Mario Marcis, Il Fatto Quotidiano 20/5/2014, 20 maggio 2014
TUTTI I PRECARI DEL PRESIDENTE (A RISCHIO COTTARELLI)
A Palazzo Chigi, oltre ai burocrati superpagati di cui tanto si parla, ci sono anche i precari, lavoratori che rinnovano i contratti di anno in anno ai minimi previsti dagli accordi nazionali. Si parla di circa 200 persone, tra facchini, addetti alle pulizie, manutentori e persino tecnici informatici: lavorano vicino a Matteo Renzi, ma al soldo delle aziende che gestiscono in appalto la fornitura dei servizi essenziali. Per intenderci, se i bagni dei palazzi della Presidenza del Consiglio brillano e profumano, il merito è di alcuni di loro. Contratti a tempo determinato da multiservizi o metalmeccanici e, per una decina di loro, Cassa integrazione in deroga da circa un anno. Alcune situazioni limite raccontano di tre-quattro ore di lavoro a settimana.
Il 30 giugno, per di più, scadrà il contratto della maggior parte di loro (per qualcuno la scadenza è rimandata a dicembre) e ad oggi non si sa come e se verranno rinnovati. Nel frattempo, infatti, la spending review di Carlo Cottarelli ha previsto per la Presidenza del Consiglio un taglio del 20% nella spesa in beni e servizi. Dalla segreteria generale presieduta da Mauro Bonaretti – vicino al sottosegretario Graziano Delrio – nessuno ha fatto sapere ai lavoratori su chi o cosa ricadranno i tagli. La denuncia arriva dall’Unione sindacale di base (Usb), che ha chiesto – finora invano – chiarimenti sulla vicenda: “Se non li avremo – promette il sindacalista Gianni Isola – scenderemo in strada, magari a piazza San Silvestro, davanti agli uffici. La sensazione e la paura del sindacato è che questi tagli ricadano in toto sui lavoratori meno tutelati. “Si tagli sugli utili delle aziende appaltanti, piuttosto che sui dipendenti”, è la tesi il sindacato.
Le soluzioni per evitare un taglio sugli stipendi dei lavoratori, secondo i rappresentanti Usb, ci sono. Creare una società in house per esempio: “Con la gestione diretta della fornitura di questi servizi – spiega Isola – abbiamo calcolato un risparmio di almeno il 60% per la finanza pubblica, garantendo tutti i livelli salariali adeguati”. In sostanza, assumere direttamente i lavoratori costerebbe meno della metà rispetto all’attuale sistema degli appalti. E non si dovrebbe licenziare nessuno.
Due sono gli appalti “incriminati” e valgono oltre 11 milioni di euro l’anno. Il primo – che riguarda i servizi di pulizia, manutenzione, facchinaggio e disinfestazione – è un contratto da 70 milioni in sette anni con scadenza nel 2020, siglato con la Romeo gestioni Spa, il secondo, che scadrà nel 2016 e riguarda la fornitura di servizi informatici, è con la Telecom e vale 4,5 milioni in tre anni. Costi altissimi, nonostante le gare d’appalto siano state assegnate con convenzione Consip, un sistema che in teoria dovrebbe servire a mantenere i prezzi il più bassi possibile.
Probabilmente i numeri del sindacato sono generosi, ma il risparmio, con la creazione di una società in house, sarebbe sicuro. Calcoli alla mano, se ogni dipendente guadagnasse 25.000 euro all’anno, solo di stipendi, si spenderebbe meno della metà di quello che valgono oggi gli appalti.
Una buona parte dei “precari della presidenza”, peraltro, lavorano da più di dieci anni, ricoprendo le stesse mansioni, ma il rinnovo avviene di anno in anno. Raramente vengono cambiati perché uffici come quelli di Palazzo Chigi richiedono il rispetto di delicati protocolli e non conviene a nessuno assumere personale nuovo e inesperto. “Perché quindi non stabilizzarli con un contratto a tempo indeterminato?”, si chiedono all’Usb. La risposta, che si danno da soli, è che “estendere la flessibilità (precarietà per chi preferisce) anche ai dipendenti pubblici è frutto di una scelta politica molto chiara”.
Mario Marcis, Il Fatto Quotidiano 20/5/2014