Marianna Venturini, Lettera43 21/5/2014, 21 maggio 2014
FORZA ITALIA, IL FALLIMENTO DI FIORI
È un destino ingrato quello che ha accompagnato i primi mesi di attività politica di Marcello Fiori, il coordinatore dei club Forza Silvio. E dire che a dicembre i dati ufficiali di Forza Italia parlavano di 3 mila punti aperti in un mese e sembrava che tutto volgesse per il meglio.
In realtà a distanza di sei mesi dall’avvio della poderosa campagna territoriale i risultati non sono rosei. Dei 10 mila club che avrebbero dovuto essere costituiti, il contatore si è fermato a poco più di un migliaio.
Solo in Lombardia, i circoli Forza Silvio registrati regolarmente sono 30, un numero davvero basso per una delle regioni che rappresentava un tempo il bacino elettorale di Berlusconi. E non va certo meglio nelle altre zone d’Italia, da Nord a Sud.
Gli organizzatori si difendono dicendo che i numeri non rendono giustizio alla verità. E che i club esistenti sono molto più di un migliaio. Il problema, semmai, è che non tutti sono stati registrati e non hanno il codice fiscale.
Certo è che molti club sono stati utilizzati per misurare il peso elettorale dei capibastone locali e dunque non sono stati dotati di una vera struttura. Ci sono almeno 10 mila aderenti a Fi che hanno interesse a intestarsi un circolo pro forma. Di cui però non intendono curarne né l’organizzazione né l’attività.
«I circoli Forza Silvio sono il più grande fallimento dopo quelli della Libertà lanciati da Michela Vittoria Brambilla», ha detto amaro a Lettera43.it un dirigente azzurro. E c’è anche chi fa notare come l’iniziativa di Simone Furlan, ideatore dell’Esercito di Silvio, abbia avuto più risultati con minori investimenti.
I club erano stati presentati come «l’autoriforma della politica», ma si sono scontrati con la mancanza di attrattiva del progetto. Una bella delusione per l’ex Cav che ci aveva puntato moltissimo tanto da vederli come Base del suo partito. Un obiettivo condiviso da Fiori. «I club devono diventare la radice popolare tra la gente o Forza Italia non ha futuro», era il suo mantra all’inizio dell’avventura. Avventura che si è rivelata una corsa a ostacoli.
E così Fiori è diventato il capro espiatorio tra le mura di San Lorenzo in Lucina. Sempre a lui, secondo i maligni, sarebbe da imputare la latitanza dei rappresentanti di lista chiamati a vigilare durante lo spoglio. Quelli che l’ex premier aveva battezzato non senza enfasi «missionari azzurri».
Non solo. I club e il loro organizzatore non sono riusciti a mettere in piedi una comunicazione elettorale autonoma ed efficace. Affidandosi al Mattinale, la newsletter dello staff di Renato Brunetta. Il pomposo ufficio nazionale club allestito nella sede romana si è limitato a diffondere infografiche e volantini. Non sono certo segnali positivi alla vigilia delle elezioni. E non stupisce che l’atmosfera tra i candidati sia tutt’altro che serena.
Se Forza Italia crollasse, il primo a cadere sarebbe Giovanni Toti capolista nel Nord Ovest. Settantamila mila preferenze, fanno sapere i ben informati, basterebbero per confermarlo ai vertici del partito. Ma l’obiettivo non è così scontato. C’è chi teme che l’ex direttore di Studio Aperto e Tg4 non raggiunga la soglia. «Il punto non è se Toti verrà eletto, ma con quanti voti», sussurra qualcuno.
Tra i tanti grattacapi, almeno l’incognita elettorale non riguarda Fiori. Ma non è escluso che possa diventare un’altra delle sue colpe. E il pretesto per aprire una nuova faida all’interno del partito, con la vecchia guardia e i lealisti pronti a dar battaglia. Soprattutto dopo la promozione di Maria Rosaria Rossi a commissaria straordinaria azzurra. Sotto l’ala del Caimano, si intende.