Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 20/5/2014, 20 maggio 2014
ROBLEDO E IL CASO RUBY: «FALSO CHE BRUTI ABBIA INTERPELLATO IL PM» IL VICE PROCURATORE DI MILANO SU FORMIGONI «NON HO MAI CHIESTO LA SUA ISCRIZIONE»
ROMA — Mente. L’ultima controreplica di Alfredo Robledo, alle contestazioni di Edmondo Bruti Liberati, giunta ieri al Csm esplode come una bomba nella guerra interna ai vertici della procura di Milano. E alla vigilia della seduta cruciale della prima e della settima commissione, che stamane alle 9.30 si riuniranno per tirare le conclusioni, assesta un duro colpo alle speranze di riportare la pace in procura e confermare lo stesso assetto per il futuro.
Nelle cinque pagine di fuoco della relazione, infatti, Robledo respinge ogni appunto fatto dal procuratore, a partire dal «doppio-pedinamento» che, dice, non è «mai esistito». Ma, soprattutto, sul caso Ruby e sulla presunta rinuncia del procuratore aggiunto Alberto Nobili al coordinamento dell’inchiesta, in sostanza dà del bugiardo a Bruti Liberati. Secondo quanto riportato dalla stampa, dichiara Robledo, il procuratore capo avrebbe reso una dichiarazione «del tutto difforme dall’effettivo svolgimento dei fatti». Come prova porta lo stesso Nobili, capo del pool della criminalità comune. In «via diretta» gli avrebbe confermato che «non è mai stato interpellato sul punto, nè è stata richiesta la sua opinione». Non è vero, dunque, che Nobili fu «ben felice» di rinunciare al Rubygate. Nessun assenso al subentro di Ilda Boccassini, avvenuto nella versione di Bruti Liberati e della collega in una riunione. Secondo Robledo, Nobili «venne meramente informato della decisione che era già stata presa dal Procuratore, della quale si limitò a prendere atto senza interloquire o commentare in alcun modo». Per verificare ciò Robledo chiede l’audizione urgente di Nobili.
Alle critiche di aver assegnato a suo piacimento le inchieste, Bruti Liberati aveva replicato al Csm ricordando che il potere gerarchico del procuratore è insito nella legge. Ma Robledo contrattacca: il capo avrebbe violato i propri criteri di organizzazione interna, senza fornirne una motivazione.
Poi, accusato da Bruti Liberati di aver condotto indagini non autorizzate rischiando con sovrapposizioni di metterle a repentaglio, Robledo ribatte punto su punto.
Il pedinamento? «Confermo non essere mai avvenuto», replica Robledo. In caso contrario la Gdf avrebbe dovuto fare un rapporto, che agli atti non c’è: in allegato produce la conferma in tal senso della Gdf .
Gli atti forniti al Csm con omissis di «dubbia efficacia» che avrebbero potuto compromettere l’inchiesta Expo? Non è successo. Ciò dimostra che furono efficacissimi.
I cattivi rapporti con il capo della squadra mobile descritti dal capo? Solo scarsa frequentazione.
Il contrasto sull’iscrizione sul registro degli indagati di Formigoni? «Mai affermato la necessità della iscrizione dell’on. Formigoni», rimarca Robledo. Ma, «alla luce dei verbali delle dichiarazioni di persone informate sui fatti» e «dalla motivazione del provvedimento di intercettazione in atti», affonda, «appare evidente che alcune iscrizioni che vennero effettuate nel mese di luglio 2012 avrebbero dovuto essere effettuate invece nel luglio 2011». Le «dichiarazioni richiamate», rileva infatti, «descrivono specifici fatti reato di corruzione, attribuendoli a soggetti ben individuati».
Intanto mercoledì prossimo il plenum del Csm dovrà esprimersi su un’altra vicenda che riguarda Robledo: un esposto presentato contro di lui dall’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini che lamentava alcuni comportamenti del pm nell’inchiesta Penati-Serravalle e in un’altra su «emendamenti in bianco» al bilancio del Comune di Milano. La Prima Commissione ha proposto l’archiviazione, ma con l’invio degli atti al Pg della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare che attualmente sta anche conducendo una pre-istruttoria sull’esposto di Robledo contro Bruti Liberati da cui è nato lo scontro.