Luca Rocca, Il Tempo 20/5/2014, 20 maggio 2014
«FAREMO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA». QUANTE (FALSE) PROMESSE IN VENT’ANNI
Singoli provvedimenti, accelerazioni improvvise ed eterni rallentamenti. Ma soprattutto una lunga, interminabile scia di fallimenti. La tanto agognata riforma della giustizia, annunciata da decenni e mai varata, viene ora rilanciata, dopo le promesse del premier Matteo Renzi, anche dal ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Due giorni fa, il 18 maggio, è stato il 26esimo anniversario della morte, per “malagiustizia”, di Enzo Tortora. Nessun governo, neanche in sua memoria, è mai riuscito a portare a casa quel “miracolo”. Ora il “fiorentino” si è impegnato a “cambiare verso” anche alla giustizia italiana. Ce la farà? Difficile, molto difficile, se si pensa che, limitandoci alla sola Seconda Repubblica, è dal 1994 che se ne parla e nessuno è mai riuscito nella titanica impresa. Quella riforma si è rivelata il vero “tallone d’Achille” di ogni coalizione, ogni maggioranza, ogni premier. Silvio Berlusconi un paio d’anni fa ha rivelato che è dal 1994 che pensa a una riforma organica, cioè da prima dell’“assalto giudiziario” subìto. Nel giugno del 1995 alcuni deputati di Forza Italia, tra cui Antonio Martino, propongono le prime leggi sulla responsabilità civile dei magistrati e la riforma del Csm. Tentativo vano. Ma è dopo la caduta del governo Berlusconi, nel settembre del 1995, sotto il governo di Lamberto Dini, che l’allora Ulivo presenta un documento sulla distinzioni delle funzioni fra pm e giudici e sul rafforzamento del ruolo del difensore nelle indagini. Nel novembre dello stesso anno Giovanni Maria Flick, che poi diventerà Guardasigilli, annuncia, presentando un documento di 85 pagine, che sui temi della giustizia “è necessario un intervento organico e globale”. Da ministro della Giustizia del primo governo di Romano Prodi, nel gennaio del 1997, Flick torna a dire che occorre “porre mano ad un disegno globale di riforma della giustizia” da realizzare con riforma ordinaria.
Nel dicembre del 1996 Pietro Folena, responsabile giustizia dei Democratici di sinistra, annuncia una “terapia shock” sulla giustizia che “porterà a dei rivolti”. Nel gennaio 1997 parte la bicamerale di Massimo D’Alema. Si arriva vicinissimi a una riforma sulla base della “bozza Boato”, ma tra diktat dei magistrati, divisioni insanabili nella maggioranza di centrosinistra e “giochini furbeschi” nel centrodestra, si finisce contro un muro. Nell’aprile del 1997 a casa di Gianni Letta si tiene un supervertice coi responsabili giustizia di Pds, Forza Italia, An e Ppi per rilanciare la riforma ormai bloccata. Nel luglio dello stesso anno l’ex Pds, ora Democratici di sinistra, si riuniscono a Napoli e lanciano, di nuovo, una “riforma globale” della giustizia. Tutti tentativi falliti. Ad Ottobre di quell’anno Prodi cede il passo a D’Alema a palazzo Chigi. Anna Finocchiaro, che presiede la Commissione giustizia alla Camera, annuncia che è necessario “portare avanti la riforma della giustizia”. Non lo farà. Prima delle elezioni c’è tempo per Giuliano Amato al governo: “È l’ora di smettere di intervenire a pezzi e bocconi sul nostro codice”, auspicando una riforma complessiva della giustizia. Francesco Rutelli, che si accinge a sfidare Berlusconi alle elezioni del 2001, afferma, pure lui, che se lo lasceranno lavorare per cinque anni varerà la riforma della giustizia. Ma perde. Anche in questo caso nulla di fatto. Berlusconi torna al governo con una maggioranza schiacciante. Guardasigilli diventa il leghista Roberto Castelli e promette di rispettare il programma che prevede la riforma. Se ne parlerà molto, quasi ogni mese per cinque anni, ma non se ne farà niente.
Nel maggio del 2006 rivince Prodi. Ministro della Giustizia è Clemente Mastella, che promette il varo di una riforma che ponga fine allo scontro fra politica e giustizia. Sembra la volta buona, ma Mastella rimane impigliato in una “tempestiva” vicenda giudiziaria, si dimette e il governo va casa. Nel 2008 rivince Berlusconi. Da quel momento e fino al 2011, parlerà centinaia di volte di riforma della giustizia. Non arriverà mai. Nel novembre del 2011 a palazzo Chigi va Mario Monti. Il Cavaliere continua a parlare di riforma della giustizia, Pierferdinando Casini è convinto che con Paola Severino come Guardasigilli e Michele Vietti al Csm, la riforma è a portata di mano. Anche Pier Luigi Bersani, segretario Pd, afferma che “si può e si deve fare”. Alfano, segretario Pdl, conferma: “Abbiamo detto a Monti che è il momento buono”. Conferma pure Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera: “La riforma è necessaria”. E Danilo Leva, responsabile Giustizia Pd, spiega: “La vogliamo più noi del Pdl”. Solo parole. Nell’aprile 2013 al governo approda Enrico Letta. Quattro mesi dopo interviene Napolitano: “Serve una prospettiva di serenità e coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello Stato e della società, compresi quelli della riforma della giustizia da tempo all’ordine del giorno”.
Letta è titubante: “Riforma della giustizia? Dipende quale, discuteremo”. Non ne avrà il tempo. Intanto Berlusconi firma i 6 referendum radicali sulla giustizia. Falliranno per mancanza di firme. Il guardasigilli, Anna Maria Cancellieri, la rilancia: “La riforma della giustizia è una priorità che non può più attendere". Renzi e Alfano la promettono, ma intanto gli italiani la stanno ancora attendendo.