.