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 2014  maggio 20 Martedì calendario

ABBRACCI, INSULTI E ACCUSE DI COMPLOTTO L’ULTIMA BARUFFA TRA BRUNETTA E TREMONTI


È primavera, le bouganville sono in fiore, Renato Brunetta e Giulio Tremonti litigano. Le loro baruffe hanno cadenza periodica, stagionale. Niente di feroce, vola qualche cretino e scemo, poi fanno pace, fingendo d’ignorarsi.
A marzo Tremonti pubblicò con Mondadori un libro — Bugie e verità. La ragione dei popoli — in cui spiegava che, nel luglio del 2011, a travolgere Silvio Berlusconi fu un golpe contro l’Italia, ma non un «colpo di Stato» del Quirinale. Si trattò, secondo l’ex ministro dell’Economia, di una manovra del tutto esterna alla politica italiana. Ideata in Europa, tra i palazzi di Bruxelles e la Cancelleria di Berlino. Per far pagare all’Italia il conto delle banche tedesche (e magari francesi).
Domani Brunetta manda in edicola con il Giornale la sua versione dei fatti, raccolta in un saggio — Berlusconi deve cadere. Cronaca di un complotto — nel quale ricostruisce gli ultimi giorni del Cavaliere a Palazzo Chigi. Dove — Brunetta ne è convinto — avrebbe voluto andarsi a sedere come premier proprio Tremonti. Che, per questo, avrebbe tramato con Giorgio Napolitano.
Scrive Brunetta: «Fa male leggere all’alba di marzo 2014, a firma dell’ex ministro Tremonti, la ricostruzione di quello che è accaduto nel 2011. Una descrizione degli eventi di chi vuol dimostrare, ex post, che aveva capito tutto... Ma chi era ministro dell’Economia e delle Finanze fino al novembre del 2011? Se Tremonti aveva capito tutto di quello che stava succedendo, perché non ha fatto nulla per evitare che accadesse?».
Su questo punto interrogativo, Brunetta inietta la sua dose di veleno. Sentite (sebbene la sintassi non sia felicissima, il concetto appare comunque abbastanza chiaro): «Forse perché avrebbe corso il rischio di salvare con l’Italia il per lui ormai nemico personale numero uno: Berlusconi, con tutto il suo governo».
Punto, a capo, e accusa finale: «Insomma, lui non voleva che il governo di cui era onnipotente ministro dell’Economia continuasse. Desiderava prendere il posto del presidente del Consiglio. E ha semplicemente lasciato che altri facessero per lui. Gli altri stavano strozzando Berlusconi, lui si limitò a tenerlo fermo, non consentendogli di far nulla».
Questo pensa, e racconta, Brunetta di Tremonti.
Quello che invece pensa Tremonti di Brunetta è piuttosto noto.
Restano memorabili un paio di incidenti. E uno, addirittura, finì in un video.
Nella sala stampa del ministero del Tesoro (mercoledì 7 luglio 2011) Brunetta, che all’epoca era ministro della Pubblica amministrazione, stava dicendo la sua ai giornalisti quando Tremonti, titolare dell’Economia, ignaro che il suo microfono fosse aperto, farfugliò ai collaboratori: «È proprio un cretino...». Poi, come annotò con attenzione Giancarlo Perna sul Giornale , si aggiustò la cravatta per darsi un contegno innocente. Subito, però, ebbe come un guizzo, e si chinò pure sul ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: «È scemo, eh?». E Sacconi: «Non lo seguo neppure».
Poche ore dopo, tra Tremonti e Brunetta, chiarimenti e abbracci.
Gli abbracci, però, solo se ci sono i fotografi nei paraggi. Al termine di un Consiglio dei ministri del 2009, come svelò Francesco Verderami sul Corriere , dopo una gazzarra fatta d’insulti e pesanti allusioni (Renato rimprovera regolarmente a Giulio di essere un economista con la laurea in Legge) Brunetta si alzò tendendo la mano a Tremonti. Il quale, però, reagì con un ghigno e una frase stretta tra i denti: «Non ti avvicinare, altrimenti ti prendo a calci nel culo...».
Non si sono mai amati.
Tremonti, 67 anni ad agosto, è leggermente più anziano di Brunetta, 63. Giulio viene da una ricca famiglia liberale bellunese trapiantata in Valtellina; adora le baite, gli abiti di sartoria, ha la «erre» che gira un po’ a vuoto. Renato è figlio di un ambulante veneziano — «Avevamo una bancarella accanto alla stazione, vendevamo gondole di plastica nera» — in nove vivevano in novanta metri quadrati, però poi fa il classico, si laurea in Economia e a 31 anni è in cattedra (ma trova Tremonti che è già un brillante docente)
Quando diventano socialisti, Giulio viene accolto alla corte del marchese Franco Reviglio, gran professore e ministro delle Finanze; Brunetta s’arruola con i veneziani più ruvidi comandati da Gianni De Michelis.
Giulio e Renato si conoscono da trent’anni. E, da trent’anni, uno pensa di essere più geniale e colto dell’altro (entrambi, da tempo, hanno però smesso di gareggiare in simpatia).