Salvatore Garzillo, Libero 20/5/2014, 20 maggio 2014
LA REGGIANI TORNA A OCCUPARSI DI MODA
La vedova Gucci è tornata alla moda. Stavolta, però, non ci saranno grandi platee ad accogliere Patrizia Reggiani ma i clienti di un elegante showroom di alta bigiotteria in via Goldoni, a Milano, dove dovrà scontare tre anni di servizi sociali. Lo ha deciso il Tribunale di sorveglianza, che ha concesso alla vedova dell’imprenditore Maurizio Gucci la possibilità di passare del tempo all’esterno del carcere nel quale ha trascorso gli ultimi sedici anni per aver ordinato l’omicidio del marito.
La richiesta dell’avvocato della Gucci, Danilo Buongiorno, ha ricevuto «parere favorevole» dall’Uepe, l’Ufficio esecuzione pena esterna diretto da Severina Panarello, la stesso che si è occupato dell’affidamento ai servizi sociali di Berlusconi. La vedova, condannata a 26 anni, potrà scontare il resto della pena lavorando nella boutique e facendo volontariato alla Caritas. «Non vedo l’ora di lavorare e fare volontariato» ha raccontato la 65enne Reggiani. «Questi anni ha rispettato e seguito il percorso riabilitativo, ha rispettato i permessi. Si colpevolizza per delle amicizie sbagliate che hanno rovinato la sua vita e quella delle sue figlie, questo è l’errore, ma non è assolutamente colpevole». Eppure i magistrati l’hanno condannata a 26 anni ritenendola la mandante dell’omicidio di Gucci, ucciso la mattina del 27 marzo 1995 da un killer in via Palestro, sui gradini d’ingresso del palazzo dove aveva sede la sua società. La vittima fece in tempo a salutare il portiere Giuseppe Onorato e poi cadde a terra, colpito alla nuca da tre colpi esplosi da Benedetto Ceraulo. Quest’ultimo verrà condannato all’ergastolo. I suoi complici Ivano Savioni (organizzatore dell’omicidio) a 26 anni, Orazio Cicala (alla guida dell’auto per la fuga) a 29, e la maga Pina Auriemma (amica della Gucci e intermediaria), a 19 anni, ma è tornata libera dopo 13.
Anche la Reggiani ora è libera. Da sei mesi ha ottenuto la sospensione della pena e vive con le due figlie e l’anziana madre, che in tutti questi anni non l’hanno mai abbandonata. Soprattutto quando le hanno diagnosticato un tumore al cervello che ha richiesto un delicato intervento. Ora si gode il tempo con la famiglia in attesa di iniziare i servizi sociali.
Nel 2011 scoppiò un piccolo caso quando rifiutò la semilibertà proposta dal Tribunale di sorveglianza. Avrebbe potuto lavorare in un ristorante o in una palestra, la scelta spettava a lei. E invece rispose al magistrato: «Sa, in vita mia non ho mai lavorato». Apriti cielo. Fu un diluvio di critiche e polemiche, alcuni ipotizzarono che avesse declinato l’offerta della semilibertà perché in carcere godeva di un trattamento privilegiato. «Mi era stato proposto un lavoro nel carcere di Opera» ha raccontato di recente tornando sulla vicenda «e, considerato che dovevo raggiungerlo con un percorso obbligato, temevo che potesse succedere qualcosa e avere dei guai: per questo avevo detto che preferivo stare a San Vittore».
Tutto chiarito, dunque, nessun atteggiamento snob. Forse. In ogni caso, adesso c’è uno showroom da raggiungere e clienti da servire. «Sono pronta, non vedo l’ora che mi lascino tranquilla di fare il mio lavoro e di fare volontariato presso la Caritas».