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 2014  maggio 22 Giovedì calendario

“IL SINDACO È RAZZISTA” LA CITTÀ SI RIBELLA ALLE MENSE DI SERIE B


POMEZIA.
Fosse soltanto per quei quaranta centesimi. «La verità è che i nostri figli mangiano roba schifosa, la pasta è una colla, la carne una suola da scarpe, i piatti arrivano freddi, scotti, insipidi. E adesso il sindaco grillino vuole pure dividere i bambini tra i “ricchi” che avranno il dolce e i “poveri” che resteranno a guardare. Questo è razzismo. L’abbiamo votato in tanti, ma adesso una cosa è certa: ci ha deluso, deve dimettersi ». Angelo, due figli alla scuola elementare Trilussa di Pomezia, «un papà molto inc... «, non ha dubbi: «Qui un sacco di gente ha perso il lavoro, c’è chi non sa più come mangiare, ma i bambini in classe devono essere tutti uguali, non permetteremo che vengano discriminati per una fetta di torta ».
Pomezia, agro pontino, cinquantamila abitanti, una distesa di fabbriche e capannoni in disfacimento, altissimo tasso di immigrazione e disoccupazione. La “guerra delle merendine”, caduta come un macigno sulla vigilia elettorale del Movimento Cinque Stelle, alluvionato da una pioggia di critiche da destra e da sinistra, parte da questo comune impoverito e guidato da un anno da un sindaco pentastellato, Fabio Fucci, 35 anni, un passato da programmatore software, una semi-laurea nel cassetto, eletto con oltre il 63% dei voti. La sua giunta ha deciso che dal prossimo anno nelle scuole materne ed elementari saranno presenti due menù: uno con il dolce, al costo di 4 euro e 40 centesimi, e un altro, senza dessert, da 4 euro. Insomma, chi vuole la crostatina pagherà un extra. «È veramente una scelta razzista», commenta Elisa, mamma giovane e bionda davanti all’entrata dell’asilo. «Ho votato i Cinquestelle, ci credevo, ma sono delusa. Che senso ha dare il dolce ad alcuni e ad altri no? Di certo impediremo che nelle nostre classi qualcuno resti senza, magari lo elimineremo per tutti, oppure lo pagheremo noi. Ma non è così che si comporta un sindaco». E Barbara, tre figli dai cinque ai dieci anni, incalza: «Vogliono risparmiare sulla pelle dei nostri bambini, già ci tassiamo per tutto, la carta igienica, il sapone, i materiali, paghiamo duecento euro al mese la mensa per del cibo immangiabile. Cosa altro vogliono da noi?».
Parole dure, pietre, macigni. A cui si aggiungono le critiche politiche bipartisan. Zingaretti: «Immorale negare il dolce ai piccoli meno abbienti». Fassino: «Introdurre la selezione del dolce è ridicolo e umiliante per i bambini». Meloni: «Le follie dei Cinquestelle diventano azioni amministrative». Tajani: «Il Movimento 5Stelle fa cassa sulla pelle dei bimbi». Arriva anche la censura del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che aveva difeso in nome dell’autonomia scolastica, la scelta del sindaco Fucci. «È un provvedimento iniquo. Da mamma, da insegnante e da ministro, dico che a scuola non ci deve essere una prima classe e una classe turistica».
Chiuso per tutto il giorno in Comune il giovane sindaco Fabio Fucci si difende. E denuncia dietro la “guerra delle merendine” «un complotto politico ordito dal Pd alla vigilia delle elezioni europee». Afferma anzi che il «bando comunale con i due menù era stato approvato nel dicembre scorso all’unanimità, e comunque il Comune aiuterà le famiglie che non possono pagare il dolce ai propri bambini». Insomma, sembra di capire ora, non ci sarà nessuna discriminazione tra ricchi e poveri, perché per i meno abbienti ci penserà l’amministrazione comunale a versare i 40 centesimi extra a pasto. Speriamo. Perché è di centesimi, yogurt e crostatine in busta che stiamo parlando. Di una battaglia cioè sul filo dell’indigenza. E basta camminare per le strade di questa cittadina che tra gli anni Settanta e Ottanta, grazie alla cassa del Mezzogiorno, era diventata una sorta di polo tecnologico industriale, per capire quanto la parola “ricchezza” sia del tutto fuori posto. Strade sconnesse, muri scrostati, case popolari fatiscenti. «Oggi noi siamo una famiglia monoreddito, e l’unica a guadagnare è mia moglie», racconta Gianfranco, ex quadro di una delle industrie farmaceutiche oggi in dismissione e padre di due ragazzi di 12 e 14 anni. «Pomezia è in caduta libera. Fino a dieci anni fa c’era ancora un benessere medio, la città era curata, le scuole funzionavano. Adesso metà dei commercianti è nelle mani degli usurai, è tutto incolto, abbandonato, gli edifici scolastici sono prefabbricati che cadono a pezzi, d’inverno si gela, d’estate si fa la sauna. C’era una grande attesa per i Cinquestelle qui. Finalmente il rinnovamento, ho pensato anch’io. Invece è tutto uguale. Anzi peggio. Come questa tristissima storia del dolce per i bambini di serie A ma non per quelli di serie B, cioè i più poveri. Che delusione».

Maria Novella De Luca, la Repubblica 22/5/2014