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 2014  maggio 20 Martedì calendario

PERISCOPIO


Dopo quella che per Greganti è la terza incarcerazione, il Pd lo sospende. Al quarto arresto scatta il cazziatone. Edelman. Il Fatto.



Vignetta di Vincino su Il Foglio. C’è un Berlusconi problematico che chiede a un’infermiera: «Ma l’alzheimer è contagioso?».



Chi striscia non inciampa. Beppe Grillo descrive così Bruno Vespa. Google.



Chi era Mussolini nel 1919 quando fondò il primo fascio a Milano, in piazza San Sepolcro? Un signor Nessuno. Però tre anni dopo stava a Palazzo Chigi. Chi può essere il Mussolini di domani? È probabile che esista già. E si prepari nell’ombra. Lo conosceremo se la crisi italiana diventerà incurabile. Giampaolo Pansa. Libero.



La Cassazione: «Dell’Utri fece da collegamento fra Cosa Nostra e Berlusconi per 18 anni». Poi inventarono il fax. Spinoza. Il Fatto.



Prendete per esempio, con rispetto parlando, Renato Schifani. L’altro giorno ha presentato un esposto all’Agcom per denunciare tutte le reti televisive in chiaro, da quelle Rai a quelle Mediaset, a La7, perché, a suo dire, violerebbero la par condicio, oscurando il Nuovo centrodestra a vantaggio dei partiti maggiori. Pare si tratti dello stesso Schifani, chiedendo scusa alle signore, che il 15 febbraio 2000, quando il centrosinistra approvò la legge sulla par condicio, dichiarò: «La par condicio è una legge che ci allontana dall’Europa e ci avvicina al regime. La maggioranza vuol mettere il bavaglio alle opposizioni con una legge che fa dell’Italia l’unico paese europeo in cui l’accesso al mezzo televisivo sarà paritario a tutti i partiti, e non graduato come nelle grandi democrazie. Le sinistre sferrano un duro colpo alla libertà di comunicazione, si macchiano di concorso esterno in comunismo e introducono regole tipiche dei regimi totalitari». Marco Travaglio. Il Fatto.



Ao’, la gggente piagne! Paola Taverna, senatrice del M5s.



La squadra è essenziale. E Renzo non ce l’ha. Io non credo a un uomo solo al comando. Un leader è tale solo se si circonda di altri leader. Corrado Passera. Corsera.



La prima cosa che ha detto di me Schulz (capo dei socialisti nel Parlamento europeo, ndr) quando è venuto in Italia è che io sono Stalin. Lui che è tedesco dovrebbe ringraziare Stalin perché se non fosse stato per lui che ha sconfitto i nazisti sarebbe in Parlamento europeo con una svastica disegnata in fronte. Beppe Grillo in piazza Castello a Torino. Ansa.



Renzi è passato dal metodo «accelerare all’impazzata per riformare» al metodo «rallentare un po’ per riformare meglio». Claudio Cerasa. Il Foglio.



Aggressivo, abbaiante, muscoflettente. Così viene descritto Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale. E lui si spiega così: «Io urlo con i miei titoli e i miei editoriali. Nell’urlo c’è qualcosa di eroico. Urlano gli indiani nei film, ma urlano anche i soldati blu che li inseguono a pistolettate. I kamikaze urlano “Banzai!”, i cavalleggeri urlano: “Avanti Savoia!”. L’urlo è un bisogno liberatorio. Solo i mediocri non urlano. Forse nell’urlo non c’è il pensiero, lo ammetto. Spesso sono i folli a urlare. Ma dietro l’urlo, a provocarlo, c’è ben più di un pensiero. C’è qualcosa che sublima il pensiero. Nell’urlo si nasconde una sostanza forte, viva, carnale. Ecco, forse chi non urla mai non è vivo». Salvatore Merlo. Il Foglio.



L’ingegnere Ivan Pescarin è il presidente dell’Aeg, la potente cooperativa dell’energia e del gas di Ivrea. Giunto al dodicesimo anno di mandato e al settantanovesimo di età, si è chiesto se fosse il caso di cedere il passo alle nuove leve. E si è risposto di no. La forza fisica c’è, la voglia pure. Quanto all’esperienza, il suo punto debole, non può che crescere con il numero delle primavere. Perciò lo statuto in via di approvazione prevede che il presidente della società possa continuare a presiedere fino a novant’anni. A quel punto, si vedrà: perché mettere limiti alla Provvidenza? Accontentiamoci di averli messi alla Previdenza. I settantenni mordono il freno, avanzano pretese. Portate pazienza, ragazzi, arriverà anche il vostro turno. Massimo Gramellini. La Stampa.



Brancati mi racconta: «Il mese scorso, tre ebrei, un giovane, una ragazza e una vecchia signora, fecero colazione in una trattoria di Catania. Mangiarono lautamente, presero il caffè e lasciarono una buona mancia al cameriere. Poi noleggiarono una barca a remi e andarono al largo. Li trovarono più tardi, tutti e tre annegati. La vecchia signora, prima di uccidersi, aveva riempito la propria borsetta di sassolini e se l’era legata al polso». Leo Longanesi, Parliamo dell’elefante. Longanesi, 1947.



L’ultimo inutile romanzo di Paolo Coelho (Adulterio) si svolge a Ginevra, che con la sua algida perfezione rappresenterebbe l’humus ideale per la depressione: tutti votano per tutto, i pompieri accorrono perfino se brucia l’arrosto, nessuno si fa i fatti propri, la stampa non ha altro da scrivere se non dell’obeso che fatica ad infilarsi in aereo o del lupo che ha decimato le pecore in periferia, ordine e pulizia, ma quanta noia. E se «qui la vita notturna è solo un modo di dire» c’è da domandarsi perché Coelho stesso abbia scelto di vivere proprio a Ginevra. Povero carioca. Fosse almeno depresso. Anche lui ha i suoi guai però: abituato ai tre baci sulla guancia del saluto svizzero, «quando all’estero mi scappa il terzo bacio la gente si spaventa». A me spaventerebbe anche il primo, da lui. Laura Zambelli del Rocino. Libero.



Idea per una start-up: una mantella copri-elefante con scritto di fianco: «Circus of Barcellona», frange e copri occhi, costo 26 mila euro. È così cara, perché nessuno sa più ricamare a mano. Sotto con questo lavoro! Anche per far lavorare. Le lavanderie non si prendono la responsabilità: la mantella va lavata nel Naviglio. Che bello, per l’Expo, vedere tanti giovani laureati italiani nel vicolo delle lavandaie ai Navigli lavare le mantelle copri elefanti o i vestiti dell’orso in bicicletta, o altro abbigliamento da animali da circo. Speriamo non aboliscano gli animali nel circo, se no, anche noi, come indotto, siamo a casa. Maurizio Milani. Il Foglio.



Niente sarà più come prima. E forse è meglio così. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 20/5/2014