Donato Masciandaro, Il Sole 24 Ore 20/5/2014, 20 maggio 2014
ALLE BANCHE EUROPEE SERVONO I CRASH-TEST
La notizia che la banca multinazionale tedesca Deutsche Bank lancerà presto un ingente aumento di capitale è un ulteriore segnale che nei prossimi mesi sui mercati finanziari si formerà una forte domanda di capitale di rischio da parte delle banche, anche spinta dal l’avvio dell’Unione bancaria. È allora imperativo che le autorità di vigilanza, a partire dalla Banca centrale europea (Bce), e passando dalle banche centrali nazionali, inclusa la Banca d’Italia, si adoperino perché la trasparenza dei comportamenti e dei bilanci di chi domanda fondi al mercato sia massima e uguale per tutti, per evitare che la stagione degli aumenti di capitale si trasformi nella notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere. A esserne danneggiati sarebbero i risparmiatori, nonché quelle banche i cui bilanci sono davvero più sani, o almeno più trasparenti. La stagione degli aumenti di capitale delle banche sta entrando nel vivo. I tempi sono scanditi dall’orologio che misura i passi che ci separano dall’Unione bancaria. La Bce ha definito la metrica per valutare la qualità dei bilanci bancari, nonché le ipotesi su cui si moduleranno i cosiddetti stress test sulla resistenza dei bilanci a eventuali eventi generali sfavorevoli. In ottobre è prevista la pubblicazione dei risultati, che daranno informazioni sullo stato di salute delle banche europee, e su eventuali bisogni di ricapitalizzazione di specifici intermediari. L’esercizio degli stress test soffre di limiti evidenti e noti, per essere una valutazione pubblica della robustezza delle singole banche basata su una simulazione generalizzata. I caratteri di pubblicità e di generalità ne riducono in partenza la credibilità. La grande crisi finanziaria ha mostrato che la vulnerabilità di ogni singolo intermediario è legata alle specificità del suo bilancio, e dunque anche gli eventi sfavorevoli che ne possono minare la stabilità devono poter essere eterogenei. Pensando alle banche come a delle automobili, sappiamo benissimo che nel settore delle auto ciascun modello di ciascuna marca ha una resistenza agli incidenti diversi. Infatti sono le stesse aziende produttrici che disegnano e mettono in atto sofisticati - speriamo ! - crash test. Insomma: per la sicurezza sulle strade non ci interessa sapere che ad una certa velocità (quasi) tutte le macchine non sbandano - stress test - ma a quale velocità ogni specifico modello di ciascuna marca si schianta - crash test. Lo stesso principio dovrebbe valere per le banche. Invece no. Inoltre, sempre rimanendo con il paragone automobilistico, sono i risultati dei crash test di dominio pubblico? Ovviamente no, ma è compito dei produttori e delle autorità di controllo del settore vigilare sulla loro qualità ed affidabilità. Lo stesso dovrebbe accadere per le banche: disegno, messa in atto e monitoraggio sui crash test dovrebbe essere di appannaggio esclusivo delle autorità di vigilanza, che poi dovrebbero essere chiamate a rispondere se una banca che ha superato il crash test si schianta (metaforicamente). Invece no. Nel settore bancario si preferiscono gli stress test, generalizzati e pubblici. La ragione è semplice: fanno comodo a tutti. Almeno apparentemente. Fanno innanzitutto comodo alle autorità di vigilanza, che possono dire al mercato di avere le sue stesse informazioni. Per cui, se qualcosa va male, è colpa di tutti, cioè di nessuno. Piacciono alle banche, che grazie allo stress test, possono avere una "patente pubblica" di affidabilità, che migliora i rapporti con i mercati a cui si chiedono capitali e con i clienti - imprese e famiglie - a cui si offrono servizi. Ma piacciono anche ai mercati finanziari: soprattutto in una fase di eccesso strutturale di liquidità - come quella attuale, ed almeno fino al 2016 - i flussi di mercati vivono di segnali, meglio se "pubblici" o "para-pubblici"; pensate all’effetto dei rating emessi dalle agenzie, oppure - appunto - alla volatilità da stress test, in cui il rapporto tra notizia sull’affidabilità ed movimento del mercato non è perché sempre e comunque la seconda conferma la prima - come amano sostenere i fan degli stress test - ma perché la seconda può essere semplicemente causata dalla prima, in quanto "patente pubblica". Proprio perché piacciono a tutti, gli stress test si faranno, come si faranno gli aumenti di capitale. Ad una condizione però: che questi mesi non siano la notte in cui tutte le vacche sono nere. Cosa hanno in comune una grande banca tedesca universale e multinazionale ed una media banca commerciale mediterranea? Almeno due cose, una certa e l’altra auspicabile. Il tratto comune certo è che entrambe possono trovare conveniente chiedere capitali ai mercati finanziari in questi mesi. Il tratto comune auspicabile è che entrambe abbiano caratteristiche di affidabilità e di trasparenza dei conti che siano al contempo identiche e massime. Il che significa che entrambe devono essere messe in parità di condizioni competitive. In caso contrario, e se le diseguaglianze favorissero la prima, avremmo già dimenticato due delle lezioni fondamentali della Grande Crisi: "le grandi banche devono poter fallire" e "l’eccesso di finanza è tossico". Le pari opportunità bancarie dipenderanno in modo decisivo dal disegno delle regole e dalla loro attuazione. Perché fare gli stress test con macchine truccate ricorderebbe molto un" gioco del pollo", dove a volare nel burrone sarebbe paradossalmente la macchina con i freni regolari.
Donato Masciandaro, Il Sole 24 Ore 20/5/2014