Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 22 Giovedì calendario

BIAGI, FU UN OMICIDIO PER OMISSIONE


«Sì è vero, l’ho detto ai magistrati un anno fa e lo ribadisco oggi: a casa custodivo tanti documenti sul caso Biagi. Comprese alcune lettere inviate all’allora ministro Scajola che sollecitavano la scorta al professore. E su una c’è il visto di Scajola». A parlare è Luciano Zocchi, ex segretario particolare dell’ex ministro dell’ Interno che 12 anni fa negò di essere a conoscenza del pericolo in cui viveva il giuslavorista, poi ucciso dalle Nuove Br.
Le affermazioni di Zocchi - il quale peraltro rivela di aver parlato della scorta negata a Biagi anche al cardinal Tarcisio Bertone - pesano come pietre e mettono sicuramente in difficoltà Scajola.
Soprattutto alla luce del nuovo reato ipotizzato dalla procura di Bologna per la morte del professor Marco Biagi: omicidio per omissione. Un’accusa gravissima. Come dire che l’attentato delle Nuove Br è stato commesso perché qualcuno non ha vigilato, «ha omesso» cioè di intervenire come avrebbe dovuto. Al momento non ci sono iscritti nel registro degli indagati, ma la procura bolognese punta il dito contro chi avrebbe potuto aiutare Biagi e non lo ha fatto. La posizione dell’ex ministro dell’Interno, insomma, si fa sempre più delicata.
Determinante è proprio il suo «visto» sulla richiesta di aiuto di un politico. Da ambienti vicini alla famiglia Biagi si apprende che quella lettera sarebbe stata scritta da Franco Frattini, all’epoca dei fatti ministro della Funzione pubblica con delega ai servizi segreti.
Non solo, dopo le dimissioni di Scajola - in seguito all’oltraggiosa definizione di Marco Biagi come «un rompicoglioni che mirava solo ad avere una nuova consulenza» - il successore titolare dell’Interno Giuseppe Pisanu ricevette diverse sollecitazioni di scorte da giuslavoristi che temevano per la propria vita.
Il documento vistato è stato re recuperato dalla Guardia di Finanza nell’archivio di Zocchi, nell’ambito di un’inchiesta nella capitale sull’eredità dei Salesiani. Le nuove indagini della Procura di Bologna sono condotte dallo stesso pm, Antonello Gustapane, che nel 2003 aveva chiesto l’archiviazione per i quattro funzionari indagati per cooperazione colposa in omicidio. Zocchi non si nega neanche ai cronisti: «Mi sento come uno con le manette ai polsi che prende legnate da tutte le parti». E giura e spergiura di «aver agito sempre per dimostrare la mia perfetta buona fede». Lancia anche dei messaggi più o meno sotterranei: «Quando l’inchiesta sarà chiusa, i dettagli metteranno a fuoco quel che oggi non si capisce». Zocchi continua inoltre a sostenere di non aver mai voluto nascondere le carte, come affermò un anno fa ai magistrati. «Le carte importanti - dichiarò a verbale - non le ho mai nascoste. Io conosco suore e preti, conventi e monasteri. Se volevo celare, nascondere alla giustizia o a chissà chi certe cose, avevo anche modo di nasconderle. Io invece me le sono sempre tenute strette con me».
E poi, colpo di scena, c’è il capitolo cardinal Bertone. Ai magistrati romani l’ex segretario di Scajola raccontò di conoscere Bertone da tempo. «Ho studiato dai salesiani e lui era rettore». Spiega che in passato l’allora segretario di Stato vaticano lo aveva anche aiutato per altre vicende. In particolare, a proposito della vicenda Biagi raccontò dei suggerimenti di Bertone: «Delle cose di cui parlavamo prima mi ha detto “lascia stare, non metterti nei guai”, chiuso, basta. E mi ha detto così, amen stop».
E ora aggiunge che il cardinale in quella stessa occasione gli chiese «come mai fosse finito il mio rapporto con Scajola. Io spiegai che fu per quella vicenda lì, dissi cose molte sommarie e lui mi rispose di agire comunque secondo coscienza. Gli parlai come fosse un padre spirituale». Intanto il senatore Ncd Nico D’Ascola rinuncia alla difesa di Claudio Scajola per la polemica, «falsa e strumentale», sul presunto conflitto di interessi tra essere il difensore dell’ex ministro e, contestualmente, il relatore del ddl sui reati dei pubblici ufficiali contro la Pa e le false comunicazioni sociali.

Grazia Longo, La Stampa 22/5/2014