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 2014  maggio 20 Martedì calendario

IL GENERALE E GLI ISLAMISTI L’ULTIMA GUERRA DI LIBIA


Un generale ribelle, debole e maldestro, senza nessuna reale possibilità di emergere nel caos libico? Oppure il catalizzatore di un fronte libico laico che prende le armi contro le milizie integraliste e contro i Fratelli Musulmani? La Libia è entrata in una nuova fase, quella in cui lo scontro politico potrebbe salire di livello, vedere le varie milizie che da mesi paralizzano il paese combattersi sul campo per una resa dei conti che la politica non è riuscita a gestire.
Ad aprire la nuova fase è stato il generale in pensione Khalifa Haftar, un ex compagno di golpe di Gheddafi, prigioniero in Ciad e poi esule per vent’anni negli Usa. È l’uomo che da venerdì ha lanciato un’operazione militare prima a Bengasi e da domenica a Tripoli. Contro le milizie islamiche e contro il premier designato (non ancora insediato) vicino ai Fratelli musulmani. Ieri il governo dell’altro premier, il laico Al Thinni (dimissionario ma ancora nel suo ufficio), ha proposto di congelare per tre mesi il Parlamento e di andare a nuove elezioni, per verificare se effettivamente i libici vogliono una maggioranza laica oppure vicina agli integralisti.
Dopo l’attacco al Parlamento lanciato domenica dagli uomini di Haftar e della milizia di Zintan, ieri a Tripoli non si è combattuto. Ma in tutto il paese si sono inseguite le dichiarazioni di lealtà a uno o all’altro campo. Una unità di “Forze speciali” di Bengasi e l’aeronautica della Cirenaica, a Tobruk, si sarebbero schierate con Haftar, anche se non è chiaro cosa siano le unità che si fanno chiamare con questi nomi. Le milizie filo-islamiche di Tripoli invece sono state mobilitate dai Fratelli musulmani: sono gli uomini delle katibe di Suk Al Juma e Tajura, due quartieri della capitale che furono per settimane nel mirino dell’esercito di Gheddafi e che dopo la rivoluzione si sono armate pesantemente per difendere la loro popolazione.
Fino a qualche giorno fa Haftar era soltanto l’ufficiale in pensione che in febbraio aveva messo in piedi una specie di golpe da operetta. L’uomo che su Internet aveva annunciato un colpo di Stato in un paese dove – non essendoci lo Stato – il reato praticamente è insussistente. E infatti la punizione per Haftar non arrivò: il colonnello ha continuato a lavorare seguendo i suoi piani, appoggiati dalla parte anti-islamica delle milizie libiche e degli ex militari dell’esercito di Gheddafi. Le voci di Tripoli dicono che da febbraio ad oggi Haftar abbia lavorato per cercare alleanze in Libia ma anche fuori del paese, per soprattutto nell’Egitto dei generali che combattono anche loro i Fratelli musulmani.
Ieri Haftar ha dichiarato che il Parlamento è sciolto e la parte di governo vicina ai laici gli ha dato ragione, suggerendo al Congresso di rimanere “congelato” fino alle prossime elezioni. Il tutto in una città, Tripoli, sempre più insicura, soprattutto per gli altri arabi: dopo Egitto e Tunisia anche Arabia Saudita, Emirati e Algeria chiudono le loro ambasciate, mentre la Farnesina per ora invita gli italiani che possono a lasciare immediatamente il paese, ma l’ambasciatore Giuseppe Buccino e i suoi colleghi rimangono al loro posto.
L’operazione di Haftar è scattata in una situazione politica intricata: la continua altalena politica ha portato la settimana scorsa all’elezione per un voto di un giovane primo ministro di Misurata, Ahmeed Miitig, sostenuto dai Fratelli musulmani. Misurata, la città-martire della Libia anti-Gheddafi, è sempre stata tradizionalmente laica, comm erciante, aperta. Ma per un paradosso della geopolitica interna libica si ritrova schierata con i Fratelli Musulmani che a Tripoli per votare il premier sono riusciti a raggruppare 121 voti, soltanto uno in più dei 120 necessari in un parlamento di 200 deputati. L’elezione di Miitig è stata subito contestata dal premier ad interim Al Thinni, quello a cui una milizia islamica aveva assaltato la casa a colpi di Kalashnikov per indurlo alle dimissioni.
Un passaggio di poteri fra i due non c’è stato, per cui la Libia attualmente dispone di due premier. Con Haftar in queste ore si sono schierati pezzi del disgregato apparato militare, delle nuove milizie. Contro di lui ci sono milizie altrettanto potenti e sostenute: quella di Misurata innanzitutto, ma a Tripoli quelle di Suq al Juma e Tajura. È impossibile capire come evolveranno gli scontri nelle prossime ore. È molto facile invece prevedere che in Libia battaglie e instabilità continueranno ancora a lungo.

Vincenzo Nigro, la Repubblica 20/5/2014