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 2014  maggio 19 Lunedì calendario

LADY TOMASETTI SIGNORA DELLE ACQUE “L’ACEA NON SARÀ PIÙ IL CROCEVIA DEL POTERE”


Roma
Catia Tomasetti era un’adolescente quando venne “licenziata” dal padre. Faceva la deejay a Radio San Marino. Il padre Giuseppe era il tesoriere del Pci di Rimini, la radio era di proprietà del partito e macinava utili. Per questo venne ceduta. Fu un affare per il partito. La politica, anche in questo modo, ha sempre fatto parte della vita della Tomasetti. Ma non è per ragioni politiche che il sindaco di Roma Ignazio Marino l’ha scelta come prossimo presidente di Acea, la multiutility della Capitale, crocevia dei giochi e delle lotte di potere romano, controllata con il 51 per cento dal Campidoglio. Una sorta di Mediobanca della Capitale, come è stato scritto. Perché è lì nel cda di piazzale Ostiense che si misurano i mutevoli equilibri tra i potenti di Roma: il sindaco, quel che resta dei partiti, l’editore-costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, primo azionista privato con il 16,4 per cento, e anche gli industriali, palazzinari compresi, che nel precedente cda piazzarono, con l’acquiescenza dell’ex sindaco Gianni Alemanno, proprio alla presidenza il già molto poltronato Giancarlo Cremonesi. Ed è per questo che Marino sull’Acea ha aperto le ostilità ancora prima di conquistare il Comune quando Alemanno a ridosso del voto scelse, con la piena condivisione di Caltagirone, Paolo Gallo, già ad di Edipower, come numero uno di Acea. Una lotta di potere. Marino acquistò azioni Acea, andò in assemblea a contestare. Poi, come piccolo azionista, ha incassato anche un buon dividendo grazie al lavoro di Gallo. Che però Marino, una volta salito al Campidoglio, non ha mai voluto incontrare. Mai. Segno inequivocabile di ostilità, non personale ma verso l’operazione di potere che aveva portato Gallo a piazzale Ostiense. Ora Marino, azionista di maggioranza, ha deciso di cambiare. Nella lista del Comune per l’assemblea del 5 giugno ha vergato, tra gli altri, i nomi di Alberto Irace, manager interno di Acea dov’è responsabile del settore idrico oltre che ad di Publiacqua, e di Catia Tomasetti per la presidenza. In realtà quella della Tomasetti è stata la seconda scelta del sindaco. La prima era Paola Severino, già ministro della Giustizia nel governo tecnico di Mario Monti. Ma la Severino ha detto no, come aveva rifiutato pure l’ipotesi di andare a presiedere il cda dell’Eni. Certo la scelta della Severino, che in molti nei salotti romani inseriscono nella lista dei possibili candidati al Quirinale, costituiva nei fatti un gesto di tregua nei confronti di Caltagirone di cui è l’avvocato oltre che amica. Marino vuole rompere con il passato ma non rompere con Caltagirone. Sfumata l’ipotesi Severino, Marino ha chiesto al suo entourage di trovargli un’alternativa: una donna che conoscesse il settore dei servizi pubblici. Se n’è occupata in primis l’assessore alla Famiglia del Comune, Alessandra Cottoi, già storica portavoce del sindaco. E l’indicazione della Tomasetti pare sia stata causale. Suggerita dal marito della Cottoi, Alessandro Corfì amministratore delegato di Umbra Acque che aveva incrociato la Tomasetti in un convegno. E così i maligni nella Capitale dicono che per la prima volta una scelta di Marino fatta sui curriculum (dopo l’infortunio del capo della polizia municipale senza i necessari requisiti) ha funzionato. Perché Catia Tomasetti è davvero competente. È un bravissimo avvocato. È l’unica donna tra i nove “super soci” dello studio di avvocati d’affari Erede Bonelli Pappalardo, probabilmente il più grande studio legale d’Italia. Roba da milioni di euro per ciascuno dei soci a fine anno. E ora Tomasetti fa parte del trittico dei manager riminesi all’assalto della Roma economica: lei, Mauro Moretti, da pochi giorni al vertice di Finmeccanica dopo circa un decennio alle Ferrovie, e Maurizio Tamagnini che guida il Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti. Nella