Silvia Bencivelli, la Repubblica 21/5/2014, 21 maggio 2014
IL BIG BANG IN LABORATORIO “COSÌ LA LUCE DIVENTA MATERIA”
Prendere luce, sottoforma di fotoni ad altissima energia. Sbatterla in un apparecchio cilindrico foderato d’oro. Prelevare la materia fresca fatta di elettroni e positroni che ne schizzano fuori. Ecco la ricetta per replicare il Big Bang tra le quattro mura di un laboratorio. È stata scritta da un gruppo di ricercatori inglesi dell’Imperial College di Londra con i colleghi tedeschi del Max Planck Institut di Heidelberg che, ottant’anni dopo le prime idee teoriche sulla possibilità di convertire luce in materia, sono finalmente riusciti a disegnare un esperimento capace di farlo davvero.
Si tratterebbe del primo esperimento in grado di replicare uno dei processi fondamentali avvenuti al momento della nascita dell’universo. In particolare quei primi cento secondi di quattordici miliardi di anni fa quando la pura energia della luce si è potuta trasformare liberamente in materia primordiale. Questa, successivamente, ha dato vita alla materia che oggi forma le stelle, i pianeti, noi che ci abitiamo sopra e tutto quello che esiste. Adesso, dicono gli scienziati, abbiamo la tecnologia adatta e la ricetta da seguire. Il tempo necessario per preparare l’esperimento sarebbe minimo: solo dodici mesi. E la sfida a chi lo realizzerà per primo è già aperta.
L’idea di produrre materia dalla luce risale alla metà degli anni Trenta, quando due fisici americani di nome Gregory Breit e John Wheeler presero l’equazione più famosa del loro collega Albert Einstein e scrissero che un giorno, basandosi su quella, sarebbe stato possibile trasformare la luce in materia. Formulata nel 1905, l’equazione di Einstein afferma infatti che l’energia e la massa sono strettamente legate tra loro. A tenerle insieme c’è una costante, un numero fisso che non cambia mai, cioè il quadrato della velocità della luce. Breit e Wheeler immaginarono una dimostrazione dell’equazione di Einstein che partisse dall’energia di due fotoni (il “pacchetto minimo di energia” della luce) e che producesse un elettrone e il suo equivalente con carica positiva, cioè il positrone. Siccome gli elettroni sono in tutti gli atomi, e gli atomi sono le componenti fondamentali di ogni cosa, ecco che producendo elettroni avremmo creato materia.
Ma i due fisici americani, negli anni Trenta, non avevano la tecnologia per realizzare l’esperimento. E nemmeno potevano immaginare che un giorno questa sarebbe stata disponibile. Così scrissero anche che «l’osservazione della produzione di materia in un esperimento di laboratorio è del tutto senza speranza».
Adesso il gruppo di ricercatori inglesi e tedeschi sostiene invece, dalle pagine della rivista scientifica Nature Photonics , che finalmente ci siamo. Grazie a nuove sofisticate tecnologie, come i laser ad alta energia, dicono che l’idea di Breit e Wheeler può diventare realtà. Si tratta di sparare elettroni contro una lastra d’oro per creare fotoni un miliardo di volte più energetici di quelli della luce visibile. E poi, in una seconda fase, di farli entrare in una lattina dorata mantenuta ad altissima temperatura dove il fortissimo riscaldamento ha prodotto altri fotoni. La collisione tra i due tipi di fotoni produrrebbe la materia che cerchiamo. Non solo. Se qualcuno allestisse un simile apparecchio per le collisioni fotone — fotone, ha spiegato il primo firmatario dell’articolo Oliver Pike, «avremmo uno strumento molto pulito per studiare tutta la fisica fondamentale ». Cioè uno strumento in cui «entra luce, esce materia ». In un certo senso, un vero nuovo Big Bang.
Silvia Bencivelli, la Repubblica 21/5/2014