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 2014  maggio 23 Venerdì calendario

MI SENTO ANCORA UNO ZERO


Guarda, sinceramente ho la percezione di aver saturato la gente. Se fossi nel mio pubblico potrei benissimo esclamare “Oh che palle ‘sto Zerocalcare”, per cui sto cercando di fare le cose con il contagocce. Adesso “sono andato in Ramadan”, aggiorno meno il blog, non sto più accettando presentazioni, tranne l’ultima del Salone di Torino, non mi muovo più da Roma e la cosa mi ha riportato serenità, sarà poi che io vivo sempre con la sensazione che tutto è al crepuscolo... vediamo come va questo libro quando uscirà...». Di tutte le creature che ha inventato per accompagnare le sue avventure, ne manca ancora una alla matita di Zerocalcare: il successo. Forse perché lo vive male, come candidamente ammette lui stesso, anche se è convinto in cuor suo che pian piano si stia diradando. Ma come si fa a crederci, se proprio ora l’amico Valerio Mastandrea ha deciso di fare un film dal tuo primo libro di storie, “La profezia dell’Armadillo”?
Bisogna partire dalla fine per comprendere la fenomenologia di Michele Rech, enfant prodige del fumetto italiano passato da zero a Zerocalcare nell’arco di un paio di anni grazie a un’inventiva senza limiti, con la quale è capace di raccontare vicende personali e aneddoti quotidiani in cui si rispecchiano tutti i “millennials” italiani. Una nottata in compagnia di un amico che russa e impedisce di dormire, il rimandare ad libitum il pagamento delle bollette, ma anche i sentimenti che si affastellano dopo la scomparsa di un’amica cara parlano a una generazione che va dai 20 ai 35 anni molto più delle pagine di tanti scrittori blasonati. Anche perché è più facile imbattersi in un coetaneo che le condivide su Facebook prendendole dal blog di Zerocalcare (www.zerocalcare.it) anziché decidere di acquistare un libro con malcelate pretese da bestseller, ma caldamente consigliato dalle classifiche.
Non fosse sufficiente l’imminente film, a confermare il coronamento di una presa di successo sul pubblico sono i numeri. «Ho smesso di guardare le statistiche del sito più di un anno fa perché mi mettevano ansia», rivela Zerocalcare, che ha scelto il soprannome ascoltando uno spot. «Ma so con certezza che tre mesi fa la storia dei genitori che non sanno usare internet era già arrivata a 80mila condivisioni».
Il primo libro del fumettista romano, “La Profezia dell’Armadillo” ha venduto quasi 50mila copie ed è arrivato alla sua nona ristampa; il secondo, “Un polpo alla gola”, è arrivato a circa 40mila copie così come “Ogni maledetto lunedì su due”. “Dodici”, l’ultimo volume pubblicato l’anno scorso, è salito a 45 mila copie e all’uscita è entrato immediatamente nella top ten generale libri al settimo posto. Per rendere ancor meglio l’idea, il 17 ottobre scorso la presentazione di “Dodici” alla fumetteria Alastor di Milano si è conclusa alle 3 di notte, con la gente che ha aspettato pazientemente il proprio turno pur di portarsi a casa la dedica di “Calcare”.
A pubblicare i libri è la Bao Publishing di Michele Foschini e Caterina Marietti (lei è la figlia di Pietro, il fondatore delle edizioni Piemme). Sono loro che hanno creduto coraggiosamente in Zerocalcare dopo che Marco “Makkox” Dambrosio, disegnatore per “il Post” e autore del “Gazebo” di Raitre, gli ha prodotto a sue spese il primo libro “La profezia dell’Armadillo”. «Considero Makkox la mia badante. Le storie dell’Armadillo erano un po’ che giravano, tra gli editori, a Lucca Comics, nessuno le aveva prese sl serio e lui invece se ne innamorò, le mise dentro la sua rivista “Canemucco”, poi mi spinse a fare il libro e ad aprire il blog: cioè in realtà lo aprì lui, ed era sempre lui a pubblicare le storie, mentre io nicchiavo. Gli sarò sempre grato». Adesso al suo mentore fa compagnia sulle pagine di “Internazionale”, oltre a disegnare pure per “Wired”. Prima dei libri e della notorietà erano venute però le collaborazioni con “Liberazione”, “Carta”, “XL” della “Repubblica”. Intanto non è mai venuto meno quella con il mondo dell’underground romano, fatta di copertine per gruppi punk e di fanzine e manifesti per centri sociali come il Forte Prenestino. E di prese di posizione, come quella a favore degli attivisti NoTav accusati di terrorismo (vedi servizio a pag. 28), disegnata con una storia che prende in prestito l’”Altroverso” del telefilm “Fringe”.
