Maurizio Caverzan, Il Giornale 21/5/2014, 21 maggio 2014
QUELL’INEVITABILE DECLINO DI UN CARDINALE DISINVOLTO
Secondo una vecchia espressione in voga negli ambienti cattolici, la buona stampa è quella che dovrebbe promuovere il messaggio del vangelo e le opere della Chiesa. Nel mondo laico, invece, buona stampa è qualcosa di cui si gode oppure no. Purtroppo per lui, il cardinal Tarcisio Bertone, già arcivescovo di Genova e Segretario di Stato vaticano, è coinvolto nella seconda accezione di buona stampa. E purtroppo per lui, perché non ne gode. Anzi. Da quando il 31 agosto scorso Bergoglio ha accettato le sue dimissioni da numero due della Santa Sede, Bertone ha collezionato un discreto numero di attacchi. Anche prima, per la verità, certe indiscrezioni di suoi coinvolgimenti negli scandali di Vatileaks non ne irradiavano un’immagine di candore assoluto. Allora però era potente e protetto e, sebbene chiacchierato e poco aiutato dal profilo vagamente grifagno, riusciva a mantenersi a galla. Dopo la sostituzione con il cardinale Pietro Parolin, la stella di Bertone appare più cadente che mai. Ieri è stato il quotidiano tedesco Bild Zeitung a rivelare l’esistenza di un’indagine interna in Vaticano sulla distrazione di 15 milioni di euro dello Ior attraverso una «obbligazione convertibile » in favore della Lux Vide, la casa di produzione televisiva presieduta da Ettore Bernabei. Indagine smentita dallo stesso Bertone, in quanto l’operazione è stata approvata dagli organi di competenza dello Ior nel dicembre scorso. Se indagine c’è, «non ha alcuna rilevanza penale», ha concluso l’ex Segretario di Stato. Anche il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha negato«un’indagine di carattere penale della magistratura vaticana». Tuttavia, non è escluso che siano in corso dei controlli. Qualche mese fa papa Bergoglio aveva voluto nominare nuovi vertici nella Commissione cardinalizia di Vigilanza sullo Ior, fino allora presieduta da Bertone. Una scelta automatica dopo l’avvicendamento alla Segreteria di Stato o una destituzione legata ad una gestione troppo disinvolta delle finanze vaticane, dopo le dimissioni di Gotti Tedeschi di cui anche quest’ultima operazione sarebbe un esempio?
A metà aprile, invece, era stata Repubblica a rivelare che Bertone si sarebbe trasferito in un attico di Palazzo San Carlo «di 700 metri quadri »,dov’erano in corso i lavori di ristrutturazione per unire gli appartamenti dell’ex capo della Gendarmeria, Camillo Cibin, e di monsignor Bruno Bertagna. Lavori che, secondo il quotidiano, erano stati notati da Bergoglio, sobrio inquilino di un bilocale nel vicino Convitto Santa Marta. Il quale, davanti al clero riunito in San Pietro per il giovedì santo, aveva espresso il suo forte disappunto parlando di preti «untuosi, sontuosi e presuntuosi», che invece dovrebbero avere «come sorella la povertà». Trascorso qualche giorno, Bertone aveva replicato, ricorrendo alla buona stampa degli ambienti cattolici. Con una lettera ai settimanali diocesani di Vercelli e Genova, sue ex diocesi, aveva accusato la «gogna mediatica», osservando che «è stato messo a confronto lo spazio del “mio” appartamento con la presunta ristrettezza della residenza del Papa». Una replica nella quale Bertone non mancava di svelare «la telefonata affettuosa che ho ricevuto da papa Francesco per dirmi la sua solidarietà e il suo disappunto per gli attacchi rivoltimi». Interpellato sulla vicenda, anche ieri l’ex arcivescovo di Genova ha confermato il trasloco e di sentirsi «molto tranquillo ». Sarà vero di certo. Ma quando si passa da una smentita a una giustificazione, magari chiamando in causa la protezione più altolocata, non dev’essere un bel vivere.