famiglia Tomasetti allargata, Catia (classe 1964) è stata la prima a laurearsi. Il padre Giuseppe ha solo la quarta elementare ma è stato un personaggio potente nella Rimini di qualche anno fa. Per quasi vent’anni è stato l’assessore all’edilizia. Militante, funzionario e dirigente, poi, del Pci. È stato il più giovane sindaco d’Italia (a 21 anni) in quel di San Giovanni in Marignano. Oggi è ancora nel Pd, schierato prima con Bersani poi con Cuperlo. Uomo carismatico, dunque, che ha segnato inevitabilmente la formazione della figlia, iscritta solo per un anno alla Federazione dei giovani comunisti italiani (Fgci). Poi la Tomasetti ha deciso di staccarsi dal vincolo paterno. Se n’è andata da Rimini. Chi la conosce spiega che l’ha fatto per non rischiare di sentirsi etichettata come “la figlia di”. E forse anche per non fare l’avvocato di provincia. Non uno strappo politico, dunque. Laurea in giurisprudenza a Bologna a 24 anni con il massimo dei voti. Sei mesi a Londra. Poi il Diplome de Hautes Études Européennes et Internationales a Nizza. Determinata e ambiziosa. Torna in Italia. Va a lavorare in uno studio di penalisti a Brescia. Il matrimonio e poco dopo anche il divorzio. Riparte per Londra dopo aver vinto una borsa di studio del British Council. Entra nella “law firm” Allen & Overy, si occupa di banking. Torna in Italia nel prestigioso studio Chiomenti. Comincia a lavorare nel settore dell’energia e del project financing. Poi diventa socio della Allen & Overy. Nel 2011 arriva a Bonelli Erede Pappalardo. Il suo nome è inserito nelle più prestigiose guide legali internazionali, quali Chambers, Legal 500 e IFLR. È espertissima di finanza di progetto, di energia, di acqua, di ristrutturazioni di società pubbliche o a capitale misto. Conosce come pochi la complessità e le articolazioni della finanza di progetto. «Che è — ripete — l’esatto opposto della finanza speculativa. Il project financing permette di realizzare un progetto. È strettamente connesso a un progetto. Senza questo strumento molte opere pubbliche non si sarebbero potute realizzare». Ha accettato l’Acea probabilmente per vedere da dentro quelle società miste che da avvocato ha finora vivisezionato. Ha spiegato ai suoi soci che è come «consentire ad un bambino che ama i trenini di poterli smontare e rimontare». Conflitti di interesse? Lei non ha mai difeso Acea. È stata sempre controparte, legale delle banche in diverse cause. Lo studio ha difeso Acea solo in una causa fiscale contro un decreto del ministero dell’Ambiente. La Tomasetti alla presidenza dell’Acea ha fatto venire in mente le felliniane “Prove d’orchestra”, il caos tra i musicanti, gli egoismi, le invidie e le vendette, e il potenziale ruolo d’ordine del direttore d’orchestra. Perché nella multiutility romana è ancora un tutti contro tutti visto che mentre il sindaco Marino insiste per la riduzione del board da nove a sei o anche meno membri, dicono no i soci privati, sia Caltagirone, sia i francesi di Suez (12,4 per cento) i quali ne avrebbero anche un danno economico significativo perché, perdendo il proprio rappresentante nel cda, non potrebbero più consolidare in bilancio gli utili. Un accordo andrà trovato entro il 5 giugno, giorno dell’assemblea dei soci. Si è pensato a “Prove d’orchestra”, dunque, perché Tomasetti ama la musica. Soprattutto la musica barocca del Seicento. Si era iscritta alla Facoltà di musicologia di Cremona. Ha dovuto lasciare dopo la nascita, quattro anni fa, della figlia avuta dal compagno Cristiano Cannarsa, presidente e ad di Sogei, candidato a prendere il posto di Matteo Del Fante, diventato ad di Terna, alla direzione generale di Cassa Depositi e prestiti. Intanto il professor Franco Bonelli, uno dei fondatori dello studio legale, ha regalato alla Tomasetti un libro sul ruolo dei presidenti e gli amministratori di società. Non si finisce mai di studiare. Qui sopra, Catia Tomasetti, presidente designata dell’Acea, vista da Dariush Radpour.

Roberto Mania, Affari&Finanza – la Repubblica 19/5/2014