D’altronde è proprio con il G8 che il disegnatore ha fatto il suo esordio nel mondo delle nuvole parlanti. «Quando ero ragazzino leggevo di tutto, fumetti Disney, Cattivik, manga, l’ispirazione me l’hanno data però per il tratto “Tank Girl” di Jamie Howlett (disegnatore dei Gorillaz, ndr), “La mia vita disegnata male” di Gipi e “Lo scontro quotidiano” di Manu Larcenet per le storie di vita quotidiana e minimale», spiega. «Poi a 17 anni ho sentito che c’era un accanimento nei confronti di chi era stato a Genova, così mi è venuta la spinta a fare un fumetto che raccontasse la mia esperienza al G8. È nata “La nostra storia alla sbarra”, che fu venduto per raccogliere fondi per aiutare l’iter processuale di 25 persone accusate di devastazione e saccheggi». Perché Zerocalcare ha dalla sua una forte coerenza. «I motivi per cui ho rifiutato tutte le collaborazioni con i quotidiani è che anche quello più vicino alle mie idee può sempre contenere un editoriale che chiede lo sgombero dei centri sociali e per me sarebbe difficile giustificare questa compresenza». Ecco perché il successo è una bestia difficile da domare per il fumettista. «L’ho vissuto male e lo vivo male, porta fuori contraddizioni che sono di difficilissima gestione. Io vengo da un mondo in cui il rapporto con i giornalisti è complesso se non conflittuale, e quindi se il giorno in cui esce la mia intervista nella stessa pagina chiedono la galera per i miei amici, per me è un problema. Cerco di mantenere un equilibrio tra le cose che per me sono importanti». Ed ecco perché “Calcare” ha diffidato tutti i partiti politici dall’usare il suo personaggio e le sue storie per fare propaganda politica, come avevano fatto Sel a Roma e gli universitari del Pd.
È stato dunque spontaneo per due puri come lui e Mastandrea incontrarsi, anche in virtù della fede calcistica giallorossa. Non sono poi mancate le serate per Radio Onda Rossa con Elio Germano, gli attestati di stima di Licia Troisi e di Diego Bianchi, in arte Zoro, con cui ha condiviso l’aggiornamento dell’account Facebook romanista “Kansas City 1927”. Il prossimo progetto, in uscita a ottobre sempre per Bao, nasce da un’esigenza emotiva, come per l’Armadillo. Lì c’era il suicidio di un’amica, qui le sorti della famiglia di Zerocalcare, nato per caso ad Arezzo, residente a Rebibbia (il suo “locus amoenus”) e francese per parte di madre. «Ho scoperto cose nuove sulla mia famiglia, anche rocambolesche, per cui ci sarà una parte vera e una romanzata, che riguarderanno mia nonna, mia madre e me». Alla base sempre una fantasia sconfinata che attinge all’immaginario pop sedimentatosi dalla metà degli anni 80 in poi e che gli permette di far uscire dal suo tratto un bestiario borgesiano e al tempo stesso postmoderno. L’ispirazione, rivela, gli viene in ogni momento, dalla coda per la spesa a quella al semaforo, e le storie sono quelle che racconta a cena: vecchi compagni di scuola che rovinano i finali dei telefilm, il precariato che sta facendo naufragare due generazioni, la reperibilità perenne a cui ci costringono gli smartphone. Tutto condito da citazioni erudite e personaggi che incarnano la coscienza, come nel caso dell’Armadillo del titolo, o altri stati d’animo. «Le serie tv mi accompagnano, per me Kenshiro è più reale di Obama e visto che sono l’unico personaggio delle mie storie, quelle emozioni che andrebbero raccontate con le didascalie diventano altri personaggi». Così se da una parte ci minaccia l’invidia di Shakespeare, raffigurata come un mostro dagli occhi verdi, oggi grazie a “Calcare” ci sentiamo protetti dalla corazza di un Armadillo e da una mamma che sembra la Lady Cocca del “Robin Hood” Disney.