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 2014  maggio 21 Mercoledì calendario

SPILLE, SCULTURE E SEDIE METAFISICHE QUANDO L’ARTE SI USA E S’INDOSSA


O si è un’opera d’arte o la si indossa: Oscar Wilde, in uno dei suoi più celebri aforismi, indicava la via maestra per chi volesse essere arbiter di stile ed eleganza o semplicemente un artista. Una via non facile da imboccare. E comunque anche oggi c’è chi l’opera d’arte la crea e la fa indossare, la fa vivere concretamente, nello spazio personale della casa o nella scelta, ancora più intima e personale, di ciò che indossa, nei gioielli, ad esempio. Lo fa Carlo Spallino Centonze, quando disegna e produce le sue spille-sculture e le sue sedie dipinte che sono certo sedie ma «rimandano ad altro», all’atmosfera sospesa della metafisica di Giorgio De Chirico.
Il prototipo dell’artista moderno è il flaneur tratteggiato da Walter Benjiam, colui che passeggia e va in giro senza una meta precisa e cattura con lo sguardo ogni sorta di oggetto e di immagine, che poi riveste dell’ aura perduta nella ripetitività e nella convulsione della vita quotidiana. Ed ecco che questo flaneur ora l’artista Centonze è arrivato in una galleria d’arte nel cuore della Roma più tipica e conosciuta: qui ha lasciato i suoi oggetti d’arte catturati e reinterpretati. Si entra e ci sente proiettati in una dimensione fantasmagorica: pannelli coloratissimi in cui sono assemblati frammenti di cassette di legno, sui quali spiccano cavalli volanti appena usciti da un quadro di Paolo Uccello. E poi drappi neri su cui grandi spille-sculture si posano come strane farfalle uscite da foreste immaginarie. Oppure infilzate, per un attimo, entro sontuose cornici barocche dorate: gioielli creati con i più diversi materiali, dalla plastica al palissandro, dalle perle alla betulla. Poi appaiono, appese in alto o poste davanti a pendole barocche, le sedie dall’imbottitura un po’ sfilacciata e ridipinte con una gioiosa profusione di colori, caldi, mediterranei. L’illusione si trasforma e sembra di essere capitati dentro una bottega d’artigiano-stregone, contemporanea e rinascimentale insieme. «Mi è sempre piaciuto l’uso inconsueto delle cose e poi penso che un’opera d’arte debba anche essere qualcosa che deve essere usato, appunto. Dipingo le sedie ma penso che ci si debba sedere sopra, creo delle microsculture che poi potranno essere indossate come spille», spiega Carlo Spallino Centonze. Parla circondato dalle sue «creature», esposte nella galleria di Ida Benucci, da oggi fino al 31 maggio, con il titolo Materia femmina. L’artista, da cinque anni romano, è nato a Palermo ed ha studiato e vissuto tra Selinunte, Milano e Vicenza. Designer di gioielli, arredatore, blogger e studioso di grande cucina ben prima della moda dei talent show, ha sempre dipinto.
Dalle installazioni giganti che continua a sperimentare utilizzando vecchie cassette di frutta e forme classiche ispirate alle grandi battaglie di Paolo Uccello, è approdato all’arte che si indossa e che diventa pretesto di arredamento. Tutte queste esperienze confluiscono dentro le sessanta spille e le diciassette sedie scultura, qui riunite, insieme all’installazione «Omaggio a Paolo Uccello»: nel reticolo di legno si stagliano due cavalli che riproducono appunto quelli della battaglia di San Romano. «Mi hanno fatto sempre pensare a cavalli di una giostra», spiega l’artista, «così colorati, quasi astratti e senza tempo, perciò anche contemporanei». Cavalli rinascimentali per una giostra di colori che sanno di sole, di luce intensa, forse di Sicilia... «E’ la mia terra d’origine, rappresenta le mie radici, ma in questi colori non è espresso un senso di nostalgia, di patria perduta. Solo una luce che mi attraversa lo sguardo...». E’ la Wearable Art di Spallino, è stata definita, ossia uno stile contemporaneo con la sapienza antica dell’intaglio e del colore, ha già conquistato signore del jet set internazionale come Marisela Federici, Lady Judith Rose Seymour, duchessa di Somerset, Marina Pignatelli.
Giunge attutito dalla strada il rumore continuo della folla e del traffico, ma dentro la galleria il tempo è rallentato, anzi sospeso. Forse il segreto per vincere le angosce e le difficoltà del nostro tempo sta proprio in questo: tornare alla «bottega», all’artista-artigiano che manipola i materiali e dalle cui mani escono «piccoli capolavori» che possono stare in cornice ma anche uscirne fuori, per essere usati e consumati. «Dovremmo guardare alla nostra tradizione più alta, che affonda le sue radici nel Rinascimento», osserva Carlo Spallino Centonze, «non per imitare o per mancanza di idee, ma per ritrovare una sapienza antica capace di dare vita a forme nuovissime».