Stefano Lepri, La Stampa 22/5/2014, 22 maggio 2014
MA L’UNIONE NON CAPISCE SE STESSA
La risalita degli spread per fortuna interrottasi ieri ricorda che l’instabilità dei mercati è ancora con noi. L’ondata di vendite di titoli pubblici dei Paesi deboli dell’euro che ha colpito l’Italia più di altri era partita, in origine, dalla Grecia.
In questa vigilia elettorale il caso greco è purtroppo esemplare delle difficoltà che l’Europa ha nel capire sé stessa, e quindi nell’indicare via d’uscita. E’ esemplare nel senso che se ne sentono troppo spesso ripetere interpretazioni insoddisfacenti.
La prima è quella di Alexis Tsipras, il politico greco che l’estrema sinistra candida a guidare la Commissione europea. La Grecia, ripete, è stata «la cavia» di un complessivo progetto neoliberista per ridimensionare lo Stato sociale.
Non è affatto chiaro chi siano oggi in Europa i promotori di un simile progetto tipo Tea Parties americani. In Francia di sicuro nessuno. In Germania l’attuale governo di grande coalizione fa il contrario: pensioni più facili, minimo salariale per tutti.
Fragile è anche l’interpretazione opposta, popolare nel Nord Europa soprattutto a destra: una severa austerità in Grecia era la cura appropriata, anzi urgente, per rimettere in piedi un Paese pigro con uno Stato irresponsabilmente spendaccione.
A quattro anni dalla firma del «memorandum» (l’accordo sorvegliato dalla troika Commissione europea-Bce-Fmi) la Grecia in sostanza ha realizzato quanto richiesto: forte calo del costo del lavoro, bilancio dello Stato in attivo al netto degli interessi sul debito.
Per ora non funziona. La recessione continua, forse ancora per mesi. Solo il turismo va bene, anzi benissimo, con i prezzi scesi; per l’estate qualcuno prospetta addirittura l’affollamento. Le sole nuove imprese che nascono sono ristoranti.
In cifre, la famiglia greca media ha dovuto rinunciare a circa 370 euro al mese a persona, il doppio di quanto è mancato agli italiani. I suicidi sono davvero aumentati (mentre da noi i dati statistici non confermano l’impressione). I prezzi delle case sono caduti del 35%.
Tuttavia la cura alla tedesca in Portogallo i risultati li ottiene. Si può discutere se li abbia dati a costo di sacrifici eccessivi, o se ci fossero alternative migliori, ma li ha dati; le esportazioni salgono, la ripresa è arrivata.
La differenza si può trovare proprio nelle ragioni per cui Sýriza, la composita coalizione di gruppuscoli guidata da Tsipras, probabilmente diventerà domenica il primo partito del Paese. Se, a differenza dei portoghesi, i greci rifiutano chi ha governato fin qui, il problema è interno.
Non è stata la troika a proteggere le spese militari o i privilegi degli armatori. Nell’analisi Ocse, i tagli alle spese sociali hanno danneggiato soprattutto i più poveri, mentre in Portogallo sono stati ripartiti meglio. Il fisco è evaso alla grande perché fino a ieri non esistevano né catasto né anagrafe tributaria.
Eppure, l’Europa avrebbe potuto evitare quattro anni fa che la crisi greca precipitasse. Occorreva riconoscere che le scelte distorte dei politici locali si erano rette tanto a lungo grazie al credito facile fornito dalle banche del resto dell’area euro.
Affrontando per tempo i problemi, gli Usa sono usciti dalla crisi prima e lo Stato ha recuperato per intero le somme immense prestate alle banche. Invece in Germania il costo netto dei salvataggi bancari si aggira sui 60 miliardi di euro; molte volte più di quanto peserà sui contribuenti tedeschi il nuovo intervento a favore della Grecia che occorrerà negoziare dopo il 25 maggio.
Si è costruita l’Unione europea per evitare che governi senza scrupoli aizzassero un popolo contro l’altro, come cent’anni fa. Ma con l’attuale assetto risulta troppo facile aizzare i popoli contro l’Europa lontana per nascondere le malefatte dei poteri nazionali. O dopo il 25 maggio si saprà andare avanti, o ricadremo indietro.
Stefano Lepri