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 2014  maggio 20 Martedì calendario

LA PAGA CHE IMBARAZZA IL VATICANO: 420 MILA EURO ALLO SCERIFFO DEI CONTI


Per uno che sostiene di operare all’insegna della «chiarezza» e della «trasparenza» quello sul suo stipendio è un clamoroso scivolone. Che corre il rischio di diventare un caso scottante dentro i Sacri palazzi. Stiamo parlando di René Brülhart, lo sceriffo delle finanze vaticane. Cioè il controllore della banca del Papa e dell’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica). Brülhart è, nel dettaglio, il direttore dell’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede e avrebbe uno stipendio da 30mila euro al mese più altri 5mila euro incassati a titolo di rimborso spese. Calcolatrice alla mano vuol dire non meno di 420mila euro l’anno, cifra non proprio in linea con lo stile sobrio di Papa Francesco. Ragion per cui quella busta paga fa rumore eccome Oltretevere, anche se si tratta di valori non ufficiali (ma non smentiti).
La questione serpeggia da mesi, ma è esplosa solo ieri nel corso di una conferenza stampa nella quale il diretto interessato al quale è affidata la vigilanza sullo Ior, l’Istituto per le opere di religione non ha fornito chiarimenti, limitandosi a sostenere che preferisce non rispondere a domande personali. Come se la retribuzione del capo dell’Autorità antiriciclaggio di uno Stato sovrano non fosse di interesse pubblico. E poiché in ballo c’è la lotta al denaro sporco che circola nella banca vaticana, probabilmente «Mister trasparenza» avrebbe potuto essere meno abbottonato.
La cifra, in ogni caso, è solo uno degli aspetti della vicenda su cui sarebbe opportuno fare luce, visto che non è chiaro neanche quale sia il soggetto che materialmente eroga lo stipendio di Brülhart. Il quale non risulterebbe a libro paga dell’Aif di cui, però, è direttore in carica dal 2012. E allora, chi stacca l’assegno a fine mese? La Segreteria di Stato, di cui il capo degli 007 finanziari, è peraltro consulente, ma dalla quale dovrebbe essere formalmente indipendente considerato il ruolo che ricopre? Nemmeno la Santa Sede, nonostante l’imbarazzo palpabile a più livelli, ha chiarito. Un silenzio che rende la vicenda opaca, tanto quanto la gestione della stessa autorità, come denunciato pochi mesi fa dal direttivo Aif, mai informato sull’attività dal manager svizzero che, ovviamente, non ha risposto nemmeno riguardo le tensioni interne. La relazione sul 2013 presentata ieri da Brülhart (un testo di 80 pagine di cui appena 3 con dati concreti), a esempio, non è stata approvata dal board dell’ente, in spregio allo Statuto varato a novembre da Papa Bergoglio.
Sta di fatto che un’autorità antiriciclaggio sostanzialmente «fuori legge» ha annunciato di aver effettuato, lo scorso anno, oltre 200 segnalazioni di operazioni sospette (202 contro le 6 del 2012), molte delle quali riconducibili a quei 1.200 conti correnti che lo Ior vorrebbe chiudere. Dettagli? Zero. Brülhart si è detto convinto che i presidi antiriciclaggio funzionino e, in pratica, si è autopromosso. Tuttavia, il presidente dell’Aif, il vescovo Giorgio Corbellini, subentrato a gennaio al cardinale Attilio Nicora (dimessosi in polemica proprio con l’attuale direttore), vorrebbe metterlo alla porta.
L’operazione spoil system è scattata, ma è in salita. A mettere i bastoni fra le ruote a Corbellini ci sarebbe la vecchia guardia della Segreteria di Stato, un gruppo di potere filoamericano che vede in monsignor Peter Brian Wells (assessore agli Affari generali del governo vaticano) il massimo esponente nei Sacri palazzi. Il tutto condito da trame segrete e giochi di sponda internazionali, capaci di sterilizzare e tenere alla larga dal dossier financo il capo della Segreteria, il cardinale Pietro Parolin. Questioni note a Corbellini che, però, non esce allo scoperto. Per ora.