Fabio Tonacci, la Repubblica 20/5/2014, 20 maggio 2014
“MI MINACCIANO MA IL MERCATO HA GIÀ SCELTO L’APP È IL FUTURO”
[Intervista a Benedetta Arese Lucini] –
ROMA
La modestia, subito. «Io non sono nessuno, solo un’impiegata di una società che sta cambiando le cose». Ma è una clausola di stile, perché Benedetta ha ben presente la battaglia che sta combattendo, da protagonista. Contro la lobby dei taxi, che da tre giorni blocca Milano. Contro i dubbi del governo e contro quelli dei sindaci. «Uber è una rivoluzione: il mercato della mobilità ormai si è evoluto e tutti se ne devono farsene una ragione, non si può più tornare indietro». Benedetta Arese Lucini, laureata alla Bocconi, 30 anni di cui 10 passati all’estero tra New York, l’Asia e la Silicon Valley, ora è uno dei general manager della startup di San Francisco, il volto italiano di Uber. Titolo che le è valso anche quello di donna più bersagliata dai tassisti. «Magari sono naive — dice — ma credo che ce l’abbiano con me personalmente».
No? Milano è stata tappezzata con manifesti con la sua foto e la scritta “Maledetta go home”...
«Sono azioni di poche persone. Non c’è dietro tutta la comunità dei tassisti».
E però sono mesi che la attaccano, non ha paura?
«Mi insultano sui social network, con epiteti sgradevoli per una donna, e postano offese sulla nostra pagina Facebook, contro di me e gli altri impiegati di Uber (in tutto sono sei, 3 a Roma e 3 a Milano, ndr). Ma sono ottimista, non mi spavento».
Sabato scorso, durante l’incontro pubblico al festival di Wired , Le è stato impedito di parlare. Cosa è successo?
«Mi hanno lanciato due uova appena ho aperto bocca e gli organizzatori mi hanno portato via. Poteva essere un momento di confronto. E invece... Mi preoccupano di più le minacce che da mesi subiscono i nostri autisti, soprattutto di notte».
L’ultima mercoledì scorso, a Milano: un conducente iscritto a Uber è stato aggredito. Come vengono riconosciuti?
«Circolano delle liste con le targhe delle macchine che lavorano con noi. Qualcuno usa la nostra stessa app per individuarli».
Si metta nei panni di un tassista che spende 150mila euro per la licenza e poi si vede fare concorrenza dagli Ncc reclutati con Uber. Non hanno una qualche ragione?
«Non siamo noi il problema, è il mercato che è cambiato. Ormai ci sono tante app per il car sharing, il car pooling, per chiamare i taxi e gli Ncc. A Londra abbiamo contato 20 servizi del genere, che avvicinano il cittadino alla mobilità alternativa a vantaggio del traffico e dell’ambiente. A Chicago la presenza di Uber ha spinto 25mila viaggiatori a non utilizzare più l’auto privata. Ne beneficiano anche i tassisti».
In Italia esiste una normativa che regola il trasporto passeggeri, in base alla quale Uber risulta essere un servizio borderline.
«Sì, ma la legge base è del 1992, quando non esistevano gli smartphone e non c’erano alternative ai taxi».
Vecchia o nuova, è sempre legge. L’ultima innovazione, Uber Pop , permette a chi ha una patente valida di fare l’autista. Pare difficile considerarlo proprio regolare...
«Uber Pop è un servizio di intermediazione per il car pooling, cioè per condividere l’auto privata. Per iscriversi bisogna avere un’auto non più vecchia di 8 anni ed essere incensurati. Chiediamo il certificato penale e facciamo controllare prima le macchine. Cosa c’è di sbagliato?».
I tassisti si lamentano perché i vostri autisti raccolgono i clienti in strada, senza partire da una rimessa.
«La norma che specifica la partenza dal garage è del febbraio del 2008, poi è stata sospesa, la sospensione è stata prorogata di sei mesi in sei mesi e fino a dicembre 2014 questa specifica non vale».
E dopo?
«Vedremo. Considerate che Uber è una realtà presente in 110 città del mondo, anche se opera come una startup».
Alle vostre spalle avete un gigante come Google. Fin dove volete arrivare, alle auto senza conducente?
«Quello è il vero futuro, ma è molto lontano. Per ora siamo alla fase di sperimentazione».
Qualcosa di più fattibile e a breve termine?
«Mah, non saprei... Uber gondole? ».
Fabio Tonacci, la Repubblica 20/5/2014