Massimo Gramellini, La Stampa 20/5/2014, 20 maggio 2014
MA IL NOSTRO KOLOSSAL ASPETTA ANCORA IL LIETO FINE
Se a inizio campionato qualche chiromante avvinazzata ci avesse predetto che il Toro avrebbe perso l’Europa all’ultimo minuto dell’ultima partita sbagliando un calcio di rigore con il suo giocatore più forte, le avremmo creduto.
C’è un’epica nelle nostre sconfitte che le rende memorabili almeno quanto le vittorie. Persino prevedibili, nella loro imprevedibilità. Escludendo i lutti veri, con cui pure abbiamo una certa dimestichezza, nella lista dei dieci dolori granata più atroci della mia esistenza quello di domenica sera si colloca (per ora) intorno al settimo posto. Tra lo spareggio perso immeritatamente ai rigori contro il Perugia del sor Gaucci e un lontanissimo pasticciaccio ammirato dal vivo a Varese: da 2 a 0 per noi a 2 a 2, con autorete creativa di Crivelli all’ottantaduesimo minuto. Capisco che possa apparire un episodio banale a chi quest’anno ha visto il Toro farsi rimontare due gol dal Milan nel recupero e lasciarsi raggiungere dalla Lazio al novantacinquesimo in contropiede, ma all’epoca possedevo la scorza sottile dell’infanzia e le pugnalate del destino vi si immergevano ancora con profondità indelebile.
Ammettiamolo senza falsa modestia. Sono capaci tutti di andare in Europa battendo il Parma davanti al proprio pubblico osannante, con un gol e un uomo di vantaggio.
Molto più originale lasciarsi pareggiare su rigore e farsi espellere il capocannoniere del campionato, per poi tentare l’impresa disperata in casa della Fiorentina, andare sotto due volte e due volte tornare su, dare la sensazione di una rimonta inesorabile, ottenere il rigore decisivo e affidarlo al giocatore più emotivo. Siamo alla scena clou del dramma: Alessio Cerci, il campione incompreso che il suo mentore Ventura ha riabilitato e condotto per mano fino alla scaletta dell’aereo per i Mondiali, sta per calciare quello che rischia di essere il suo ultimo pallone con la maglia del Toro. Può entrare nella storia in due modi: segnando il gol che vale l’Europa oppure sbagliandolo. Il regista cinematografico dell’infinito kolossal granata ha un tremito nell’inquadratura: lieto fine oppure no? Gli eroi vincenti non sono simpatici. Per la trama è molto meglio che Cerci spari il rigore sui guantoni del portiere di riserva della Fiorentina. I tifosi, allo stadio o inginocchiati in pose tantriche davanti al televisore, sono colti da una paralisi emotiva, mentre l’eroe si getta sul campo di battaglia e lo inzuppa di lacrime inconsolabili.
E ora? E ora niente. Si va avanti. Con o senza Cerci, che dopo l’errore e le lacrime amiamo ancora di più. Con o senza Immobile, che se restasse un altro anno farebbe la sua e la nostra fortuna. Con un Torino che è tornato Toro, una società moderatamente ambiziosa, un grande allenatore, un gioco riconoscibile, un progetto di futuro e una certezza eterna. Che se ci rialziamo è per cadere, e se cadiamo è per rialzarci.
P.S. Difatti. Mentre rileggo queste righe giunge notizia che il 28 maggio il Parma potrebbe essere escluso per irregolarità fiscali dall’Europa League e venire sostituito, guarda un po’, da noi. Ah, dimenticavo: l’anno scorso una sorte analoga colpì in Spagna il Rayo Vallecano. Gli subentrò il Siviglia che poi ha vinto la Coppa…
Massimo Gramellini, La Stampa 20/5/2014