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 2014  maggio 20 Martedì calendario

DOMINGO: «VI CANTO LA DECIMA»

Placido Domingo, il teno­ re. Uomo di cultura e di arte: a settembre sarà alla Scala con il Simon Bocca­ negra, diretto da Daniel Ba­ renboim. Ma anche uomo di calcio («dopo la musica, la più grande passione della mia vi­ ta») e soprattutto uomo Real. È sua la voce dell’inno ufficiale della squadra di Florentino Pe­ rez, di cui è grande amico. As­ sieme al presidente, Domingo sedeva in tribuna a Monaco mentre il Madrid in semifinale triturava il Bayern di Guardio­ la. Adesso, per la finale di Li­ sbona, medita un’impresa.
Maestro, all’appuntamen­ to con la Decima manca poco: dove vedrà la parti­ ta? «Temo a Los Angeles, purtrop­ po ho un concerto giovedì e poi domenica una matinée. Ma non mi sono ancora rasse­ gnato: se trovo un amico che mi dà una mano, si potrebbe prendere un aereo privato da Lisbona dopo la partita di sa­ bato sera e arrivare qui verso l’una del mattino, ora califor­ niana. Sono disposto a fare la pazzia e cantare la mattina dopo».
Sarebbe un gesto eroico per un can­ tante. «È una finale molto, molto, molto spe­ ciale: mai viste due squadre della stes­ sa città in una par­ tita così, e questo dà garanzia sulla qualità del calcio spagnolo. Speria­ mo che ci sia una grande festa blan­ ca: ritorno in Euro­ pa dopo l’8 giugno e ho voglia di cantare l’inno».
L a D e c i m a è un’ossessione? «No, molto di più.
Inseguendo la Deci­ ma abbiamo passato anni diffi­ cili, pieni di cambiamenti, ma in questa stagione abbiamo ri­ schiato il triplete. Peccato per la Liga, buttata in tre­quattro partite. Che rabbia».
Per lo scrittore Javier Ma­ rias, grande tifoso meren­ gue come lei, il Real è «eroi­ co e altero», il Barcellona «fragile e artistico».
«Sono due grandi squadre. Di certo per me il Real è una squa­ dra nobile, è l’Hidalgo spagno­ lo. È classe, quella che abbia­ mo sempre avuto».
Lei conosce Ancelotti: che cosa pensa di lui? «Lo ricordo anche come gioca­ tore: straordinario. Da allena­ tore ha girato molto e vinto tut­ to: sarò interessato, ma è il mo­ mento della sua terza Cham­ pions».
Con lui è cambiato il clima alla Casa Blanca? «C’era bisogno di pace nello spogliatoio, difficile quando hai tanti campioni e l’obbligo di vincere subito. Ancelotti ha portato calma e risultati ottimi.
L’ho conosciuto a Valdebebas, l’ho seguito in allenamento: era sereno, simpatico, si vede che tutti gli vogliono bene. Me­ rita questo Doblete (con la cop­ pa di Spagna appena vinta, ndr)».
Veniamo alla sorpresa Atle­ tico: si aspettava una sta­ gione così? «Nonostante la rivalità, l’Atleti­ co mi è sempre stato simpatico.
Ma quest’anno non me li aspet­ tavo così forti: la scorsa stagio­ ne brillava la stella di Falcao, adesso ci sono ottimi giocatori come Koke e Diego Costa, ma era impossibile immaginarli a questo livello. Merito del Cho­ lo che ha creato una squadra di ferro, difficilissima da supera­ re, unita».
Niente male questo Simeo­ ne, vero? «Ha fame, forse più della no­ stra, visto che sogna la Prima, mentre noi vogliamo la Deci­ ma. Ma sono l’entusiasmo elet­ trico e la sua personalità a fare la differenza: via via pensava­ mo che l’Atleti non arrivasse al­ la fine, invece ha smentito tut­ ti. Altro che cugini poveri!».
Giocatore preferito di oggi (vietato dire Ronaldo). E di ieri (vietato dire Di Stefa­ no).
«Il trio di centrocampo Xabi Alonso, Modric e Di Maria è una meraviglia, ma dico Jesé: sfortunato a farsi male, però farà la storia, con gli altri gio­ vani della casa Illarramendi e Carvajal. Per il passato potrei stare ore: Puskas, Juanito, Bu­ tragueño, Hugo Sanchez ecce­ tera… Ma scelgo Raul, mi ha emozionato».
A Madrid c’è qualche «orfa­ no» di Mourinho: lo è an­ che lei? «Mou resta un grosso mistero: un grande allenatore, senza dubbio, ma dipende troppo dal suo rapporto con la stampa e con l’esterno. Un personaggio difficile, anche se in fondo mi piace il suo modo di vivere il calcio. Però meglio il Real di oggi: vincente e più sereno».
Segue il calcio italiano? «Naturalmente! Quest’anno ho vi­ sto una grande Juve e sono con­ tento che Lloren­ te sia tornato ai suoi livelli. E poi il Napoli è ormai una squadra spa­ gnola…».