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 2014  maggio 20 Martedì calendario

BRASILE, LA PRESIDENZA APPESA AL DIO PALLONE


Non è uno scherzo: la riconferma alla presidenza del Brasile di Dilma Rousseff (si vota in ottobre) sembra appesa alla vittoria dei padroni di casa. Organizzano la Coppa del mondo e se sbagliano i gol Dilma può perdere la poltrona. Non perché il pallone è l’altra religione di chi esporta calciatori come petrolio o per il tifo che non sopporta la sconfitta: la sesta potenza industriale del mondo perde colpi. Nei primi tre mesi il Pil è cresciuto “soltanto“ dello 0,30 per cento, tre volte meno che Perù e Colombia. Tasche sempre più vuote e quei 5 miliardi di euro per costruire 12 stadi diventano un sacrilegio imperdonabile aggravato dalla corruzione che ha moltiplicato 263 volte ogni preventivo. Da mesi piazze in rivolta. Si acquietano, si riaccendono, l’inquietudine continua. Auto bruciate a San Paolo, traffico bloccato a Rio da chi marcia con striscioni che stringono il cuore: “il Brasile deve perdere“, “la Copa non si giocherà“. Torna il fantasma dell’inflazione. Impoverisce la classe media degli anni del miracolo. Per non parlare delle favelas,” crakolandie “risanate dai narcos, deportazione di 170 mila straccioni nelle periferie della nuova diversità. Ma i boss ritornano mentre migliaia di ragazze d’avventura arrivano dalle Americhe per rallegrare i dopo partita. Sei mesi fa la rielezione della Rousseff aveva l’aria di una formalità: incoronata al primo turno. Gli avversari l’hanno raggiunta, spareggio sicuro. Aécio Neves, conservatore sulla scia dell’ex presidente Cardoso e il socialista Eduardo Campos sei mesi fa inseguivano lontanissimi. Sei mesi dopo l’hanno quasi raggiunta: Dilma al 37 per cento, avversari 34, 7. E l’erosione continua. I partitini che appoggiano il governo e una parte del suo Pt mormorano la proposta “indecente”: Lula è l’uomo giusto. Può vincere anche se perdiamo la Coppa. Raccolgono la rabbia dei 40 milioni di elettori senza acqua potabile e fogne, dei 30 milioni sull’orlo della fame e pendolari che non sopportano il caro prezzo di bus e metrò insufficienti a coprire San Paolo dove girano 7 milioni di automobili. “Copa para que?, Coppa per chi? Domanda che sporca i muri e inquieta gli alleati di Dilma; voci che allargano nel Pt la proposta “indecente“: riprendiamoci Lula. Ha costruito il Brasile del futuro, stiamo tornando al passato. L’uomo del destino si dà da fare e per svuotare la tentazione distribuisce messaggi di fiducia alla compagna che impallidisce. Scuote gli sportivi disinnamorati: “Candidata ideale, il Brasile trionferà “. Ma agli amici non nasconde il tormento: chissà dove andremo… E chi traffica per rimetterlo in pista ricorda il miracolo delle elezioni amministrative 2013: agonia del Pt nelle città importanti eppure strappa il sindaco di San Paolo, capitale dell’economia. Il grande vecchio inventa il cambiamento generazionale. Dalle cantine dei sondaggi dissotterra Fernando Haddad, 2 per cento di preferenze, 49 anni, prof di Economia all’università. Lula tira la sua campagna contro José Serra, erede di Cardoso.
Confronto che si annunciava proibito eppure con la barba del vecchio sui palchi Haddad diventa sindaco col 56 per cento. Intanto Gilberto Carvalho, “primo ministro” della Rousseff distribuisce sorrisi: sarà una festa anche se le agenzie che organizzano i viaggi dei supporter offrono “protezione nell’attraversamento delle città pericolose”: tutto compreso dall’albergo allo stadio. Con l’aiuto dei poliziotti argentini che terranno d’occhio i loro esagitati: manette alla prima trasgressione. E poi tribune ancora in cantiere e la Fifa che mangia dollari a ogni passo. Ma nei gironi delle tangenti ogni meraviglia è proibita a noi italiani dell’Expo.

mchierici2@libero.it  

Maurizio Chierici, Il Fatto Quotidiano 20/5/2014