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 2014  maggio 22 Giovedì calendario

ROUBINI AVVERTE “SE AVANZA IL M5S TREMA TUTTO L’EURO E I TASSI SALIRANNO”

[Intervista a Nouriel Roubini] –

ROMA.
«Pensate solo questo: la tenuta degli spread, quindi in ultima analisi dell’intera architettura dell’euro, è subordinata all’impegno della Bce di comprare i bond dei paesi in difficoltà se scatta l’emergenza. Ma potrà mai la Banca centrale comprare, direttamente o indirettamente, i titoli emessi da un Paese guidato da un movimento che vuole il referendum sull’euro e considera il Fiscal compact un foglio da stracciare?». Nouriel Roubini da Londra sta seguendo non senza passione il drammatico countdown per il voto di domenica affiancato da Brunello Rosa, l’italiano che guida le attività europee del suo think tank Rge e gli fornisce momento per momento i dati sull’avanzata apparentemente inarrestabile di Beppe Grillo. «Se il M5s risulterà il primo partito il governo Renzi sarà a fortissimo rischio. Altrettanto se Grillo arriverà secondo a breve distanza, il che mi pare probabile vista la trasmigrazione di voti da Forza Italia».
Non solo il governo: sarà a rischio l’intervento della Bce con il risultato che si potrebbe riaprire un crisi degli spread come quella del 2011?
«Parliamoci chiaro: perché Francoforte dovrebbe gettare una ciambella di salvataggio a un governo che considera le procedure per deficit eccessivo come una barzelletta? È probabile che se Grillo vincerà, lo spread salirà ancora. Il balzo in sei giorni da 150 a 180 con l’aumento dei tassi dei Btp dal 2,9 al 3,2%, non è accaduto a caso: c’è stata è vero la sorpresa negativa del calo del Pil, ci sono stati i peggioramenti di opinione di alcune istituzioni finanziarie sui fattori di rischio italiani e spagnoli, ma c’è soprattutto la crescita di Grillo. Una vittoria del M5s metterebbe in grave difficoltà la tenuta del governo. Non escluderei che Renzi, in situazioni estreme, potrebbe arrivare a dimettersi».
Ma come giudica l’operato in economia del governo?
«Sono positive le misura di sgravio fiscale sia alle imprese che alle famiglie. Per essere precisi, gli 80 euro sono una misura anticiclica necessaria ma era meglio un’ulteriore riduzione del carico tributario sulle aziende. Gli 80 euro incidono sul salario netto e non rappresentano un taglio del cuneo fiscale. La riforma del mercato del lavoro è agli inizi e aspettiamo di vedere il Jobs act. Di cruciale importanza è la lotta alla corruzione che in questa fase sembra ancora in fase embrionale».
Perché secondo lei c’è tanto malcontento?
«Perché il processo di deindustrializzazione non si è arrestato, come prova il Pil negativo. Le fabbriche chiudono, non è che producono meno. Questo fenomeno ha bisogno di interventi strutturali di lungo periodo. Serve tempo per implementarli: invece da un lato c’è Renzi che proclama una riforma al mese, dall’altro c’è un Paese che sembra voler solo cambiare continuamente governo sperando in qualche tocco miracoloso. È qui il vero pericolo. Renzi è partito bene ma gli effetti delle riforme non si possono vedere prima di un paio d’anni. Deve continuare su questa strada. Quello che poteva fare con interventi a breve l’ha fatto».
Il M5s non è l’unico partito “contro” che si avvia ad affermarsi in Europa. Quali sono gli altri casi a rischio?
«Il più clamoroso è la Francia, dove il Fronte nazionale è in testa. Se vince, le misure di austerity e le riforme strutturali annunciate dal governo finiranno sotto pressione. Nel sistema francese, il premier paga per gli errori del presidente: ma se Valls si dimette è difficile trovargli un credibile sostituto nel partito socialista. In Grecia, Syriza è avanti nei sondaggi rafforzata dal movimento paneuropeo di Tsipras, e se vince la forza del governo diminuirà: non è detto che Samaras si dimetta ma si potrà andare incontro a nuova instabilità. E in Gran Bretagna, il Labour e l’Ukip, il partito ultraconservatore che propugna la revoca di Maastricht, si battono per il primo posto. Cameron sarà terzo e pur se non dovrà dimettersi sarà un pessimo segnale in vista del referendum scozzese di settembre e delle elezioni del 2015».

Eugenio Occorsio, la Repubblica 22/5/2014