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 2014  maggio 20 Martedì calendario

I TASSISTI CONTRO UBER. A MILANO COME A LONDRA LA GUERRA DELLA MODERNITÀ


Davanti alla Stazione Cadorna, porta d’ingresso alla città dell’Expo, nemmeno un taxi. I viaggiatori spaesati che da terre assai lontane sono sbarcati a Malpensa con trolley mastodontici s’infilano sbuffando nella metropolitana.
All’uscita della Stazione centrale i taxi sono una cinquantina. Rigorosamente fermi. Picchetti autoproclamati non si sa con quali regole, quali gerarchie e quali strumenti di persuasione, guidano il secondo - e forse non ultimo - giorno di sciopero selvaggio contro il nemico immateriale ma concretissimo che si chiama Uber e dispensano ai passeggeri appiedati indicazioni non proprio da Gps: «Prenda la linea rossa della metro e arriva in San Babila. Da lì sono due minuti a piedi». «Ma la rossa da qui non passa!». «Vabbè, prende la gialla e scende in Duomo, è quasi lo stesso». In piazza della Scala, dove da poco in un centinaio e passa hanno terminato l’assedio a Palazzo Marino e adesso si dirigono verso la Prefettura, l’israeliano Uzi e il figlio tredicenne Ephraim, addosso la maglietta del Maccabi campione, rifiutano di credere che in quella fila di auto bianche e immobili non ce ne sia una che li carichi «Protestano? Ma perché? Non c’è il libero mercato?».
L’ultima battaglia della modernità - o forse contro la modernità - globale non si combatte nelle miniere del Sulcis, ma in pochi chilometri quadrati nel centro di Milano. Prima le uova e i fumogeni lanciati da alcuni tassisti sabato scorso alla festa della rivista Wired, per impedire alla manager di Uber Italia Benedetta Arese Lucini, ribattezzata cortesemente «Benny ’a canaglia», di parlare del suo servizio che con un solo tocco di smartphone consente di trasformare qualsiasi berlina a noleggio con conducente che si aggiri nei paraggi in un similtaxi pronto alla bisogna. Poi due feriti - lievissimi, per fortuna - proprio tra i tassisti che nella notte tra domenica e lunedì hanno cercato lo scontro con gli odiati noleggiatori con conducente o Ncc. E ieri la giornata surreale che svuota le vie dai taxi e popola i tram di manager per concludersi con i toni poco concilianti del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza: le manifestazioni selvagge dei tassisti «possono rivestire anche carattere penale per i profili di interruzione di pubblico servizio» e portare fino alla revoca della licenza «nei casi più gravi».
Ma non è certo con un atto prefettizio che si può domare la rivolta dei tassisti contro Uber. La protesta che monta a Milano - e serpeggia anche a Roma - è già protesta globale. Globale proprio come il colosso di San Francisco e il suo fondatore, Travis Kalanick che ha già rilasciato al Financial Times dichiarazioni destinate ad entusiasmare gli autisti di piazza ad ogni latitudine: «Sono un distruttore di monopoli nato». E l’ultimo passo di Uber che fa scaldare gli animi dei tassisti, Milano compresa, si chiama UberPop e sta ai taxi tradizionali come il nuovo fenomeno Airbnb - il sito che permette di alloggiare nella casa di un privato in tutto il mondo a prezzi stracciati - sta alla Pensione Miramare di Rimini. Adesso, infatti, con un clic si può contattare non solo l’Ncc, ma anche un qualsiasi privato che mette a disposizione la sua auto per fare un pezzo di percorso assieme: tu spendi poco, magari meno del taxi, lui incassa qualcosa e Uber si prende come al solito una commissione. Anche per questo l’11 giugno, quando sotto il Duomo è già prevista la marcia bianca degli anti-Uber, manifestazioni simili sono in programma a Parigi, Madrid e Londra, dove diecimila «cabbies» promettono «chaos, congestion and confusion».
La spinta della modernità fa saltare le regole che non tengono il passo; figurarsi quelle sui taxi che sono state scritte nel ’92, quando i cellulari nemmeno esistevano. Sempre sabato l’assessore comunale milanese alla Mobilità Pierfrancesco Maran, preso in mezzo alle proteste, ha varato una proposta in cinque punti che «vuole garantire l’innovazione e la legalità». C’è scritto che per qualsiasi Ncc «dalla prenotazione all’inizio del servizio dovranno decorrere almeno 90 minuti». Quanto basta per uccidere la concorrenza di Uber ai tassisti sulle corse immediate, relegandola a quelle prenotate con ampio preavviso. Eppure i conducenti di taxi sono tutt’altro che soddisfatti. Raffaele Grassi, che è consigliere comunale, nonché leader di una delle venti e passa sigle sindacali dei balcanizzati conducenti milanesi, spiega che «è una proposta copiata da quella francese. Ma lì chi sgarra rischia un anno di galera. Qui quali controlli si faranno? Non chiediamo la chiusura di Uber, ma vogliamo garanzie sul rispetto delle regole da parte degli Ncc».
Nella guerra che oppone le auto bianche a quelle nere degli Ncc, spesso anche loro piccolissimi imprenditori di se stessi, si attende adesso l’intervento del governo, che non ha certo formule magiche per risolvere lo stallo. Domani il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha convocato in Prefettura i sindacati dei tassisti e solo loro. Le convivenze si annunciano difficili, ma anche i confini sono meno netti di quel che possa apparire. L’Ncc che ieri girava in centro a Milano con due vistosi cartelli «Uber? No grazie» sulle fiancate è solo un simbolo dell’inesausta creatività italiana quando si tratta di non prenderle o invece è il segnale che se il colosso californiano coinvolge nella gara al ribasso anche i privati con il requisito minimo di un’auto e una patente anche gli Ncc finora ubercollaborazionisti difenderanno la loro corporazione?

Francesco Manacorda, La Stampa 20/5/2014