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 2014  maggio 22 Giovedì calendario

Si riapre l’inchiesta sulla revoca della scorta a Marco Biagi • Si torna a parlare di spread • Il ministro Guidi è il più ricco del governo • La Russia firma un accordo con la Cina per la fornitura di gas siberiano • Il professore della Bocconi che ha truffato Nomura e JP Morgan • Guai per i treni francesi Biagi Si riapre l’inchiesta sulla revoca della scorta a Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo 2002

Si riapre l’inchiesta sulla revoca della scorta a Marco Biagi • Si torna a parlare di spread • Il ministro Guidi è il più ricco del governo • La Russia firma un accordo con la Cina per la fornitura di gas siberiano • Il professore della Bocconi che ha truffato Nomura e JP Morgan • Guai per i treni francesi Biagi Si riapre l’inchiesta sulla revoca della scorta a Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo 2002. L’ipotesi di reato, formulata per ora contro ignoti, è di omicidio per omissione. Uno degli elementi che ha spinto la Procura bolognese a riaprire l’indagine è stato il ritrovamento, nell’archivio affidato da Scajola al suo ex segretario Luciano Zocchi, di due lettere inviate all’ex ministro nelle quali lo si informava dei pericoli che correva il giuslavorista. Sulle missive, che precedono di quattro giorni l’omicidio, comparirebbe il visto di Scajola, che ha invece sempre sostenuto di non essere al corrente all’epoca dei rischi ai quali era esposto il professore. Fu la moglie dell’allora sottosegretario Sacconi, Enrica Giorgetti, a segnalare a Zocchi i rischi che correva Biagi, ma il segretario di Scajola, forse per conferire maggiore autorevolezza all’informativa, scrisse nel documento destinato al ministro che la fonte era il sottosegretario Sacconi. Già poche ore dopo l’assassinio da parte di un commando delle Br (4 dei 5 killer sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva nel 2007, l’altro a 21 anni), una delle domande irrisolte era perché nel 2001 gli fosse stata revocata la scorta concessa nel 2000 nonostante il docente avesse denunciato telefonate di minaccia, arrivando a inviare 5 accorate mail di aiuto all’amico Pier Ferdinando Casini (allora presidente della Camera), a Maroni, al sottosegretario Sacconi, al prefetto di Bologna Iovino e al direttore di Confindustria Parisi. Spread Le tensioni della campagna elettorale per le prossime elezioni del Parlamento europeo contagiano anche i titoli di Stato e lo spread tra i Btp decennali con gli analoghi Bund tedeschi vola a 200 punti, con un rendimento del 3,35%. Tuttavia a fine giornata il differenziale torna a 178 punti e il rendimento al 3,21%. Ciò in parte grazie all’insuccesso dell’asta dei titoli tedeschi, andata parzialmente scoperta: a fronte di un’offerta di 5 miliardi di euro di Bund, il governo di Berlino ha ricevuto domanda solo per 4,23 miliardi. Equilibrio Commentando gli andamenti dello spread in risposta alla campgna elettorale italiana, Polito scrive sul CdS: «Non si tratta tanto del fatto che l’Italia può mandare la più numerosa pattuglia di parlamentari antieuro a Bruxelles: questa si chiama democrazia, se gli italiani sono diventati in pochi mesi i più euroscettici del Continente è nel loro diritto usare la scheda elettorale per farlo sapere, e del resto in forme e numeri più o meno analoghi accadrà anche in Francia o in Gran Bretagna (non in Germania). Se l’Europa esiste, sarà in grado di sopravvivere a un voto. Quello che invece è anormale, perché non accade altrove, è che un tale risultato può far saltare l’intero fragilissimo equilibrio su cui si reggono come acrobati governo e Parlamento, togliendo valore e credibilità a tutti i nostri impegni, rendendoci di nuovo debitori inaffidabili. Questa situazione è colpa di Grillo, che appicca incendi per prendere voti senza l’onere di proporre soluzioni. Ma è colpa anche di chi doveva fronteggiarlo e invece l’ha inseguito, nella speranza di contendergli quei voti. Da un’opposizione seria come quella che dice di incarnare Berlusconi, e da un governo responsabile come quello che Renzi vuole rappresentare, ci si doveva aspettare un’agenda diversa, e precisamente l’indicazione di ciò che l’Italia farà e sarà in Europa dopo il voto, qualche idea su come condividere la moneta con i tedeschi senza ridursi come i greci. Invece l’agenda l’ha fatta Grillo, da Dudù a Francantonio Genovese. Il resto d’Europa ha visto, e ha preso nota». Redditi Pubblicati i dati reddituali dei ministri e del presidente del Consiglio: il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi dichiara nel 2013 il maggior reddito imponibile, pari a 298.703 euro. Il capo del governo, dichiarando un reddito di 145.272 euro (quello del predecessore Enrico Letta era stato nel 2012, 123.893), la metà di Guidi, si piazza al quinto posto di questa classifica, mentre all’ultimo si trova il ministro dei Rapporti con il Parlamento e delle Riforme, Maria Elena Boschi, con 76.259 euro. Renzi, che da premier percepisce circa 115mila euro lordi, ha anche pubblicato i dati relativi alla moglie Agnese che nel 2013 ha dichiarato, per un incarico a tempo determinato, 8.162 euro. Il capo del governo risulta percepire nel 2012 un reddito di circa 90mila euro dalla carica di sindaco di Firenze mentre il resto, deriva da «proventi di opere d’ingegno», probabilmente i diritti sui sette libri pubblicati. Dopo la Guidi e prima di Renzi si piazzano il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi (282.499 euro), il collega dei Beni culturali, Dario Franceschini (200.861), e quello del Lavoro, Giuliano Poletti (192.623). Al quarto posto nella classifica dei redditi si trova il titolare del Lavoro, Giuliano Poletti, che nel sito precisa che il suo attuale stipendio da ministro è pari a 65.883 euro annui netti. Anche lui si è dimesso da ogni incarico nel mondo delle cooperative, curiosa la notazione sui mezzi, tra cui c’è un camper e una vecchia roulotte. Tra le dichiarazioni dei redditi manca quella del titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che, in quanto residente all’estero non ha obbligo di 730. Padoan pubblica i dati della moglie e dichiara di aver percepito dall’Ocse una retribuzione annua di 216mila euro, mentre quella da ministro, sempre lorda, è di 114.769 euro. Il ministro degli Affari regionali Maria Rosaria Anzetta dichiara un imponibile di 119.479 euro. Reddito uguale (98.471) dichiarano i ministri Beatrice Lorenzin (Salute), Marianna Madia (Funzione pubblica) e Andrea Orlando (Giustizia), di fonte parlamentare. Gas Russia e Cina ieri hanno firmato l’accordo sulla fornitura di gas siberiano a Pechino: 38 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno a partire dal 2018 e per trent’anni, un affare dal valore complessivo stimato in almeno 400 miliardi di dollari. Non si sa quanto pagherà la Cina: «Segreto commerciale», dicono le parti. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno] Professore Alberto Micalizzi, 45 anni, ex professore alla Bocconi, è stato arrestato insieme ad altre 10 persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Agli investitori aveva proposto un gigantesco bond da 10 miliardi di dollari, garantito, apparentemente, da forniture di petrolio. Un titolo obbligazionario emesso dalla sua società Asseterra, con sede sede in una roulotte parcheggiata a Phoenix, Nevada. La somma truffata, nascosta in banche cipriote, cinesi e russe, si aggira sui 700 milioni di euro (di cui 250 in Italia) e ha colpito istituti finanziari di prim’ordine come la banca giapponese Nomura (100 milioni), il gruppo Natixis (252 milioni), Fiduciaria Orefici o Ubi banca (25 milioni di euro ciascuna), l’Indipendente Global Managers (5) la Sim Gest (3) e, a scendere, la Carige, la Rb Trade srl, la Redi spa. Quando qualcuno chiedeva il rientro dei capitali investiti, il professore si rivolge a dei veri balordi con cui s’inventava finte fideiussioni per garantire i vecchi bond. Si è rivolto alla Banca Agricola Russa riuscendo ad ottenere 20 milioni di euro garantiti da un’obbligazione da 100 milioni di dollari. Poi ne ha ottenuto altri 20 dalla Invest Trade Bank di Mosca, 20 dalla Jp Morgan, 61 dalla Ker Capital di Atlanta, 11 dalla Pirelli, 6 dalla Ubs di Monaco, 30 dalla Snam Rete Gas. Treni In Francia si sono accorti che la compagnia ferroviaria, la SNCF, ha commissionato circa duemila vagoni nuovi troppo larghi per entrare nelle banchine delle stazioni. Occorerranno così 50 milioni di euro per adattare 1.300 piattaforme.